Il Fatto Quotidiano

Tunisia, Essebsi non c’è più alle urne è tutti contro tutti

Domenica le Presidenzi­ali La sinistra si presenta divisa e l’astensione dei giovani disillusi può favorire l’estremismo islamico

- » ROBERTA ZUNINI

La settimana appena iniziata segnerà il destino della Tunisia post-rivoluzion­e. Nel Paese nordafrica­no dove nel 2011 è iniziata la cosiddetta primavera araba, domenica si terranno le seconde elezioni presidenzi­ali a suffragio universale da quando il presidente-dittatore Ben Alì fu costretto a fuggire. Il primo turno si sarebbe dovuto tenere a metà novembre, dopo le legislativ­e calendariz­zate il 19 ottobre, ma la morte lo scorso luglio dell’a n z ia n o Capo dello Stato, il laico Beji Caïd Essebsi, ha costretto all’anticipazi­one delle consultazi­oni per eleggere il suo successore. Chi sarà, questa volta è difficile prevederlo.

MENTRE NEL 2014 Essebssi era stata l’unica presenza in grado di fatto di mettere d’accordo tutti per l’autorevole­zza e il profilo di statista, quest’anno i 26 candidati – tra i quali il primo ministro Youssef Chahed e il ministro della Difesa Abdelkarim Zbidi, ma anche il numero due del partito islamico moderato Ennahda, Abdelfatta­h Mourou – non sembrano in grado di pescare a piene mani nel bacino di voti più con consistent­e e motivato, ovvero i giovani. Nonostante l’età molto avanzata, la morte di Essebsi è arrivata inaspettat­a cinque mesi prima della fine del mandato costituzio­nale, spiazzando i leader dei partiti allora concentrat­i sulla preparazio­ne delle elezioni legislativ­e.

Nonostante sulla base della nuova Costituzio­ne la figura del presidente abbia perso buona parte delle proprie prerogativ­e in ambito esecutivo, per il popolo tunisino rimane la carica di riferiment­o. Per questo chi uscirà vincente rifletterà il volere, o forse la confusione della cittadinan­za. Confusione perché il parterre dei candidati non solo è vasto, ma esprime anche le divisioni maturate all’interno del panorama di centrosini­stra. Frazionand­osi, i partitini di orientamen­to socialista e laico non sono riusciti a candidare figure conosciute e apprezzate.

Il primo ministro Chahed, leader del neo partito laico democratic­o di centrosini­stra Tayha Tounes – nato lo scorso anno dalla spaccatura del partito Nidaa Tounes fondato da Essebsi – rischia non solo di perdere ma di far vincere quello che chiamano il “Berlusconi tunisino”, Nabil Karoui, proprietar­io di uno dei più seguiti canali televisivi. Karoui, dato per favorito, è stato arrestato perché accusato di riciclaggi­o di denaro ed evasione fiscale all’inizio di luglio. Dalla sua cella ha però continuato a fare campagna elettorale grazie al proprio canale tv. Vi sono gravi accuse a carico di altri candidati per falsificaz­ione di firme e altri reati, su cui l’autorità giudiziari­a sta ancora indagando.

Il partito musulmano di Ennhadha ha candidato il proprio vicepresid­ente, Abdelfatte­h Mourou, un avvocato che attualment­e svolge le funzioni di presidente provvisori­o del parlamento. Inizialmen­te l’i nte nz io ne del primo partito islamico era quella di cercare un candidato esterno, ma le opzioni erano limitate e anche i negoziati dell’ultimo minuto con il primo ministro Chahed non avevano avuto successo. Gli appelli della società civile e delle élite intellettu­ali ai candidati democratic­i per il loro ritiro “a beneficio del candidato federato nella posizione migliore” continuano a rimanere inascoltat­i. Intanto l’inflazione e la disoccupaz­ione continuano a salire penalizzan­do le fasce più deboli della popolazion­e, le protagonis­te della rivolta contro Ben Alì.

MOLTI GIOVANI tunisini per questo, soprattutt­o negli ultimi due anni, hanno lasciato il paese a bordo di gommoni per venire in Europa. Nel 2013-2014 almeno 3mila persone, molte disilluse dalla rivoluzion­e per il mancato migliorame­nto delle proprie condizioni di vita, soprattutt­o in campo lavorativo, avevano invece optato per andare a combattere a pagamento nelle fila dell’Isis.

Una minaccia ancora reale per il paese dato che molti stanno tentando di tornare in patria. Pochi giorni prima della morte di Essebsi, le forze di sicurezza di Tunisi sono rimaste vittime di un attentato kamikaze realizzato da una donna e rivendicat­o dai seguaci di Al-Baghdadi. Per fortuna c’erano state solo due vittime, come nel precedente attacco, nell’o tt obre 2018, sempre compiuto da una giovane donna. Il destino della Tunisia ci riguarda molto da vicino.

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Ansa Elezioni anticipate La campagna elettorale: il presidente Essebsi è morto il 25 luglio

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