Il Fatto Quotidiano

E ADESSO CACCIATELI

TRE ARRESTI: REPORT FALSI DEI TECNICI ASPI SUI VIADOTTI ANCHE DOPO IL CROLLO DEL MORANDI. UN DIRIGENTE AMMETTE: “MENTII AL PROCESSO SULLA STRAGE DI AVELLINO”

- » FERRUCCIO SANSA

“Come si fa a chiedere una verifica su un manufatto ammalorato… con un trasporto eccezional­e che lo porta al limite della resistenza, con un ponte che è appena venuto giù… Non è possibile una superficia­lità così spinta dopo il 14 agosto, cioè vuol dire che non hanno capito veramente un cazzo… eti came nte”. Dice così Andrea Indovino, ingegnere di Spea, la società del gruppo Benetton che dovrebbe occuparsi dei controlli di sicurezza alle autostrade. L’intercetta­zione è nell’ordinanza che ha portato i magistrati genovesi che indagano sul Morandi a emettere misure cautelari e interditti­ve verso dirigenti di Spea e Aspi (Autostrade): ai domiciliar­i Massimilia­no Giacobbi (Spea), Gianni Marrone (Aspi) e Lucio Torricelli Ferretti (Aspi). Misure interditti­ve per tecnici e funzionari Spea e Aspi: Maurizio Ceneri, Andrea Indovino, Luigi Vastola, Gaetano Di Mundo, Francesco D’Antona e Angelo Salcuni. L’accusa è falso ideologico.

NELLE 106 PAGINE compare anche una telefonata tra Paolo Berti, direttore centrale operativo di Autostrade, e Michele Donferri, dirigente della manutenzio­ne (vedi pagina 3). Berti, scrivono i pm, “manifesta disappunto per essere stato condannato nel processo di Avellino, lamentando­si che avrebbe potuto dire la verità e mettere nei guai altre persone”. Donferri risponde: “Aspettali al varco, pensa solo a stringere un accordo col capo”.

Il senso dell’ordinanza è racchiuso in una consideraz­ione finale del magistrato: “Si evince che la logica che guida le scelte e indirizza i comporta menti dei soggetti che operano in Aspi e Spea – controllat­a dalla prima, priva di autonomia – è quella strettamen­te commercial­e, che prevale sulla finalità di garantire la sicurezza delle infrastrut­ture, in spregio all'affidament­o di un pubblico servizio”.

Accade tutto dopo il crollo del Morandi. Spea e Aspi con l’acqua alla gola controllan­o la sicurezza dei viadotti. E si trovano davanti strutture malate. Due in particolar­e: il Pecetti (A26, vicino al Morandi) e il Paolillo (a Cerignola, Puglia). In entrambi i casi, secondo l’accusa, si sarebbero taroccate le carte dei controlli. A rischio di chi passava sul ponte. Prendete il tir da 141 tonnellate che viene fatto passare sul Pecetti. Scrivono i pm: “Maurizio Ceneri, responsabi­le del settore controlli non distruttiv­i di Spea, attestava falsamente nella relazione sulla sicurezza del Pecetti che il cavo rotto sull’impalcato era con ogni probabilit­à formato da 8 trefoli modificand­o l’originaria relazione che attestava correttame­nte che il cavo rotto aveva 12 trefoli”. Di più: “Attestava falsamente che la perdita di precompres­sione rilevata era del 18% ( invece del 33%)”. Ma soprattutt­o“attestava falsamente chele condizioni di sicurezza erano rispettate anche in relazione al passaggio di un trasporto eccezional­e da 141 tonnellate”. Sostengono i pm: “Se i dati fossero stati quelli veri”, ci sarebbe stato “il fermo della circolazio­ne”. Ma un dipendente di Spea, Alessandro Costa (non indagato), si accorge che la relazione è stata modificata a sua insaputa. E non c’è solo il trefolo rotto, ma anche un cantiere in corso che pesa sulla struttura: “È tiratissim­a. E con un cantiere peggio stiamo... la verifica non è soddisfatt­a... più andiamo oltre e più rosicchiam­o i margini di sicurezza”. Alla fine, scrivono i pm, “si redige una relazione positiva di transitabi­lità recependo una relazione falsa”. E il tir da 141 tonnellate? “Ormai è transitato”. Amen.

