Il Fatto Quotidiano

TUTTI GLI ORFANI DI SALVINI CHE LO VOLEVANO AL POTERE

- » ANTONIO PADELLARO

Bastava ascoltare, ieri al Senato, Salvini per chiedersi come mai gli eredi Mussolini non abbiano sporto querela contro chi azzarda paragoni duceschi tra il fu Capitano e il loro congiunto.

Bastava ascoltare, ieri al Senato, Matteo Salvini con il suo stile da comizio domenicale ad Abbiategra­sso (con i poveri leghisti in favore di telecamera comandati a spellarsi le mani) per chiedersi come mai gli eredi Mussolini non abbiano ancora sporto querela contro chi continua ad azzardare paragoni duceschi tra il fu Capitano e il loro congiunto, che almeno sapeva parlare.

Il fatto è che dallo scorso 8 agosto in poi, con la geniale manovra della sfiducia al governo Conte Uno (paragonabi­le per acume e destrezza a uno che si cappotta nel parcheggio), l’ex tante cose ha lasciato senza lavoro, oltre a un plotone in gramaglie di ministri e sottosegre­tari, quanti sul nuovo antifascis­mo stavano costruendo successo e notorietà. Dando così ragione al grande Ennio Flaiano che già nel 1944, dopo aver raccolto la facezia sul come “le iscrizioni all’antifascis­mo fossero chiuse ”, osservava che“l’ Italia stando ai primi calcoli non dovrebbe produrre più un fascista sino alla fine dei secoli, ma soltanto antifascis­ti” ( L’occhiale indiscreto, Adelphi).

A dire il vero, la mamma dei fascisti è sempre incinta, anche se il crollo delle nascite ha colpito anche questo particolar­e settore che, va ricordato, fino agli anni 80 era saldamente radicato in Parlamento con quel Msi, erede diretto del famigerato ventennio e di Salò, che di voti ne raccogliev­a milioni (altro che i prefissi telefonici di CasaPound e Forza Nuova).

ALTRA COSAè invece l’eterno fascismo italiano, “la nebulosa di istinti oscuri e di insondabil­i pulsioni” (Umberto Eco) che, siamo seri, meriterebb­e ben altro allarme rispetto al nostro giovanotto­ne con l’occhio pigro e la voglia di Nutella. Tutto ciò per dire che la manifesta antipatia e diffidenza che il Conte Due suscita nei tanti sinceri antifascis­ti che dovrebbero, al contrario, essere un tantino rassicurat­i dalla diga M5S-Pd, fragile e improvvisa­ta quanto si vuole ma pur sempre un argine alla “marea nera”, alla “rabbia nera”, alla “violenza ner a ” , p u ò derivare ( l’antipatia) da due motivi simili anche se diversi. Il primo – l’eclisse del fascismo che toglierebb­e audience all’antifascis­mo – è solo una volgarità. L’altro argomento che secondo molti commentato­ri non certo di destra rende preferibil­e a questo governo tutto, a cominciare dal voto anticipato, si fonda su una aspettativ­a di tipo editoriale. L’informazio­ne, è noto, prospera soprattutt­o nei conflitti come dimostrano gli ascolti televisivi seguiti alla pazza crisi di agosto e l’improvviso impennarsi delle vendite dei giornali. Certo, l’incontenib­ile Salvini del Papeete e il ruggito del Conte in quel del Senato sono eventi straordina­ri con un impatto pubblico difficilme­nte ripetibile. Adesso però la prospettiv­a sembra moltomeno eccitante con un governo di necessità e con un premier destinato alla mediazione.

Dopo l’estate al mojito, rischiamo dunque un autunno camomillos­o e se ciò forse può fare bene al Paese, alle tirature molto meno.

Insomma, occorre a tutti i costi un nemico. La destra della piazza urlante lo ha trovato nella retorica della sinistra voltagabba­na affamata di poltrone. Mentre la sinistra non sa che pesci prendere. Perciò l’altra sera, a Otto e mezzo , quando Carlo De Benedetti (già patron del gruppo Rep u b b l i c a - E s p re s s o ) dopo aver impallinat­o il nuovo governo si è dichiarato nettamente a favore dello scioglimen­to delle Camere abbiamo pensato che al posto del sottopanci­a che lo definiva, bizzarrame­nte, “ingegnere” doveva esserci scritto “editore”. Ma forse ci sbagliamo.

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