Diabolik, i pm verificano le accuse dell’amico
Gaudenzi ha parlato per cinque ore dei suoi affari col capo ultrà ucciso ad agosto
I nomi degli “intoccabili” citati da Fabio Gaudenzi detto Rommel, il “fascista di Roma Nord”, sono scritti nero su bianco nei verbali secretati della Procura di Roma. I magistrati della Dda, Nadia Plastina e Giovanni Musarò, stanno verificando le dichiarazioni rese lunedì a Rebibbia dal camerata e la sua “lista di nomi di donne, uomini, giovani e vecchi”. Servirà tempo per i riscontri e per capire se quanto raccontato da Gaudenzi potrà aiutare gli inquirenti nelle indagini sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà della Lazio soprannominato ‘Diabolik’ e condannato per traffico di droga, ucciso con un colpo di pistola alla testa lo scorso 7 agosto nel parco degli Acquedotti a Roma
In oltre cinque ore, Gaudenzi avrebbe parlato degli “affari” che lo legavano all’amico camerata Piscitelli e su una presunta attività di contrabbando di oro con l’Africa e il Medio Oriente. Tra i nomi fatti ai pm, potrebbero esserci quelli già citati nel suo video, girato in casa con il volto coperto da un passamontagna e poi pubblicato su Youtube, al termine del quale aveva sparato quattro colpi di pistola e chiamato la polizia per consegnarsi. Uno di questi potrebbe essere l’imprenditore Filippo Maria Macchi, amico d’infanzia di Gaudenzi, con il quale aveva pianificato, ma mai realizzato, “un viaggio in Africa per un’operazione speculativa connessa all’acquisto di un’ingente partita di preziosi”.
L’EPISODIO è citato negli atti di Mafia Capitale, in cui si parla anche dell’usura subita dallo stesso Macchi nell’aprile del 2014, proprio da Gaudenzi e Raffaele Bracci, entrambi legati al ‘cecato’ Massimo Carminati, l’uomo chiave dell’inchiesta “Mafia Capitale”. I due, con il benestare di Carminati, gli avevano prestato del denaro come garanzia per “u n’operazione di compravendita e di importazione d’oro dall’A f r i ca ”, in cambio Macchi riceveva “due orologi”, per un finanziamento del valore di “30 mila euro”, con interessi mensili “pari a 3 mila euro” per un tasso “del 120% annuo”. Nel processo Macchi aveva tentato più volte di non testimoniare, inscenando persino la morte di un parente. In aula era apparso visibilmente intimorito, tanto che il presidente della Corte aveva deciso di far spostare lo schermo in cui si vedevano i detenuti Carminati, Riccardo Brugia e Salvatore Buzzi per non farli vedere al testimone. Per l’usura ai danni di Macchi, Gaudenzi e Bracci sono stati condannati in abbreviato. Forse l’episodio di cui fa riferimento Rommel, e che vedrebbe coinvolto anche il defunto Piscitelli, potrebbe essere stato quello. Dell’omicidio del suo amico ha detto che è stata “un’azione messa in atto da mani straniere”, forse “albanesi”. E certamente Piscitelli aveva rapporti con albanesi coinvolti in indagini sulla criminalità organizzata.
“HA DECISO di fare i nomi e raccontare quello che sa, in una ricostruzione circostanziata – spiega Marcello Petrelli, difensore di Gaudenzi –. Non è un pentito, e non vuole diventare un collaboratore di giustizia, ma desidera vendicare la morte di Piscitelli e quella di un suo altro amico, Maurizio Terminali, avvenuta di recente a Brescia”. Gli inquirenti stanno verificando anche q u es t ’ ultimo riferimento a Terminali, un romano trasferitosi al Nord.
Gaudenzi è anche soprannominato “lo zoppo”, per via di una ferita d’arma da fuoco provocata durante l’assalto alla Banca commerciale di via Newton nel 1994, costatagli una condanna a 21 anni. Rimarrà in isolamento nel carcere di Rebibbia, sia per le dichiarazioni fatte nel video, sia per le minacce e gli insulti ricevuti da altri detenuti. A Tivoli è indagato per possesso di armi da guerra, un revolver 357 e una mitraglietta Uzi trovati in casa sua, sui quali sono in corso gli accertamenti balistici.
La sua versione Dietro l’omicidio, ci sarebbero “gli stranieri”, gli albanesi legati alla criminalità organizzata