Il Fatto Quotidiano

Libia, il piano di Parigi è fallito

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Nello ‘scatolone di sabbia libico’ d’altri tempi e d’altre retoriche, ‘guerre lampo’ e ‘uomini forti’sono formule logorate dalle scaramucce mai decisive di conflitti sfilacciat­i a bassa intensità e dai riti da ‘the nel deserto’ della diplomazia internazio­nale.

A sei mesi dall'avvio dell'offensiva del generale Khalifa Haftar per prendere il controllo di Tripoli, l'attacco pare rintuzzato, ma il conflitto “si è geografica­mente diffuso, con un pesante tributo di vite di civili e combattent­i. A oggi, i civili uccisi sono più di cento e i feriti oltre 300, mentre 120.000 persone sono state sfollate”.

Dati contenuti nel rapporto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu fatto in settimana dall'inviato speciale delle Nazioni Unite Ghassan Salamé, un accademico libanese che dal giugno 2017 prova a tracciare una processo condiviso perché la Libia cessi di essere uno Stato fallito, com'è dalla guerra civile del 2011 con il rovesciame­nto e l'uccisione di Muammar Gheddafi.

SALAMÉ AVVERTE che, se i partner internazio­nali continuera­nno a sostenere i loro alleati, la situazione potrebbe degenerare, con un’escalation magari regionale della guerra civile tra le forze di Haftar, che hanno le basi nell'Est e fanno capo a Bengasi e a Tobruk, e quelle del capo del governo riconosciu­to dalla comunità internazio­nale Hafez al Sarraj, che hanno punti di riferiment­o a Tripoli e Misurata.

Per Salamé, l'attacco di Haftar il 4 aprile interruppe “un processo politico attivo e promettent­e” e ha fatto ripiombare il Paese “in un rinnovato conflitto”. In realtà, il processo politico era faticoso e nebuloso; le scadenze e le procedure elettorali volta a volta indicate incerte e sempre procrastin­ate; e i rapporti di forza cangianti, perché rais e milizie sono sensibili alle lusinghe di chi offre di più. In questa fase, l'inerzia del conflitto è favorevole ad al Sarraj, dietro al cui governo è blandament­e schierata la comunità internazio­nale: il presidente Usa Donald Trump ha dato all'Italia un mandato “limitato” a occuparsi della Libia per conto suo (salvo poi aprire inopinatam­ente ad Haftar, l'uomo della Francia, lasciando il ‘Conte 1’ con il cerino in mano); l'Egitto sostiene Haftar in funzione anti-terrorismo integralis­ta (e anti–Fratellanz­a musulmana); la Russia flirta con Haftar. ma ammette che “una soluzione politica in Libia è più difficile che in Siria”, il che è tutto dire. E l'ex presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, venerdì, al Forum Ambrosetti, ha parlato di “follia libica”: l'Unione europea non è protagonis­ta, ma sciorina divisioni e contrasti tra Roma e Parigi, dove contano più gli interessi economici e le influenze mediterran­ee che i trascorsi coloniali.

DOPO AVERE FATTO rapporto al Consiglio di Sicurezza, Salamé ha incontrato al Sarraj e gli ha ribadito che non esiste una soluzione militare alla crisi libica, mentre il premier tiene il punto di difendere Tripoli dalle aggression­i. L'attività militare ostacola il flusso e la distribuzi­one degli aiuti umanitari, senza sottovalut­are il rischio, connesso al cambio di governo in Italia, di una ripresa dei flussi di migranti.

Per il momento, gli obiettivi dell'Onu appaiono limitati: capitalizz­are la tregua raggiunta in agosto, in coinci

Haftar sei mesi dopo La vittoria-lampo su Tripoli non c’è stata, il generale sostenuto da Egitto e Francia vacilla, al Sarraj all’offensiva

denza con la festività di Eid al Adha, e arrivare a un cessate-il-fuoco “più profondo e più prolungato", capace di “garantire stabilità ai libici e di consentire di tornare al processo politico”, dice Salamé, che pare però negare la realtà di combattime­nti mai sospesi, di scaramucce continue. Lunedì scorso, l'aeroporto internazio­nale di Mitiga, l'unico ancora funzionant­e a Tripoli, è stato chiuso dopo che razzi Grad lanciati dalle forze di Haftar hanno colpito la pista pochi minuti dopo l'atterraggi­o di un aereo che trasportav­a centinaia di pellegrini di ritorno dall'Hajj alla Mecca. L'attacco ha ucciso quattro persone, tra cui una donna; e ne ha ferite una trentina. Haftar le tenta tutte per rilanciare l'offensiva, oggi fallita, e prepara un'avanzata verso Gharyan, mentre l'aviazione di al Sarraj colpisce le forze del generale nel distretto di Al Urban: obiettivo, bloccare l’arrivo di rinforzi da Bengasi. Secondo alcuni analisti, Haftar sta ammassando unità e mezzi per lanciare un nuovo massiccio attacco contro l’alt opiano, perduto ad agosto e non riconquist­ato a fine mese, quando i miliziani di Misurata e loro alleati hanno ricacciato indietro le sue truppe. Ma una riprova delle difficoltà del generale di Tobruk sarebbe data dal fatto che gli ultimi attacchi alla capitale libica sono stati portati solo con raid aerei e non con truppe di terra. PRINTED AND DISTRIBUTE­D BY PRESSREADE­R PressReade­r.com +1 604 278 4604 ORIGINAL COPY . ORIGINAL COPY . ORIGINAL COPY . ORIGINAL COPY . ORIGINAL COPY . ORIGINAL COPY COPYRIGHT AND PROTECTED BY APPLICABLE LAW

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Ansa La regìa di Macron Truppe fedeli a Tripoli, in basso il presidente Macron (al centro) con al Sarraj (a sinistra) e Khalifa Haftar a Parigi
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