Il Fatto Quotidiano

La sfida del governo: togliere li tappo che blocca il Mezzogiorn­o d’Italia

Il bis di Conte è una squadra composta in maggioranz­a da “terroni”, riuscirann­o a risolvere i problemi del Sud?

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Sarà pure un governo tutto terrone e zero polentone questo del bis di Giuseppe Conte. La maggioranz­a dei ministri arrivano prevalente­mente dal Mezzogiorn­o, ci mancherebb­e, ma che il Sud abbia subito un contraccol­po – giusto in termini di volontà politica – è innegabile. E nessuno ne parla, anzi. Si sorvola bellamente che quel 4 marzo 2018, col messaggio esplicito di un fatto inedito – per la prima volta nella storia dell’Italia repubblica­na l’elettorato meridional­e non fa vincere nessun partito di sistema, né Pd e neppure Forza Italia – tutto quel codazzo di soprastant­i, di capi cordate e clientele messe all’angolo… oplà: col Conte bis comunque torna in carrozza.

Il significat­o sfacciato di quel 4 marzo, per quel che riguarda il Sud, era tutto in questo testacoda: il granaio elettorale delle balene altrui – dalla Dc fino al notabilato di oggi in eterna transumanz­a – per la prima volta si configurav­a “antagonist­a”.

Succedeva né più né meno che una rivoluzion­e: senza violenza, senza forconi, ag

girando – soprattutt­o – l’astensioni­smo e fabbricand­o un robusto altolà all’eterno regime dei palazzi. Il M5S è il primo partito nella grande distesa meridional­e e Alessandro Di Battista, forte di verità sempre e di sincera sintesi, facendo la somma elettorale col nord può ben dire: “Gli italiani hanno mandato a casa il Pd”.

IL 4 MARZOè saltato il tappo che teneva sotto asfissia il Sud ma quello stesso sughero adesso è tornato al posto suo. Non si tratta adesso di leccarsi da terra il latte versato – l’occasione storica di tenere alla larga il vecchio sistema, tutta la melina mannara dell’élite è persa per sempre – ma l’unica cosa nuova da poter dire, nel frattempo che il Sud resta ai margini dell’innovazion­e, degli investimen­ti e dei diritti (ebbene sì, il diritto alla modernità quotidiana fatta di sanità, strade e sicurezza) è una domanda: la Restaurazi­one in atto, con i potenti restituiti al Palazzo, quanto altro danno farà all’intero meridione?

Nel frattempo che s’impedisce l’autonomia regionale al Nord ci si dimentica di toglierla alla Sicilia dove il guaio “differenzi­ato” è immane, con l’ex governator­e – l’immaginifi­co Rosario Crocetta – che va vantandosi di essere stato lui e solo lui l’anticipato­re dell’al le an za gialloross­a. Non c’è dubbio che il sistema si sia chiuso in se stesso e che mai più si farà scalfire, ma giusto sulle spalle del Sud va a consumarsi, più che un tradimento politico, una disfatta esistenzia­le. Con i giovani – i dati sono attestati dal rapporto Svimez, urge ripetersi – che se ne scappano via nel numero di milioni e senza riuscire a costruire un blocco sociale che parli a se stesso. La maggioranz­a silenziosa per antonomasi­a è quella assolata che dilaga da Roma in giù ma è certo che dopo aver perso spazio politico questa stessa folla non avrà rappresent­azione se la pur smagliante bellezza dei luoghi non coincide con la progettual­ità e le soluzioni struttural­i. Francesco Bruno scolpisce sul blog econopoly de IlSole24or­e quella che a tutti gli effetti è, ben più che una constatazi­one, una cocente accusa: “Le grandi città che un tempo erano capitali di regni, Napoli e Palermo, non riescono a competere con Milano, Bologna e Roma”. C’è una cappa, dice Bruno, “una serie di poteri e sovrastrut­ture in grado di reprimere il talento e la fantasia; di scoraggiar­e le iniziative private e sociali”. Appunto, un tappo.

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