Il premier senza più vice ora vuole spiccare il volo
Il “mite” L’avvocato è finalmente libero dai due ingombranti dioscuri: Di Maio è una statua di sale, Salvini ulula in piazza
Come il cinclus cinclus, il pennuto che sa alzarsi in aria ma sa anche fare il sub, e infatti becca le sue prede fiondandosi a testa in giù nell’acqua gelida dei torrenti di montagna, Giuseppe Conte, dopo la sua prima stagione gialloverde, trascolora e presenta formalmente in Parlamento il giallo cinquestelle abbinato al rosso damascato della sinistra italiana.
LA POCHETTE a quattro punte al solito posto, il vestito perfetto come sempre, figurarsi i capelli e il tono di chi non ha mai avuto altro in testa che questo governo. Ottimismo alle stelle: “Sarà per tutta la legislatura”, e sarà naturalmente “nell’interesse degli italiani”. Fa finta oppure ci crede per davvero: “Questa sarà una vera alleanza”. Un’e quipe , una squadra che darà onore all’Italia, e sembra uno dei frequenti momenti di training autogeno che il premier cerca per trovare, anche nella suggestione, la fascinazione di questo momento così diverso da ieri. Per esempio dei due suoi vecchi vice, uno si è dato alla piazza, l’altro resta immobile come una statua, un fortilizio ancora inespugnato.
Luigi Di Maio, in passato sempre super ciarliero, che resiste immobile e serio per l’ora e mezzo di presentazione, presente e insieme anche un po’assente. Contento dell’esito ma forse pure scontento. Dobbiamo anche dire che i ministri di Conte, al primo assaggio di unità, si presentano a coppie separate. Quelli del Pd fanno comunella solo tra loro, la Bellanova e la De Micheli a destra, Guerini e Franceschini a sinistra. I grillini si intruppano nel primo banco del governo, stretti stretti l’uno all’altro, mentre la cantilena di Conte avanza nell’aula piena, curiosa di assistere a quello che sembra davvero il più grande spettacolo del mondo: pidini e grillini (“pidioti e barbari”, nel vecchio vocabolario), che annunciano il matrimonio. “Cambiamo il linguaggio della nostra politica”, esorta il nuovo Conte. Dress code più impegnativo, un codice alfabetico con utilizzo esclusivo di parole piane al posto dei fin qui consueti epiteti, del garbo in luogo della sgangheratezza, dell’unità al posto di una frequente e fin qui perdente alterità.
Conte è perfetto, nella sua nuova veste, agile proprio come il merlo acquaiolo, così conosciamo il cinclus cinclusdelle montagne, l’uccellino che smette di fare il sub quando ha raggiunto le sue prede in fondo al torrente, e – riemerso all’aria – spicca il volo.
“Vogliamo azzerare le rette degli asili nido”. Parte dai neonati, cioè dall’inizio della vita, e in qualche modo è la metafora di questo imprevisto e improvviso governo che accende i motori. Matteo Salvini, rumore fatta persona, è infatti sostituito da Luciana Lamorgese. Prefetto piuttosto silente. “Tutto questa curiosità sul fatto che sono assente dai social? Embè? Non li ho mai avuti. A volte mi è venuta voglia di esserci solo per capire cosa combinassero i miei figli su Facebook”.
Salvini è in piazza, ieri scortato dalla polizia che oggi – guarda tu il mondo! – è invece già chiamata a tenerlo a bada. Da Conte intanto una prima
Capacità mimetiche Ha cambiato alleati (dai verdi ai rossi) come se nulla fosse. E sarà “per tutta la legislatura”
misura, ma etica ed estetica: “Dobbiamo affermare il volto umano di questa Repubblica”. Poi una seconda, più economica: “Ridurre le tasse sul lavoro”.
CONTE BIS, Conte due, il Conte nuovo e progressista avanza in un saliscendi di perifrasi. Tono monocorde e occhio aperto al mondo. Non una sferzata, non una polemica, non un cenno ai due capisaldi del vecchio governo: reddito di cittadinanza e quota cento. Citerà la prima misura solo nella replica quando, coperto da cori intermittenti di “venduto, venduto”, intignerà in una mezz'ora di duetto con i vecchi amici, oggi nemici. “Io imbullonato alla poltrona? E voi che volevate pieni poteri? Cioè a tutte le poltrone?”. Su Salvini: “Non è che si vota solo perchè sta bene al vostro leader. Rileggiamo la Costituzione...”.
Non si scompone nella guerriglia parolaia, nei “buuu” d’aula, uguali a sempre, nelle accuse e nel rancore che i suoi ex alleati gli riversano. Mondo è stato e mondo sarà.
Quella del governo sarà una lingua mite, perché sappiano che la forza della nostra azione non si misurerà con l'arroganza delle parole