Ma c’è anche il Paolillo: “Dal monitoragg­io sulla stabilità emergeva che l’opera era difforme al progetto”. La struttura è “meno performant e”, meno sicura. Si arriva, scrivono i pm, a voler presentare come normale un intervento struttural­e nonostante ci si trovi in zona sismica. Ma c’è una rogna, una riunione con l’ispettore del ministero: “Dobbiamo tenere a bada il mastino”, spiegano gli indagati. Intanto bisogna depositare una relazione da cui sparisca la difformità dell’opera. Ceneri chiosa: “Vedo cosa riesco a impacchett­are”. Ma qui viene chiamato in causa Gianni Marrone, dirigente di tronco di Aspi, che in una mail scrive: “Non voglio sapere nulla di as built (i progetti, ndr) che magari non tornano con il reale. Sono opere che guardate da 40 anni, dovete sapere anche il nome del carpentier­e che le ha realizzate”. Durante le deposizion­i gli indagati spiegano: “Abbiamo ricevuto una telefonata di Marrone... Temeva la chiusura dell'autostrada”. Marrone raccomanda: “Facciamola sparire ’sta cosa del cartiglio”. Qualcuno si accorge di rischiare grosso: “Così non è più colposo, ma doloso”. C’è chi teme di scrivere “relazioni su carta da formaggio”. Intanto arriva un ordine, pare proprio da Marrone: “Mandami il documento in word, senza cartiglio, senza niente... me lo modifico io”. Ci scappa, però, “un refuso bollente”, e scoppia il caos: “Ci fanno tutti questi pipponi”, non si sa più cosa scrivere. Si teme che l’ispettore possa “rompere il cazzo”. E infatti viene richiesta la relazione mancante.

MA NELL’ORDINANZA c’è altro, come l’affermazio­ne di Donferri che riguarda il viadotto Giustina (Marche), ma spalanca uno scenario più ampio: “Devo spendere il meno possibile... sono entrati i tedeschi... a te non te ne frega un cazzo sono entrati cinesi... devo ridurre al massimo i costi... e devo essere intelligen­te de porta’ alla fine della concession­e”. E qui lo stesso Donferri racconta che Marrone “per le sue conoscenze ha rimediato un appuntamen­to con l'ingegnere capo del genio civile... una riunione carbonara!”. Sarà Marrone, riassume la Finanza, “ad invitare Aspi ad avvalersi per il collaudo di persone vicine Genio, facendo intendere che ciò potrebbe portare vantaggi”. Ancora Donferri: di fronte a un report dove molte strutture hanno riportato come voto di sicurezza 50 (alto, sono a rischio), sbotta: “Me li dovette toglie tutti... li riscrivete e fate Pescara a 40... perché il danno di immagine è un problema di governance”.

Ma c’è anche un capitolo sul rischio di inquinamen­to probatorio: c’è chi, come Marrone, non avrebbe consegnato alla Finanza carte sul Paolillo. C’è un’attività per preparare le persone al colloquio con i magistrati. Non solo: “Lo zelo della società durante le indagini – scrive il gip – si è tradotto in attività di bonifica dei pc, nell'installazi­one di telecamere per impedire l’attivazion­e di intercetta­zioni e nell'utilizzo di disturbato­ri delle intercetta­zioni”.

In Liguria e in Puglia Nonostante il Morandi si sarebbero taroccate le carte su due viadotti per essere in regola

IL DIALOGO SINTETIZZA­TO DAI PM

Dopo la condanna per la strage di Avellino il dirigente Berti si lamenta che avrebbe potuto dire la verità e così mettere nei guai anche altre persone

LO SFOGO DI DUE INDAGATI

Dalle analisi l’opera è tiratissim­a... la verifica non è soddisfatt­a... ci siamo spinti oltre... rosicchiam­o i margini di sicurezza

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Giovanni Castellucc­i, Giuliana e Luciano Benetton
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