Il Fatto Quotidiano

Miss Italia torna sulla tv pub(bl)ica

Nell’edizione appena andata in onda le testimonia­l sono state quattro opere d’arte Le pre-finali in museo

- » TOMASO MONTANARI

Il problema non sono le concorrent­i o le loro aspirazion­i, ma la mentalità secondo cui la bellezza delle donne è un dovere sociale

GIULIA BLASI

È una trasmissio­ne vecchia, che veicola un’idea di donna superata Oggi reclamano la parità e la dignità e scendono in piazza

IL NO DELLA CGIL L’eterna mentalità del potere maschile: la donna ridotta a solo corpo, merce di scambio

“Antea, marcia puttana”. Ecco descritta, nelle parole di Pietro Aretino, una delle quattro testimonia­l scelte da Miss Italia per l’edizione 2019 che vede il suo incredibil­e rientro nel servizio pub(bl)ico. Il tema, originalis­simo, era l’Elogio della bellezza: ancor più originale l’averlo coniugato con quattro immagini di belle ragazze effigiate inca polavori-as sol uti-del-Paese-più-bello -del-mondo. Una, dunque, è la giovane dipinta da Parmigiani­no: che per gli storici dell’arte da un pezzo non è più Antea, ma che invece gli orga

nizzatori della manifestaz­ione tengono a battezzare ancora così, affezionat­i all’idea di offrire alle ragazze italiane del 2019 l’ispirante modello di una “cortigiana delle più favorite di Roma, la quale si domandava la signora Antea”(e questo è Benvenuto Cellini).

D’altra parte, Antea è in buona compagnia: un’altra è la Dama con l’ermellino di Leonardo, quella Cecilia Gallarani che uscì dalla povertà diventando, dai suoi 16 anni, l’amante di Ludovico il Moro. Chiarissim­o, anche qua, consiglio di vita rivolto dagli organizzat­ori alle giovin principian­ti

E QUESTE sono le due vestite: poi ci sono quella mezza nuda (la Paolina Borghese di Canova), e quella senza veli, l’immancabil­e Venere di Botticelli. Come direbbero i giuristi, il combinato disposto delle quattro è micidiale. Ma, a modo suo, è perfettame­nte in tono con una manifestaz­ione il cui problema, come ha scritto benissimo Giulia Blasi, “non sono le concorrent­i o le loro legittime aspirazion­i, ma la mentalità secondo cui la bellezza delle donne (e solo delle donne, “Il più bello d'Italia” non va in prima serata sull'ammiraglia Rai) è un dovere sociale, un traguardo, e una donna bella è un esempio per le altre, che devono adeguarsi o rimanere nell'ombra. Il problema è un sistema che insegna alle sue giovani donne a essere belle e a farsi guardare, e le premia per questo, senza offrire loro delle vere alternativ­e; e insegna alle belle che è nel loro interesse stare zitte e accogliere quello sguardo, che lo vogliano o meno”.

La mentalità è sempre quella: la donna ridotta a un corpo, quel corpo ridotto a merce di scambio. È l’eterna mentalità del potere maschile: quello a cui si conformano anche molte donne di potere. Si pensi a Maria Elena Boschi, che per rispondere a una critica (del fu ministro dell’Interno) sulla sua decrepitez­za politica, scelse di spostare il discorso sul proprio corpo: fotografan­dolo e postandolo come argomento politico al posto di idee, risultati, progetti. Così praticando, e dunque legittiman­do, l’idea che la donna sia sempre e solo riducibile ad un corpo esposto allo sguardo. Non una persona, ma una cosa. Né ha senso rispondere a tali analisi come fa invariabil­mente la promotrice di questa fiera del corpo femminile, Patrizia Mirigliani, che strumental­izza lo slogan per cui “il corpo è mio e me lo gestisco io”. Perché la verità è che quei corpi quasi nudi che sfilano come a una mostra canina, quei corpi esaminati, pesati, mentalment­e palpeggiat­i, non sono affatto gestiti dalle donne che li possiedono: ma sono quelle donne e i loro corpi ad essere gestiti e usati da una macchina di potere.

COME, DUNQUE, non condivider­e la nota in cui la Cgil ha demolito “una trasmissio­ne vecchia, che veicola un’idea totalmente superata della donna. Nell’Italia di oggi le donne sono parte integrante del mondo del lavoro, ne reclamano la parità e la dignità e proprio per questo scendono in piazza contro il ddl Pillon, contro i reati di femminicid­io, contro i tentativi politici di scardinare la legge 194 sull’aborto, per abbattere quegli stereotipi femminili ancora presenti nel paese che un concorso come Miss Italia tende ad alimentare?”

Questi inestirpab­ili stereotipi, d’altro canto, non minano solo la condizione della donna, ma pure quella delle opere d’arte, e del nostro intero patrimonio culturale, ridotto a merce. E infatti le pre-finali di questa così educativa e culturale kermesse dove si sono svolte? Ma in un museo, of course: il M9 di Mestre.

Da questo paradossal­e punto di vista, la scelta di Miss Italia 2019 ha almeno il merito, tutto preterinte­nzionale, di dire la verità: nella campagna promoziona­le la reificazio­ne e la m er ci f ic a zi on e colpiscono sia le donne dipinte che quelle in carne ed ossa, perché su tutte domina il mercato e dunque uno sguardo (profondame­nte maschile) che dà un prezzo (non un valore) a ogni forma. Insomma, le opere d’arte sono ancora e sempre “carne da cannone” (così una celebre invettiva di Roberto Longhi): esattament­e quanto lo sono i corpi delle giovani donne che educhiamo ad accomodars­i nella vetrina del televisore. Se, nonostante la miracolosa autoespuls­ione del Capitone dal governo, la Rai continuerà ad essere infeduata al machismo sovranista, per l’edizione 2020 di Miss Italia gli studiosi di pittura affilino le armi della filologia, perché ci saranno da trovare i ritratti delle altre testimonia­l elencate da Pietro Aretino insieme ad “Antea, marcia puttana”: “Alcina, [che] in becchi mutava gli aman ti”, “Morgana, foiosa senza fine”, e la più simpatica: “Origille, [che] sfamò i guatteri e i furfanti”. Esempi luminosi:

role models perfetti per esser proposti da Miss Italia alle moderne Figlie della Lupa. Perché crescano con sani principi, e un domani nessuno possa far suo il lamento passatista di Fabrizio De André: “Dove sono andati i tempi d'una volta, per Giunone, / quando ci voleva per fare il mestiere /anche un po’ di vocazione?”

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Ansa La kermesse Torna su RaiUno il concorso di Miss Italia. A sinistra le icone dell’edizione 2019: quattro opere d’arte
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