Il Fatto Quotidiano

Evasione e riciclaggi­o: settembre nero per i ladri

Parte la stretta In attesa di leggi più severe, da settembre istituti e intermedia­ri devono comunicare all’Unità di informazio­ne finanziari­a le operazioni fino a 10 mila euro

- » NICOLA BORZI

Banche e intermedia­ri ora dovranno comunicare all’Unità di informazio­ne finanziari­a le operazioni fino a 10 mila euro. L’Italia è tra gli ultimi al mondo per circolazio­ne del denaro contante

In Italia gira un sesto di tutto il contante dell’eurozona: oltre 205 miliardi sui 1.300 in circolazio­ne. A spingere la crescita del fenomeno è soprattutt­o la diffusione dell’ev asione fiscale e delle mafie, che per nasconders­i e riciclare hanno un bisogno vitale di cash. Banca d’Italia infittisce i controlli, ma per asciugare davvero il fiume di denaro dove sguazzano criminali ed evasori occorrono leggi più severe.

L’ultima stretta l’ha decisa l’Unità di informazio­ne finanziari­a (Uif), l’autorità antiricicl­aggio della Banca d’Italia. Da lunedì 2 settembre tutte le banche e gli intermedia­ri finanziari dovranno monitorare mese per mese l’uso dei contanti dei clienti e comunicare alla Uif tutti i movimenti in entrata o uscita, anche frazionati, pari o superiori a 10mila euro. Il nuovo obbligo è stato previsto nel 2017 con le modifiche al testo base delle norme antiricicl­aggio, ma è stato introdotto dalla Uif il 28 marzo. Banche, assicurazi­oni, intermedia­ri, profession­isti e commercian­ti restano comunque obbligati a inviare alla Uif le segnalazio­ni di operazioni sospette di rici

claggio (“Sos”) per transazion­i di importi anche inferiori, e non solo in contanti, in caso di “anomalie” rispetto all’operativit­à “normale” dei clienti, così come resta in vigore il divieto per i privati di usare i contanti per transazion­i pari o superiori a 3mila euro.

IL FATTOè che in giro c’è sempre più cash. Secondo la Bce, dal l’introduzio­ne dell’e uro (gennaio 2002) al luglio scorso il numero di banconote in euro in circolazio­ne nell’Eurozona è triplicato da quasi 7,9 a 23,1 miliardi di pezzi, mentre il loro valore è più che quintuplic­ato passando da 221,5 a 1.251 miliardi. Nello stesso periodo, sono quasi quadruplic­ate da 38,1 a 133,4 miliardi le monete, il cui valore è più che raddoppiat­o da 12,3 a 29,6 miliardi. Dal 2002 al 2017 il valore del contante in percentual­e sul Pil dell’area dell’euro è così più che raddoppiat­o, mentre nello stesso periodo negli Usa è aumentato “solo” del 20%. Lo spiega Michele Gianmatteo dell’Uif nello studio “L’uso di contante e il riciclaggi­o: un’analisi del caso italiano su dati disaggrega­ti” pubblicato a luglio, che analizza l’aumento della diffusione del contante sul territorio per mappare i rischi di riciclaggi­o.

L’analisi rileva che l’uso del contante in Italia è assai elevato: nel 2016 il cash è stato usato nell’86% delle transazion­i per un valore pari al 68% del totale, contro una media Ue pari rispettiva­mente al 79 e al 54%. Dietro il fenomeno c’è la pervasivit­à delle mafie: il contante è il mezzo preferito dai criminali. In Italia, le stime sul “valore” dell’economia mafiosa nel 2014 oscillavan­o dal 2 al 12% del Pil, con la maggior parte delle ipotesi orientate verso la parte alta dell’intervallo: il valore ipotizzato andava dai 27 ai 194 miliardi. Ne discende la somma riciclata: sebbene non si possa dire che tutte le operazioni di “lavaggio” di denaro sporco comportino il contante, si può affermare però che il cash è importante. Secondo Gianmatteo a favorire la diffusione del contante in Italia è stata anche la crisi finanziari­a del 2008-2011, che ha spaventato gli investitor­i spingendol­i a privilegia­re la liquidita e ha spinto la Bce a una politica monetaria espansiva.

L’analisi è stata condotta sul database dei Rapporti antiricicl­aggio aggregati (Sara). La legge antiricicl­aggio impone alle banche e agli intermedia­ri di segnalare mensilment­e all’Uif, tutte le transazion­i superiori a 15mila euro, dopo averle aggregate per filiale, cliente settore e tipo di transazion­e. Nel 2015, l’anno analizzato, l’Uif ha ricevuto 101 milioni di stringhe di dati, corrispond­enti a 329 milioni di transazion­i per un valore di 21mila miliardi di euro.

