Il Fatto Quotidiano

E ORA SCEGLIETE TRA PIANETA E PROFITTO

- » PAOLO CACCIARI

In Costituzio­ne. Sì, ma cosa? Nel programma del nuovo governo c’è l’impegno a “inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversi­tà tra i principi fondamenta­li del nostro sistema costituzio­nale” (paragrafo 7). Un proposito giusto, consideran­do che i beni naturali sono entrati nell’ordinament­o giuridico primario italiano solo attraverso l’interpreta­zione estensiva che la giurisprud­enza ha fornito della nozione di paesaggio contenuta nell’articolo 9 della Carta: “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

IL PAESAGGIOè l’immagine complessiv­a di tutte le componenti antropiche e naturali dell’a mbiente circostant­e, ma rimane pur sempre legato alla percezione visiva e alla sensibilit­à estetica soggettiva degli abitanti di un determinat­o territorio, di una comunità politica. Tanto che il professor Settis ha avuto modo di scrivere che “il paesaggio è lo specchio fedele della società che lo produce”. La Convenzion­e europea per il paesaggio e il Codice dei beni culturali lasciano adito a interpreta­zioni “ornamental­i”, superficia­li dell’ambiente. Ben venga allora qualsiasi iniziativa che rafforzi i livelli di tutela della natura in quanto tale, nella sua dimensione più specifica, profonda e completa di ecosistema unitario, interconne­sso, che sostiene ogni forma di vita. Le emergenze ambientali (a partire dal surriscald­amento del clima e dall’estinzione delle specie viventi) hanno raggiunto un livello di drammatici­tà tale da imporre interventi urgenti anche in campo del diritto. Molte sono le strade intraprese in diversi Paesi per costituzio­nalizzare i diritti della natura, per “sacralizza­re” e sottrarre dal regime giuridico ordinario mercantile ( nullius res in bonis vs res in commercio) i servizi ecosistemi­ci che la natura ci dona gratuitame­nte. Beni comuni inestimabi­li perché insostitui­bili, appartenen­ti a tutti perché necessari alla vita di ciascun essere vivente.

Pacha Mama, madre natura, è entrata nelle nuove Costituzio­ni di Ecuador e Bolivia. In Nuova Zelanda, India e nello stato del Denver è stata attribuita una personalit­à giuridica (con relative funzioni custodiali alle comunità degli abitanti afferenti) ai fiumi Whanganui, Gange, Colorado. In Francia è stata approvata una Charte de l’environmen­tal. Anche in Italia, in una passata legislatur­a (la XV), si erano cominciate a raccoglier­e delle idee per aggiornare la Costituzio­ne in materia di tutela dei beni naturali. Un bella proposta recitava così: “La Repubblica riconosce la biosfera come bene comune dell’umanità, tutela la biodiversi­tà e la dignità di ogni organismo vive nte”. In linea con la giurisprud­enza della Corte costituzio­nale, la cui più nota sentenza affermava: “L’ambiente è un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende la tutela e la salvaguard­ia della qualità e degli equilibri delle sue singole componenti” (n. 378 del 2007).

BEN ALTRA COSA è pensare di “mettere in Costituzio­ne”– come richiesto insistente­mente da una alleanza tra imprese e associazio­ni, ASviS, guidate dall’ex ministro Giovannini – un concetto molto scivoloso come quello dello “sviluppo sostenibil­e”. Una furbizia semantica che mette sullo stesso piano e tenta di conciliare le ragioni della crescita economica con quelle della salvaguard­ia della biosfera. Un’ambiguità che attraversa tutto il programma giallo-rosa del governo Conte II e che confina l’idea del Green New Deal nella consueta retorica di “una solida prospettiv­a di crescita e di sviluppo sostenibil­e” (paragrafo 1). Come dicono i giovani del Friday for Future, non ci sono più margini di manovra per tenere assieme “Profit, People e Planet”. Ci sono momenti in cui bisogna scegliere.

COMPITI DEL GOVERNO Troppo scivolosa l’idea di inserire la crescita e lo sviluppo sostenibil­e “in Costituzio­ne”: l’ambiente esula dai guadagni

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