Trump rompe con i talebani: no all’accordo
Afghanistan Il patto doveva porre fine a 18 anni di guerra, ma dopo gli attentati Donald ci ripensa
Mentre
la notte scorsa la maggior parte degli americani dormiva, Donald Trump ha afferrato l’inseparabile smartphone per rivelare via Twitter due notizie. La prima, clamorosa e del tutto inaspettata, la seconda meno, conoscendo la volubilità e l’attitudine a una diplomazia personale del presidente.
THE DONALD nel primo dei tre “cinguettii” ha rivelato che ieri sera avrebbe dovuto incontrare segretamente i maggiori esponenti dei talebani afghani nientepopodimeno che a Camp David, il ritiro presidenziale sulle colline dello Stato del Maryland, già teatro di storici accordi primo fra tutti quello tra Rabin e Arafat. La seconda notizia è che lo stesso presidente ha deciso di cancellare l’incontro in seguito alla rivendicazione dell’ultimo di una serie di attentati sferrati la scorsa settimana a Kabul dagli “studenti di Allah” in cui sono morti due soldati della missione Onu, un americano e un rumeno assieme a 12 civili.
“Che tipo di persone ucciderebbe così tante persone per rafforzare apparentemente la propria capacità di contrattazione?”, ha scritto Trump, accusando i leader talebani di aver provato ad alzare la posta prima dei colloqui di domenica mostrando di essere in grado di ammazzare ancora molte persone nella capitale afghana, il luogo che dovrebbe essere il più sicuro di tutto il martoriato paese. “Se non riescono a concordare un cessate il fuoco durante questi importantissimi colloqui di pace, ma anzi arrivano a uccidere addirittura 12 persone innocenti, probabilmente non avranno comunque il potere di negoziare comunque un accordo significativo”. Trump ha concluso la serie di tweet con una domanda, retorica: “Quanti altri decenni sono disposti a combattere?”. Ecco, appunto. Forse il presidente avrebbe dovuto porsi questa domanda durante questi nove mesi di negoziati propedeutici avvenuti a Doha tra il proprio emissario e i leader dei talebani per concludere la guerra più lunga finora combattuta e persa dalla superpotenza. La guerra contro gli “studenti” che hanno protetto per molti anni Bin Laden, mente dell’11 settembre, è infatti iniziata nell’ottobre del 2001 ma la sua conclusione per ora è rimandata anche se è evidente che gli Usa l’hanno ormai persa. Prova ne è che la Casa Bianca aveva deciso di invitare sul proprio territorio coloro che 18 anni fa lo violarono come nessuno aveva mai osato prima, come hanno fatto notare anche alcuni dirigenti dello stesso partito repubblicano statunitense. Forse proprio l’av vi cin ar si della commemorazione delle vittime dell’11 settembre, ha indotto i consiglieri di Trump a fare pressioni affinché cancellasse l’incontro. Oppure è stato lo stesso presidente ad aver deciso lo stop per non perdere consensi, sapendo che potrà riesumare l’incontro fra qualche mese, come già accaduto con la Corea del Nord.
LA RISPOSTA DEI talebani non ha tardato ad arrivare: gli Usa “soffriranno più di ogni altro”, il loro “atteggiamento anti-pace sarà più visibile agli occhi del mondo, e le sue perdite umane e finanziarie aumenteranno”, ha avvertito il movimento, promettendo di proseguire il jihad “fino alla fine dell’occupazione”. Mentre Sh uhail Shaheen, portavoce dell’ufficio politico in Qatar della fazione che riunisce parte della galassia talib ha sottolineato che l’annuncio di fermare i colloqui danneggia la credibilità americana, aggiungendo la promessa di continuare a combattere la guerra santa ma di mantenere aperta ai negoziati.
Gli Usa soffriranno più di ogni altro, il loro atteggiamento anti-pace sarà più visibile agli occhi del mondo, e le sue perdite umane e finanziarie aumenteranno