Il Fatto Quotidiano

Brexit, il grido di dolore dell’industria

- » MARCO SCAFATI

Mentre Boris Johnson fa i capricci, i n c urante delle conseguenz­e nefaste sui destini del Regno Unito e s u l l a congiuntur­a economica mondiale, continuano impietosi i conti in tasca a un’eventuale hard Brexit. L’ennesimo grido d’allarme è arrivato dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, secondo cui almeno il 7% delle esportazio­ni totali Uk verso l’Ue sarebbero a forte rischio. Si parla di sedici miliardi di dollari all'anno, di cui una fetta abbastanza consistent­e riguarda l'auto: oltre 5 miliardi di dollari. A conti fatti, insomma, a soffrire di più sarebbe il settore auto

motive, ovvero la voce più imponente nell'elenco degli export di Sua Maestà.

E PROPRIO

alla vigilia del salone di Francofort­e, che dovrebbe testare lo stato di salute della Germania a quattro ruote, l’associazio­ne dei costruttor­i britannici (Smmt) ha ammonito: “Nel primo semestre dell’anno gli investimen­ti nel settore auto sono crollati del 70%, a 90 milioni di sterline”, più o meno 110 milioni di dollari. “In pratica, da noi non si investe più sull’auto. Lasciare l’Ue senza un accordo è la peggiore opzione possibile. A questo punto, meglio ritardare i tempi di un paio di mesi per trovare un punto d’incontro”, ha detto il numero uno Mike Hawes. Preghiere che pare siano state ascoltate dalla Camera dei Lord, che venerdì ha approvato la legge anti no-deal, che obbliga BoJo a chiedere un nuovo rinvio se non troverà un accordo con l’Ue entro la data prevista del 31 ottobre. Ma la partita non è finita.

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