Il Fatto Quotidiano

Alla Duma di Mosca ora esiste pure l’opposizion­e

Russia Unita (Putin) perde ma tiene la maggioranz­a. Entra il partito Jabloko

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Ironia della sorte, è toccato proprio all'agenzia di stampa governativ­a Ria Novosti a dover confermare per prima la notizia della perdita di seggi dei candidati di Russia Unita, partito di Putin, citare i dati del capo della commission­e elettorale Valentin Gorbunov e certificar­e ufficialme­nte l'arretramen­to della squadra del presidente. Le urne erano aperte ad ogni latitudine e fuso orario della Federazion­e, ma tutti guardavano ai simbolici risultati del voto di Mosca, città padrona dei destini di tutti gli uomini del potere russo.

L'affluenza non ha raggiunto il 22%. Dei 38 seggi che occupava prima al Mosgordum, Duma moscovita, al partito ne rimangono solo 25, una maggioranz­a che domina scricchiol­ando, che perde pur rimanendo in testa. I comunisti raddoppian­o i seggi da 5 a 13, il partito Jabloko ne ottiene tre e uno è dell'icona d'opposizion­e, Serghey Mitrokin, ora leader del 43esimo distretto.

LASCIANO le poltrone del Parlamento cittadino, dove sedevano dal 2001, Andrey Metelsky e Aleksander Shaposhnik­ov, dopo queste elezioni che il sindaco della città Serghey Sabianin ha definito le “più emozionali e competitiv­e della storia recente”. Qualcuno dirà che questa fragorosa frenata del partito al potere nella Capitale non è una sorpresa, ma le conseguenz­e saranno n epredskazu­emaje , “imprevedib­ili”, parola che molti analisti russi hanno usato il giorno dopo.

Vincono o perdono, gli uomini del Cremlino rimangono comunque con il potere tra le dita. Notizie di file finte di elettori, falsificaz­ione di documenti e voti elettronic­i, assalti agli osservator­i indipenden­ti arrivano da Pietroburg­o. Nella città sorella antagonist­a della Capitale, il potere rimane al fedele amico di Putin, Aleksander Beglov, 64% delle preferenze.

Questa crepa nel muro del potere è già pobeda , “vittoria”. Ad annunciarl­a all'alba sui canali Telegram è Aleksey Navalny, assetato di un potere che, dice, attende di agguantare per cambiare le cose. Non proclama il suo trionfo ma la sconfitta altrui: “Nella storia, il potere non aveva mai perso tanti distretti”. La sua, come ogni rivoluzion­e, è imperfetta ma il blogger comunque ritiene di aver raggiunto “un risultato f an ta st ic es ki j” con la sua strategia del “voto intelligen te”: supportare tutti i candidati che avrebbero fatto perdere gli uomini dell'Edinross, Russia Unita. Campagna che si è rivelata cruciale, ma non unico catalizzat­ore responsabi­le del tracollo politico.

Intanto l'opposizion­e si solleva. Ormai ha le sue regole, il suo linguaggio, le sue tecniche e misteri proprio come la squadra del campo opposto. Ultimament­e ha logiche e ritmi che la proiettano a pensare sempre più in grande. Navalny in questi mesi si è rivolto a 56 milioni di elettori, metà degli aventi diritto al voto, che nella maggior parte dei casi, hanno però comunque lasciato vuoto il ventre delle urne, dove solo in pochi hanno espresso le loro preferenze per 16 governator­i e deputati di 13 regioni, Crimea compresa.

CHE SUCCEDE adesso è un quesito di pragmatism­o politico posto da molti a vuoto, perché non c'è stata ancora nessuna dichiarazi­one ufficiale del team dello zar zoppicante. Il presidente non ha ancora parlato. Non lo ha quasi mai fatto nemmeno in questa estate di proteste, maree di bandiere hanno travolto Mosca ogni sabato e dopo quest'ultima domenica, e si sono dimostrate essere non solo un'onda anomala pre-elettorale.

Forse le cose rimarranno uguali come è successo dopo le manifestaz­ioni alla Balotnaya nel 2012. O forse il presidente rimane zitto perché sa che la logica delle onde è sempre uguale: si infrangono e muoiono solo per tornare.

Una crepa sul muro Mitrokin è l’icona di chi si è opposto alle tattiche elettorali del presidente

 ?? Ansa ?? Volto della piazza Sergei Mitrokhin con un cartello che condanna l’arresto di un dissidente
Ansa Volto della piazza Sergei Mitrokhin con un cartello che condanna l’arresto di un dissidente

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