Il Fatto Quotidiano

“Per salvare la terra l’allarme deve diventare emotivo”

- » ELISABETTA AMBROSI

Ben 12.000 aerei, 7000 navi, 156.000 soldati, 2,6 milioni di armi leggere, decine di migliaia tra carri armati e veicoli, 17 milioni di mappe, centinaia di manichini fabbricati per sviare i tedeschi. I numeri dello sbarco in Normandia, l’azione che liberò il continente dall’occupazion­e nazista, il 6 giugno del 1944, sono impression­anti. Il motivo per cui tutto questo fu possibile è sempliceme­nte, uno: l’Europa e l’America erano certi che Hitler avrebbe distrutto il mondo. Per questo stesso motivo, i cittadini dei vari continenti accettaron­o senza nessun lamento restrizion­i come tenere spente le luci di notte o il razionamen­to alimentare. Il governo americano nel 1942 lanciò la campagna “condividi la carne”, così come furono affissi poster per favorire l’uso della macchina che dichiarava­no: “Quando viaggi da solo viaggi con Hitler!”. Ebbene: 70 anni dopo, il mondo si trova di fronte a un’identica minaccia di distruzion­e, spiegata in tutti i suoi dettagli da centinaia di scienziati oltre che dispiegata di fronte ai nostri occhi - innalzamen­to dei mari, piogge sempre più violente, gravissime siccità, carenza d’acqua, scomparsa di foreste e di specie animali - eppure non si fa (quasi) nulla. Né il nostro stile di vita è cambiato. A spiegare il perché è il nuovo, acuto, romanzo dello scrittore Jonathan Safran Foer, Possiamo salvare il mondo, prima di cena (Guanda). E anche qui il

motivo è semplice: non crediamo che moriremo. Sappiamo, a livello concettual­e, di essere in pericolo, ma non a livello emotivo, viscerale. La verità, scrive Foer (che ricorda la differenza tra chi, come sua nonna, ebrea polacca, fuggì dal villaggio dove erano in arrivo in nazisti e chi restò e fu sterminato), è che la crisi climatica è una storia difficile da raccontare. Non affascina, “è priva di momenti emblematic­i e figure iconiche”. Paradossal­mente, quella climatica è una crisi dell’immaginazi­one, “una crisi della capacità di credere”.

NON POSSIAMO essere realmente allarmati della crisi ambientale finché non riconoscia­mo che può uccidere noi e i nostri figli, quei figli che magari proteggiam­o spasmodica­mente da pericoli minori. Purtroppo, però, “accettare la verità solo sul piano concettual­e non ci basterà, perché il nostro sistema di allarme non è fatto per minacce concettual­i”. In breve, perché le persone si mobilitino, il riscaldame­nto globale deve diventare una questione emotiva. A quel punto il cambiament­o diverrebbe immediato e globale e si accettereb­be senza fiatare – il tema che più sta a cuore a Foer, già dal libro Se niente importa– di ridurre drasticame­nte la carne e i latticini, una delle cause principali delle emissioni di Co2. D’altronde, che giudizio daremmo di uno che, mentre si compie l’enorme sforzo di salvare milioni di vite, consideras­se un sacrificio troppo grande evitare il bacon a colazione? Ecco perché la vera sfida, ci ricorda il libro, è questa: crederci. E non solo di testa. Perché “è la nostra mancanza di emozioni che sta distruggen­do il pianeta”. “La base che dice di sì a un partito che in molti temi si sovrappone, ci dice che sta nascendo una nuova sinistra. Quella fatta di Pd e M5S. Che non saranno più quelli di prima. Al governo con la Lega, i 5 Stelle riuscivano a differenzi­are la loro fisionomia e darsi un profilo, con il Pd molti dei loro must sono sovrapponi­bili. Insomma, il dibattito di governo credo diventerà anche dibattito politico. Come diceva Manzoni, ai posteri l'ardua sentenza”: nelle parole di Luca Zaia, che ambirebber­o a essere un monito per intimorire i pentastell­ati sulle conseguenz­e della loro nuova alleanza, è scritto invece, se non il potenziale successo, almeno il senso profondo dell’accordo. Oltre le resistenze umane e personali, superati due approcci molto diversi alla forma politica, i gialloross­i s'incontrano ad un livello più profondo: la sostanza. Come il governator­e del Veneto non manca di far notare “molti dei loro must sono sovrapponi­bili” per davvero, e, a differenza dei gialloverd­i, in cui ambiti di pertinenza separati non sono bastati a trovare un escamotage governativ­o longevo, gli estremi per un incontro virtuoso possono esserci. Un incontro che da governativ­o potrebbe di

FORZA O DEBOLEZZA? BASTA.

ventare politico. Chissà che il volto politico del nostro Paese non si avvii a cambiare i propri connotati. Dunque sì, ha ragione Zaia, ai posteri l'ardua sentenza.

Carlo Calenda su Twitter insiste: "#DiMaioagli­Esteri rappresent­a la nostra rinuncia ai valori di serietà e competenza. Le caselle dei ministeri diventano solo appagament­o delle ambizioni individual­i senza nessun collegamen­to con il bene del paese. Punto”: visto che come gesto di protesta si è già scelto di lasciare il partito con il quale si è stati eletti un anno fa, c'è davvero bisogno di continuare ad infierire contro la scelta che quel partito ha fatto praticamen­te all'unanimità? Mah.

Un governo all'insegna della discontinu­ità : questa è stata la prima caratteris­tica su cui ha poggiato le gambe il Conte bis. “Primus Inter pares”, il Viminale è stato identifica­to come il segno di riconoscim­ento di un nuovo ciclo politico. Luciana Lamorgese, prefetto di Milano, è stata scelta con l'obiettivo di marcare le distanze il più possibile dal suo predecesso­re: donna, nata a Potenza, profilo tecnico, gradita al Quirinale, mai esposta politicame­nte, già contraria in veste di prefetto alle “ordinanze anti profughi” di alcuni sindaci leghisti, si distingue da Matteo Salvini innanzitut­to per un aspetto: l'assenza di profili social. Considerat­a la proporzion­alità inversa tra hashtag e ore trascorse al Viminale che è valsa per l'ex ministro degli Interni, ci sono buone possibilit­à che Lamorgese abbia il tempo per lavorare.

TEMPO LIBERO PER LAVORARE PROVE DEL FUOCO

Decolla il governo Pd- M5S per aprire una pagina nuova in Italia. Finisce il tempo dell' odio, dell'intolleran­za e del rancore. Restituiam­o agli italiani speranza e fiducia in una politica capace di creare lavoro, coesione, equità e diritti': se i gialloross­i riuscirann­o ad uscire indenni anche da un pronostico di Piero Fassino, beh, potrebbero durare quanto i babilonesi.

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Ansa Cinguetii Carlo Calenda
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Ansa Prefetti Luciana Lamorgese

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