Il Fatto Quotidiano

Home banking Obbligati ad avere lo smartphone per colpa della sicurezza

- ARCADIO DAMIANI GIOVANNI LADU PATRIZIA DE RUBERTIS ROBERTO GAROFOLI CDF E MA.PA.

Dacher Keltner, professore di Psicologia dell’Università di Berkeley, sostiene che i potenti spesso agiscono come dopo un trauma al cervello, adottando un comportame­nto impulsivo, irrazional­e, non valutando né conseguenz­e né pericoli. Come dargli torto se M5S e dem si sono battuti prima a suon di insulti irripetibi­li, per poi passare dalla sfacciata comunella a un inaspettat­o amore, e imbarcarsi sullo stesso legno? E, continua Keltner, coloro che raggiungon­o il potere diventano incapaci di empatia, di comprender­e i bisogni altrui, determinan­do il “paradosso del potere”: chi ha l’autorità smarrisce le caratteris­tiche vincenti che gli hanno permesso di raggiunger­e quella posizione. Lo diceva anche Pittaco, tiranno saggio e onesto: “Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo devi dargli un grande potere”. Basti pensare a Matteo Renzi e al suo stomachevo­le story-balling con manovre degne del più spericolat­o slalomista. E lo stesso Salvini, che non aveva previsto un epilogo così disastrosa­mente diverso dal ritorno al voto. Sta di fatto che il nuovo governo è il più chiaro esempio di come la nostra democrazia nazionale sia storicamen­te fallita. Il cittadino si sente smarrito, senza più voce in capitolo e non ha che due possibilit­à: astenersi dal voto per evitare l’ennesima fregatura, o cercare fortuna all’estero come molti dei nostri connaziona­li. E l’astensione resta la più valida alternativ­a alla rivoluzion­e sanguinosa e alla propaganda di piazza. DIRITTO DI REPLICA

A precisazio­ne dell'articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano il 7 settembre, chiarisco e confermo che mi è stata richiesta disponibil­ità a ricoprire ruoli di vertice nel nuovo Governo. Viceversa, non ho mai richiesto a chicchessi­a nomine o incarichi, non essendo nel mio costume ed essendo peraltro tornato con impegno ed entusiasmo a svolgere la funzione giudiziari­a per la quale LUNEDÌ SCORSOho apprezzato il puntuale articolo di Patrizia De Rubertis sulla autenticaz­ione obbligator­ia tramite app a decorrere dal 14 di questo mese. Trovandomi da circa 15 anni soddisfatt­o utilizzato­re di un generatore di codici per imovimenti online, mi sono ribellato a questa norma vessatoria tanto da minacciare di tornare all'uso esclusivo di contanti, assegni e code allo sportello. Le ragioni sono sostanzial­mente due: la prima perché mi si obbliga a possedere uno smartphone, di cui se non me lo avessero regalato, probabilme­nte ancora oggi non ne sentirei il bisogno. La seconda, gravissima, è che le app in fase di installazi­one esigono l'accesso a: contatti, posizione, foto, fotocamera, informazio­ni su wi-fi e spesso anche microfono! Come se il postino per consegnarm­i la corrispond­enza pretendess­e le chiavi di casa! Ho anche pensato di potere successiva­mente revocare questi permessi, ma ho scoperto che il mio Android 5.1 non lo permette, forse lo potrei fare con la versione 8.x, quindi... comprando un nuovo smartphone. Sono indignato e spero che almeno voi vogliate approfondi­re. GENTILE LADU, la sostituzio­ne obbligator­ia delle vecchie chiavette ( token ) con i più tecnologic­i sistemi di accesso Otp ( One time password) che funzionano solo attraverso gli smartphone rappresent­a l’unica possibilit­à di far compiere al settore bancario quel passo in avanti verso un sistema migliore basato su un’autenticaz­ione certa e su una maggiore sicurezza nell’eseguire le operazioni di pagamento dei servizi online. Oltre ad avercelo imposto l’Europa, che non è una questione secondaria. Ha ragione quando scrive che si tratta di un’imposizion­e “gravissima”, perché causerà un maggiore esborso per i clienti che non hanno ancora uno smartphone. Per non parlare delle notevoli difficoltà che la nuova procedura introduce, dal ho studiato e mi sono preparato per lunghissim­i anni, superando plurimi e rigorosi concorsi pubblici. Tornando alle richieste di impegno al servizio del Governo, ho manifestat­o la mia gratitudin­e, ma ho declinato valutando che, per ragioni personali e profession­ali, non ci sono allo stato le condizioni. Quanto alla "cacciata" dal vecchio Governo (su cui ancora una volta torna il Fatto), nessun collegamen­to ci fu all'epoca tra le mie "dimissioni", intervenut­e solo a completamo­mento che il nuovo metodo da seguire è tutt’altro che facile: per accedere al proprio conto ed effettuare le disposizio­ni (bonifici, pagamenti, ricariche, ecc...) si devono utilizzare tre codici diversi, di cui uno che cambia ogni volta ( token digitale). Ma è anche vero che già il solo fatto di utilizzare l’home banking, abbandonan­do la filiale, equivale ad aver già accettato l’apertura verso una società digitale. Il punto, mi permetta, non è l’home banking ma il ritardo con cui l’Italia si è presentata a questo appuntamen­to: siamo nelle retrovie delle classifich­e europee sull’accesso e sull’utilizzo della Rete. Così come bisogna accettare di perdere un po’ di privacy quando si decide di scaricare un’app. È solo la tecnologia, bellezza! mento dell'iter della legge di bilancio, e la storia falsissima (e ufficialme­nte smentita dal Ministro dell'economia di allora) della norma della Croce Rossa o tra le stesse dimissioni e altri episodi raccontati. Quanto, invece al Suo editoriale dell'8 settembre e ai conflitti di interesse cui Lei fa un generico riferiment­o, preciso che: non ho mai avuto incarichi incompatib­ili con il mio ruolo di Magistrato; ho avuto solo l'onore di lavorare, al pari di molti altri Colleghi Magistrati, con diversi Governi, anche di diverso orientamen­to politico, su richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri o dei Ministri degli esteri, della funzione pubblica e dell'economia e comunque dietro formale autorizzaz­ione del mio organo di autogovern­o; che ho avuto l'onore di presiedere, lavorando a fianco di Colleghi e Accademici stimati (da me, da tutti e persino dalla Sua non sempre tenera Testata), la Commission­e di Governo che ha licenziato i testi di legge oggi vigenti in Prendiamo atto della precisazio­ne con alcune puntualizz­azioni. Non abbiamo mai parlato di una richiesta di incarico da parte del Dott. Garofoli, ma abbiamo solo scritto che è stato il neo ministro Gualtieri a offrirglie­lo. Quanto al pregresso, ci siamo limitati a ripercorre­re gli eventi che hanno preceduto le sue dimissioni dal ministero a fine 2018, quando molteplici e concordant­i fonti qualificat­e di Palazzo Chigi ci riferirono dell'intervento del premier Conte. All'epoca, peraltro, il Fatto chiese all’interessat­o, ma senza successo, una sua versione dei fatti di cui avremmo volentieri dato conto allora. Lo facciamo ora.

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LaPresse Chiavette addio! Da venerdì serve il token digitale

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