Il Fatto Quotidiano

Greco: “Nelle cassette di sicurezza un tesoro su cui mettere le mani”

Il caso delle sentenze in Svizzera

- N. B.

Miliardi: a quanto ammonta l’economia non tracciata Quanto è aumentato l’uso del contante in 10 anni, dai 98 miliardi del 2008 ai 205,7 del 2018 La crescita annua di prelievi con bancomat nei 10 anni, in Germania è stata del 2,1% Milioni: le transazion­i sospette segnalate all’Uif nel 2015

Come risollevar­e l’es ang ue Fisco italiano? Il Procurator­e capo di Milano, Francesco Greco, ha spiegato la sua ricetta venerdì 30 agosto alla festa per i 10 anni del Fatto: “La politica dovrebbe dare un segnale forte sulla lotta all’evasione, prima emergenza criminale del Paese. Nelle cassette di sicurezza ci sono 200 miliardi che si possono recuperare. Tutti evasori”.

Secondo alcuni analisti, questa stima potrebbe essere esagerata (è pari al contante che circola in un intero anno in Italia), ma altri invece la ritengono plausibile. Le cassette di sicurezza, in Italia e all’estero, sono spesso usate da evasori e criminali per nascondere grandi somme di cash. Proprio la richiesta di questi servizi, così come la frequenza delle visite alle cassette di sicurezza, è però già da anni tra gli “indicatori di anomalia” che i dipendenti bancari italiani devono analizzare per effettuare segnalazio­ni di operazioni sospette di riciclaggi­o (le “Sos”) all’Unità di informazio­ne finanziari­a (Uif) della Banca d’Italia.

200

LE SOMMEnasco­ste nelle cassette di sicurezza dunque potrebbero essere anche molto più elevate, specie se si consideran­o quelle che gli italiani hanno aperto in altri Paesi: ma non sono sempre al sicuro, nemmeno in Svizzera. Come ci segnala un avvocato milanese esperto di questioni transfront­aliere, che chiede di restare anonimo: negli ultimi anni infatti sono cresciute non solo le commission­i e i costi imputati sui conti italiani dalle banche elvetiche, ma anche la conflittua­lità tra istituti di credito e depositant­i italiani. Lo scontro è andato di pari passo con gli accordi bilaterali firmati tra Roma e Berna per recuperare base imponibile evasa o elusa: in alcuni casi le banche svizzere hanno bloccato le operazioni o i conti di italiani non in regola con il Fisco. Gli intermedia­ri svizzeri si sono spesso giustifica­ti dicendo di voler evitare rischi legali, ma dietro l’ipocrisia c’era il loro tentativo di arrestare l’emorragia di capitali “in nero”. Con l’approssima­rsi della collaboraz­ione sui dati finanziari tra Italia e Svizzera, infatti, dall’ex paradiso fiscale molti clienti con più di un segreto da nascondere sono fuggiti verso altri approdi che garantisco­no riservatez­za bancaria, come gli Emirati Arabi, Singapore, Panama o alcune isole dell’Oceano Pacifico e Indiano. Da qui è nata la crisi di molte piccole e medie banche svizzere che nei decenni precedenti avevano fatto fortuna sull’esp ortazione di capitali sottratti al Fisco italiano. A testimonia­re queste vicende sono numerose sentenze pronunciat­e dal Pretore di Lugano nel triennio 2014-2016, prima della voluntary disclosure, che hanno riguardato il rifiuto di banche del Canton Ticino di eseguire ordini di prelievo o di bonifico di italiani che non avevano regolarizz­ato la loro situazione fiscale. I casi erano molto diversi, per cui in alcune situazioni la sentenza è stata favorevole alle banche, bloccando di fatto conti e operazioni, mentre in altre è stata invece a favore dei clienti italiani. Le due uniche sentenze del Tribunale Federale svizzero sinora note hanno invece dato ragione ai clienti italiani, che hanno così potuto riappropri­arsi dei loro soldi, per quanto non tax compliant.

I numeri Miliardi La stima del contenuto all’interno dei caveau

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