L’Iran e la voglia matta della bomba atomica
Uranio arricchito Ripresa la produzione dopo la fallita mediazione europea per tornare all’accordo del 2015
Anemmeno
tre giorni dalla dichiarazione del presidente Rohani - “tutti i limiti alla nostra ricerca e sviluppo saranno eliminati venerdì”- il portavoce dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica ha informato che il paese islamico ha attivato 20 centrifughe IR-4 e 20 IR-6 per aumentare la sua scorta di uranio arricchito.
“La capacità di queste centrifughe è molte volte superiore a quella delle macchine precedenti. Il loro utilizzo è iniziato ieri ( venerdì)”, ha detto ai giornalisti il portavoce Behrouz Kamalvandi, che ha provato a rassicurare la comunità internazionale dichiarando che questo cambiamento non ostacolerà il monitoraggio delle Nazioni Unite sul programma nucleare iraniano: “Per quanto riguarda il monitoraggio dell'Agenzia dell'Onu per l'energia atomica (AIEA) ... proseguirà come prima”. La prima reazione, dal tono insolitamente sobrio, dell'amministrazione Trump è avvenuta per bocca del segretario alla Difesa americano, Mark Esper, proprio mentre si trovava in Francia, il paese più coinvolto nel tentativo di tenere a galla quel che resta dell'accordo sul nucleare firmato nel 2015 ( da Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania più Russia e Cina) dopo il ritiro di Washington lo scorso anno.
“NON SORPRENDE che gli iraniani perseguiranno ciò che hanno sempre voluto perseguire”, ha sottolineato Esper in una conferenza stampa con il suo omologo francese, Florence Parly. Il ministro francese ha ribadito che la Francia si impegnerà ancora a convincere Teheran a rimanere partner dello storico accordo, preso di mira dal presidente Trump fin dal suo ingresso alla Casa Bianca. The Donald lo disprezza e condanna perché, a suo dire, sarebbe il frutto avvelenato dell'agenda politica estera voluta e applicata dal suo predecessore Obama, critica nei confronti di Israele e benevolente verso i paesi islamici. In realtà, è un segreto di Pulcinella che Trump voglia distruggere l'accordo essendo stato il maggiore successo diplomatico di Obama sullo scacchiere geopolitico. Ciò non significa che il presidente Trump non voglia trovare un nuovo patto. Ma la crisi economica iraniana, di giorno in giorno più pesante, ha costretto Rohani a tirare ulteriormente la corda, con il rischio di romperla. Il presidente moderato della teocrazia islamica vuole far capire alla Casa Bianca che ormai deve decidere se dare il via libera, tramite la Francia, all'apertura di una linea di credito da 15 miliardi di dollari a favore di Teheran. Le speranze sembrano però ridotte al lumicino. Nel caso avvenisse il “miracolo”, l'Iran ha assicurato che tornerà a rispettare l'accordo e rimborserà il prestito una volta riprese le esportazioni di petrolio, ora quasi del tutto bloccate per effetto delle sanzioni Usa. Lo scorso luglio, l'Iran aveva già violato altre due norme che costituiscono l'accordo del 2015, consentendo alla sua scorta di uranio arricchito di superare il limite d i 3 0 0 c h i l ogrammi e violando il limite di purezza delle sue scorte di uranio. Il regime degli ayatollah ha sempre negato di voler sviluppare una bomba nucleare, insistendo sul fatto che il programma mira a soddisfare le esigenze energetiche della società. È innegabile però che la capacità delle nuove centrifughe di arricchire l’uranio ad una velocità dieci volte superiore, ridurrà il lasso di tempo necessario per varcare la soglia critica del 90% necessaria per produrre la bomba atomica.
Braccio di ferro L’economia è a pezzi, il regime ha bisogno di esportare petrolio, bloccato dalle sanzioni Usa