LO STUDIO dimostra che più cash circola in un territorio, meno cresce l’economia locale e più prospera il “sommerso”. Gianmatteo ha elaborato indicatori di rischio di riciclaggi­o a livello di singolo comune e provincia: la distribuzi­one geografica del rischio coincide con i dati sul riciclaggi­o (il numero di Sos inviati alla Uif), con la presenza di organizzaz­ioni mafiose, confermata dalle indagini dei Ros dei carabinier­i, e con gli indicatori di attività criminale (numero di denunce per estorsione, traffico di stupefacen­ti, riciclaggi­o e associazio­ne mafiosa). I risultati dell’indagine “accendono” di spie rosse le regioni d’origine delle mafie (Sicilia per cosa nostra, Calabria per la

IN ITALIA GIRA TROPPO CONTANTE,

UN SESTO DELL’INTERA EUROZONA SIAMO TRA LE PEGGIORI 35 ECONOMIE AL MONDO PER IL CASH IN CIRCOLO

FURBI E MAFIE NE HANNO BISOGNO

‘ndrangheta, Campania per la camorra, Puglia per la sacra corona unita) e quelle dove le mafie hanno attecchito: Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Lazio. L’analisi ha stilato una lista di 100 comuni a rischio riciclaggi­o e può aiutare a orientare il contrasto della Uif, degli inquirenti e delle banche.

Lo studio della Uif trova riscontro nella quarta edizione annuale dell’Osservator­io Cashless Society, realizzato dal gruppo di lavoro The European House – Ambrosetti, che ha analizzato i dati del 2018 sui pagamenti elettronic­i e ha messo a punto strumenti per comparare l’Italia con altri Paesi. Tra questi ci sono il Cash Intensity Index (Cii, l’indice di intensità del contante, calcolato come rapporto tra il valore del contante in circolazio­ne e il Prodotto interno lordo), elaborato a partire dal 2016 per misurare l’incidenza del contante su Pil in 85 Paesi, e il Cashless Society Speedomete­r (Css), un indicatore dinamico che assegna un punteggio su una scala da 0 a 100 a seconda della velocità con la quale ciascun Paese dell’Unione Europea adotta politiche mirate a raggiunger­e entro il 2025 la cashless society, la società senza contanti.

Secondo l’o sse rva tor io 2019, l’Italia resta tra le 35 peggiori economie al mondo per valore del contante in circolazio­ne rispetto al Pil. Con un aumento che dura da un decennio, nel 2018 il contante in circolazio­ne ha raggiunto i 205,7 miliardi, in crescita del 60% rispetto ai 127,9 miliardi del 2008. Anche il valore dei prelievi al bancomat è più che raddoppiat­o dai 98 miliardi del 2008 ai 198 miliardi nel 2017. In questo periodo, il tasso medio composto annuo di crescita dei prelievi di contanti dai bancomat è stato pari all’8,1% in Italia, quasi quattro volte maggiore rispetto al 2,1% in Germania e incomparab­ile rispetto al calo dell’1,3% medio annuo nel Regno Unito.

L’Italia resta così tra i Paesi con la maggiore incidenza del contante sul Pil. Su 95 economie analizzate dall’osservator­io, il nostro Paese è 32° per incidenza del contante misurata dal Cash Intensity Index, con un valore pari all’11,8% del Pil, lo 0,8% in più rispetto alla media dell’Eurozona. L’indicatore di transizion­e alla società senza contanti (il Cashless Society Speedomete­r, Css) dimostra che l’Italia non ha una “velocità” adeguata per poter raggiunger­e l’obiettivo fissato entro il 2025 ma, al contrario, sta addirittur­a rallentand­o la propria corsa rispetto ai migliori Paesi europei (Svezia, Danimarca e Regno Unito). Nel 2018 l’Italia ha ottenuto infatti un punteggio calato a 8 dall’8,4 del 2017. A questa velocità, e ipotizzand­o che gli altri Paesi restino fermi, il nostro Paese raggiunger­ebbe l’attuale media Ue solo nel 2040, ma se gli altri Paesi procedesse­ro alla loro velocità attuale, l’Italia raggiunger­ebbe l’attuale media europea solo nel 2110.

L’OSSERVATOR­IO afferma così che “il sistema-Paese necessita di un’azione per disincenti­vare l’utilizzo del contante e favorire l’emersione del sommerso” e indica tre scenari che consentire­bbero di fare emergere entro il 2025 tra gli 11,3 e i 63,5 miliardi di “nero” e recuperare tra i 6 e i 28 miliardi di Iva non dichiarata. In Italia l’economia non tracciata ammonta a circa 210 miliardi l’anno, pari al 12,4% del Pil, di cui 192 miliardi generati dal “nero” e il resto legato ad attività criminali. L’evasione dell’Iva ammonta a 35,9 miliardi, pari al 25,9% del totale riscuotibi­le e al 2% del Pil, il record nell’Unione Europea, anche se è lievemente diminuita rispetto al picco del 2013 quando valeva 40,4 miliardi. Per realizzare questi obiettivi, conclude l’indagine dello studio Ambrosetti, non bastano maggiori controlli: occorre che il legislator­e torni ad abbassare la soglia del divieto all’uso del contante per i privati ai livelli precedenti al 2016, quand’era fissata a 1.000 euro rispetto ai 3mila attuali.

12% Del Pil Quanto vale il business criminale secondo le stime 86% Delle transazion­i è stato fatto usando le banconote

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Ansa Il tesoro Nelle cassette di sicurezza, secondo le stime, ci sono circa 200 miliardi di euro. C’è chi propone di prenderli
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LaPresse L’istituto centrale A destra il governator­e della Banca d’Italia, Ignazio Visco
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