Selfie col narcos, Guaidó indagato “Amico dei boss”
La tv di Stato diffonde la foto del presidente ad interim, che è stato indagato
Aotto mesi da uno dei colpi di Stato più annunciati e meno riusciti della storia – quello intentato da Juan Guaidó contro il regime di Nicolás Maduro – un selfiesvela un retroscena del momento esatto in cui tutto poteva succedere e invece andò storto. Nell’autoscatto – pubblicato ieri dalla tv di Stato Telesur– si vede il presidente dell’Assemblea costituente venezuelana autoproclamatosi capo di Stato ad interim, Guaidó, in posa con due uomini colombiani, alla frontiera tra i due paesi.
È IL 22 FEBBRAIO, Guaidó ha appena passato il confine per comparire a sorpresa al megaconcerto di Cucuta organizzato alla vigilia dell’operazione umanitaria che dovrà portare medicine e cibo nel Venezuela affamato da Maduro grazie all’appoggio logistico del governo colombiano di Ivan Duque. Ora non solo sappiamo che quel tentativo – prodromo del passaggio di ben altri aiuti alla “rivoluzione” di Guaidó – fu un fallimento, ma anche che nel far ritorno al suo paese sotto mentite spoglie e per strade secondarie pur di non essere arrestato al rientro in patria, accadde altro. Stando ai media nazionali, Guaidó incontrò membri delle forze paramilitari colombiane. Tra questi, anche “i Rastrojos”, quelli del se lfi e, parte di una banda di narcoparamilitari noti in Colombia per operare in quel limbo sempre molto prolifero che è la frontiera. All’anagrafe John Jairo Duran Contreras, anche detto Menor, e Albeiro Lobo Quintero, per gli amici Brother, entrambi poi arrestati a Cucuta a giugno. “Gli hanno chiesto un selfie e lui non sapendo chi fossero glielo ha concesso”, ha spiegato il portavoce di Guaidó, Alberto Ravell, che si è affrettato a spiegare che sarebbe stato assurdo il contrario, cioè che “il presidente sapendo chi fossero acconsentisse a farsi una foto con loro immaginando che potevano diffonderla”. Come dargli torto? Se poi si pensa che a diffondere la foto è stato il numero due del chavismo, Diosdado Cabello, la macchina del fango è presto identificata. E il procuratore generale di Caracas ieri ha indagato Guaidó per i suoi rapporti criminali.
Resta un fatto: quello sbilenco tentativo di aprire un varco per la Colombia attraverso il quale far entrare aiuti e, perché no, anche armi a sostegno di Guaidó non è mai riuscito, checché ne dica lo stesso Maduro che due giorni fa ha schierato al confine le truppe agitando lo spettro di un’invasione da Bogotà. Altrettanto certo è che a Duque il varco si è aperto nel verso opposto e che si sia trovato a gestire l’esodo di venezuelani che passano la frontiera ormai allo stremo tra embargo Usa e povertà. Il che ha risvegliato l’interesse sopito dell’Unione europea. Tanto che l’Alto rappresentante per la politica estera in uscita, Federica Mogherini, ha annunciato ieri a Bogotà un nuovo pacchetto di 30 milioni di euro di aiuti alla Colombia per l’identificazione dei migranti e l’integrazione socioeconomica”, ha spiegato Mogherini che ha sottolineato quanto questa “sia una delle crisi più dimenticate al mondo e forse una delle maggiori”. Eppure anche in Italia il dibattito – acceso la primavera scorsa con il governo di allora diviso tra la Lega di Salvini a favore della rivoluzione di Guaidò e i 5S filo-Maduro – si è andato spegnendo.
QUANTO ALLA “nuova Unione europea” con l’Alto rappresentante spagnolo Joseph Borrell da sempre favorevole a elezioni democratiche in Venezuela, vedremo come si muoverà, sempre a fronte di un’emergenza umanitaria che riguarda ormai l’80% della popolazione, secondo i dati della Caritas. Maduro intanto ha annunciato che non parteciperà all’Assemblea generale dell’Onu a New York e che porterà “la verità” con la vicepresidente Delcy Rodríguez e il ministro degli Esteri Jorge Arreaza che consegneranno i 12 milioni di firme della campagna “No more Trump”. Gli Usa hanno indicato Michael Kozak responsabile per l’emisfero occidentale, dopo le dimissioni di Kimberly Breier, nomina che fa pensare alla continuità del pugno duro contro Maduro.
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