Bellanova tira dritto sul Ceta In ballo made in Italy e tutele
Ue-Canada Il neo ministro vuole ratificare il trattato che elimina i dazi, ma pone seri limiti sulla sicurezza di alimenti e prodotti
La novità arriva dal neo ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova: “Usciamo dai proclami, usciamo dagli approcci un tanto al chilo: il Ceta è in vigore – ha detto ieri a Radio Capital riferendosi all’a ccordo di libero scambio con il Canada –. Dobbiamo ragionare con tutti i produttori per individuare dove ci sono criticità”. Torna il Ceta, torna il terreno di scontro. Un anno fa, Luigi Di Maio aveva assicurato che l’accordo sarebbe stato respinto. Ora torna sul tavolo, e in una delle sue prime dichiarazioni, la Bellanova sottolinea che è già in vigore e che va calendarizzato. Preoccupata la Coldiretti. In Parlamento c’è anche un intergruppo parlamentare “No Ceta”.
AD OGNI MODO è vero che il Ceta è già in vigore (anche se parzialmente e in modalità provvisoria) ma è anche vero che può non essere ratificato. È infatti un accordo misto che comprende sia intese commerciali gestite dall’Ue (quindi già in vigore), sia voci di investimento che lo vincolano alla ratifica dei singoli Stati. Questi, pur nel rispetto del principio di leale cooperazione, restano titolari di un veto che potrebbe impedirne l’entrata in vigore come confermato nel 2017 dal Commissario Ue per il Commercio, Cecilia Malmström in risposta a un’interrogazione. Per questo Bruxelles punta a evitare sul nascere possibili stop. Nulla vieta infatti all’Ue di trattare in futuro un nuovo accordo col Canada che riguardi solo gli aspetti commerciali, proprio quelli che preoccupano consumatori e agricoltori.
A leggerlo, il trattato è positivo per gli scambi. Prevede, ad esempio, l’elimi nazi one dei dazi per il 91% dei prodotti agricoli all’entrata in vigore, per il 91,7% dopo 7 anni. Il Canada apre una quota da 18.500 tonnellate per i formaggi europei (finora sono stati applicati dazi fino al 220%), mentre l’Ue eliminerà il 92% dei dazi agricoli all’entrata in vigore e il 94% dopo 7 anni. L’Ue ha poi concesso al Canada contingenti a dazio zero per circa 50 mila tonnellate di carne di manzo non trattata con ormoni, 75 mila tonnellate per le carni suine e 8 mila per il mais dolce. Sopra le quote concordate, l’Ue continuerà ad applicare dazi, che non ci sono invece sul grano, semi oleosi e legumi. Secondo le stime dell’Ue il cambiamento vale 500 milioni all’anno di risparmi.
È però meno positivo sui contenuti: l’accordo limita la tutela delle denominazioni di origine geografiche. Negli allegati si riconosce la protezione in Canada di Dop e Igp italiani di sole 41 indicazioni su 293 e per il sud Italia c’è solo la mozzarella campana.
IN EUROPA fanno notare che sul totale di 143 prodotti tutelati da ogni Paese, la percentuale maggiore è italiana. La scelta è stata basata sui principali marchi italiani esportati in Canada escludendo però prodotti meno conosciuti. Altra pecca riguarda l’italian sounding. È ammesso il termine ‘Parmesan’, che allude al parmigiano, per indicare il formaggio grattugiato, mentre per alcuni prodotti come l’Asiago, la Fontina, il Gorgonzola è consentito l’uso del termine se accompagnato da “genere” o “tipo”. Il regime di tutela delle indicazioni geografiche nell’ordinamento europeo invece esclude qualsiasi evocazione, usurpazione e imitazione. Altro punto contestato è l’uso di sostanze fitosanitarie che non sono più ammesse in Europa come il glifosato usato invece in Canada nell’essiccamento per la pre-raccolta del grano e vietato in Italia in queste fasi. La risposta di Bruxelles è che i residui presenti sono comunque molto al di sotto dei limiti europei ignorando così il principio di precauzione con cui in Europa si è governato, ad esempio, il sistema di divieto degli Ogm.
Qualità a rischio Vantaggioso sugli scambi, lo è meno per le regole sulle produzioni