“Regole insensate, l’unica certezza è la spesa”
L’economista italiano nel gruppo che propone di rivedere il Fiscal Compact
L’European
Fiscal Board è un gruppo di lavoro istituito dal presidente della Commissione uscente, Jean Claude Juncker, per discutere della riforma delle “regole fiscali” europee. Tra i 5 componenti figura anche il professor Massimo Bordignon, direttore del Dipartimento di Economia e Finanzia alla Cattolica di Milano. Il Board ha redatto un documento di 119 pagine “Valutazioni delle regole fiscali Ue” che oggi sarà sul tavolo della riunione Ecofin a Helsinki. Professore, nel vostro “paper” si riscontra un approccio critico alle regole vigenti nella Ue con l’obiettivo di cambiarle radicalmente. Le regole attuali si basano su dati non realmente osservabili e che possono variare imprevedibilmente. Appare piuttosto insensato, ad esempio, basarsi su una prospettiva di avvicinamento agli obiettivi di medio-lungo termine ( Mto) dello 0,5% quando non sappiamo cosa succede nell’economia. Sono regole che rischiano di essere controproducenti. Quali sono, invece, le vostre proposte?
La regola della spesa è più stabile perché si basa sugli anni precedenti e su quelli seguenti. Al netto degli interessi, o di variazioni straordinarie, la spesa primaria deve crescere in linea con il reddito potenziale e se c’è debito deve essere inferiore alla crescita del Pil.
Si tratta di un criterio da stabilire ogni anno?
No, è un impegno su base triennale da mantenere costante, quindi con un grande effetto anticiclico: se il Pil cresce la spesa rimane invariata, quindi raffredda l’economia; lo stesso se invece il Pil scende, quindi con un effetto di stimolo. E poi con un meccanismo di compensazione, garantendo l’impegno sui tre anni, ma potendo variare di anno in anno.
Si discute poi della “golden rule”, lo scorporo degli investimenti dal deficit.
In Europa la spesa per investimenti è crollata e c’è un ritardo enorme su settori come il digitale. Solo che non è facile distinguere tra investimento e spese correnti. Per questo proponiamo una golden rule limited, basata sulle priorità già delineate a livello europeo e da dedurre sulla spesa nominale.
Il vostro studio si concentra anche sul debito?
I trattati di Maastrich furono pensati per un mondo completamente diverso, basti pensare al livello dei tassi di interesse. Per cui, fermo restando che un alto livello di debito va ridotto, nessuno può dire quale sia davvero il livello da raggiungere. Il Fiscal compact ci impone di ridurre il debito al ritmo di 1/20 l’anno, impossibile da sostenere. È una ipocrisia generalizzata, perché non interessa a nessuno se ci mettiamo più tempo. Inoltre le regole fiscali costringono a non spendere o spendere meno.
La soluzione? Noi pensiamo a un accordo generalizzato come per il bilancio europeo. Ogni 7 anni si può immaginare un accordo in cui i Paesi ad alto debito si impegnano a ridurlo mentre chi si trova in condizioni migliori aumenta la spesa. Pensa che si troverà consenso nel quadro europeo?
L’idea che le regole vadano modificate, ormai, è diffusa e anche la Bce chiede che la politica fiscale dia una mano contro la recessione. C’è la percezione forte che su agenda digitale o ambiente sia necessario fare investimenti che non siamo in grado di finanziare. Non so dove arriveremo, posso dire che il nostro organismo è stato voluto dalla Commissione e che tra di noi hanno convissuto sensibilità molto diverse. E siamo stati deputati a fare questo tipo di proposte.
Al netto degli interessi, o di variazioni straordinarie, la spesa primaria deve crescere in linea con il reddito potenziale