Alla Duma di Mosca ora esiste pure l’opposizione
Russia Unita (Putin) perde ma tiene la maggioranza. Entra il partito Jabloko
Ironia della sorte, è toccato proprio all'agenzia di stampa governativa Ria Novosti a dover confermare per prima la notizia della perdita di seggi dei candidati di Russia Unita, partito di Putin, citare i dati del capo della commissione elettorale Valentin Gorbunov e certificare ufficialmente l'arretramento della squadra del presidente. Le urne erano aperte ad ogni latitudine e fuso orario della Federazione, ma tutti guardavano ai simbolici risultati del voto di Mosca, città padrona dei destini di tutti gli uomini del potere russo.
L'affluenza non ha raggiunto il 22%. Dei 38 seggi che occupava prima al Mosgordum, Duma moscovita, al partito ne rimangono solo 25, una maggioranza che domina scricchiolando, che perde pur rimanendo in testa. I comunisti raddoppiano i seggi da 5 a 13, il partito Jabloko ne ottiene tre e uno è dell'icona d'opposizione, Serghey Mitrokin, ora leader del 43esimo distretto.
LASCIANO le poltrone del Parlamento cittadino, dove sedevano dal 2001, Andrey Metelsky e Aleksander Shaposhnikov, dopo queste elezioni che il sindaco della città Serghey Sabianin ha definito le “più emozionali e competitive della storia recente”. Qualcuno dirà che questa fragorosa frenata del partito al potere nella Capitale non è una sorpresa, ma le conseguenze saranno n epredskazuemaje , “imprevedibili”, parola che molti analisti russi hanno usato il giorno dopo.
Vincono o perdono, gli uomini del Cremlino rimangono comunque con il potere tra le dita. Notizie di file finte di elettori, falsificazione di documenti e voti elettronici, assalti agli osservatori indipendenti arrivano da Pietroburgo. Nella città sorella antagonista della Capitale, il potere rimane al fedele amico di Putin, Aleksander Beglov, 64% delle preferenze.
Questa crepa nel muro del potere è già pobeda , “vittoria”. Ad annunciarla all'alba sui canali Telegram è Aleksey Navalny, assetato di un potere che, dice, attende di agguantare per cambiare le cose. Non proclama il suo trionfo ma la sconfitta altrui: “Nella storia, il potere non aveva mai perso tanti distretti”. La sua, come ogni rivoluzione, è imperfetta ma il blogger comunque ritiene di aver raggiunto “un risultato f an ta st ic es ki j” con la sua strategia del “voto intelligen te”: supportare tutti i candidati che avrebbero fatto perdere gli uomini dell'Edinross, Russia Unita. Campagna che si è rivelata cruciale, ma non unico catalizzatore responsabile del tracollo politico.
Intanto l'opposizione si solleva. Ormai ha le sue regole, il suo linguaggio, le sue tecniche e misteri proprio come la squadra del campo opposto. Ultimamente ha logiche e ritmi che la proiettano a pensare sempre più in grande. Navalny in questi mesi si è rivolto a 56 milioni di elettori, metà degli aventi diritto al voto, che nella maggior parte dei casi, hanno però comunque lasciato vuoto il ventre delle urne, dove solo in pochi hanno espresso le loro preferenze per 16 governatori e deputati di 13 regioni, Crimea compresa.
CHE SUCCEDE adesso è un quesito di pragmatismo politico posto da molti a vuoto, perché non c'è stata ancora nessuna dichiarazione ufficiale del team dello zar zoppicante. Il presidente non ha ancora parlato. Non lo ha quasi mai fatto nemmeno in questa estate di proteste, maree di bandiere hanno travolto Mosca ogni sabato e dopo quest'ultima domenica, e si sono dimostrate essere non solo un'onda anomala pre-elettorale.
Forse le cose rimarranno uguali come è successo dopo le manifestazioni alla Balotnaya nel 2012. O forse il presidente rimane zitto perché sa che la logica delle onde è sempre uguale: si infrangono e muoiono solo per tornare.
Una crepa sul muro Mitrokin è l’icona di chi si è opposto alle tattiche elettorali del presidente