Acqua Gran Sasso, al via processo e prime grane
Si apre il procedimento per la contaminazione delle falde sotto la galleria e i laboratori Infn
Ieri
ci sarebbe dovuta essere la prima udienza del processo sul rischio di inquinamento delle falde acquifere del Gran Sasso, dopo l’inchiesta della procura di Teramo che ha coinvolto i vertici di Strada Parchi (concessionaria delle autostrade A24 e A25), della Ruzzo reti Spa (società pubblica del ciclo idrico del teramano) e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare del Gran Sasso. Ma mentre l’iter è stato aggiornato al 7 ottobre, sono già circolati i primi documenti che mostrerebbero come, negli ultimi 15 anni, la vicinanza delle falde acquifere ai laboratori dell’Infn e alla galleria del Gran Sasso (i laboratori sono sotto il traforo) sia stata percepita come una criticità o, comunque, come un elemento sensibile di cui tenere conto.
L’INCHIESTA della Procura di Teramo era nata infatti proprio dopo due casi di inquinamento delle acque sotterranee. Uno per la contaminazione da diclorometano proveniente da un esperimento dei laboratori di fisica nucleare, l’altro per la contaminazione da toluene a maggio 2017 in concomitanza con la verniciatura dei tunnel autostradali. In quest’ultimo caso, era stata limitata l’acqua nelle case del Teramano e la Procura aveva posto sotto sequestro la rete acquedottistica sotto i laboratori rilevando che le sale degli stessi non erano impermeabilizzate e che le condotte delle acque erano permeabili e in uno stato di conservazione precario.
C’era consapevolezza? Andrà verificato. Ieri, intanto, i comitati hanno diffuso una serie di documenti risalenti ad un periodo che va dal 2007 al 2012. Alcuni mostrano che l’Infn intendeva realizzare un “laboratorio B” scavando un tunnel e una sala nel versante aquilano del Gran Sasso (a Camarda) o in quello teramano (Aquilano di Tossicia) per un nuovo progetto di ricerca. In alcune slide di presentazione del progetto, l’Infn fa la summa degli spazi già esistenti e propone per il nuovo esperimento un’aerea B specificando che sarà “fuori dall’area protetta del Gran Sasso” e senza “alcuna presenza di acque significative”.
QUESTA, per il “Forum H20” e le associazioni dimostrerebbe “una piena consapevolezza delle enormi problematiche che esistono nel laboratorio” una “ammissione che a nostro avviso sarà anche utile nei vari procedimenti”. Probabile che per l’Infn significasse anche meno vincoli paesaggistici e di costruzione da rispettare
Le associazioni hanno poi ottenuto, grazie alla richiesta di accesso agli atti de “Il Martello del Fucino”, la relazione dei Vigili del Fuoco sull’esercitazione “Gran Sasso 2008”. Le considerazioni non furono delle migliori: “Tempo d’intervento superiore a quello che consentirebbe un efficace intervento di soccorso”, “personale presente nei comandi non sufficiente in numero a far fronte ad un evento di entità medio – bassa”, “dispositivi di sicurezza del Sistema tunnel autostradale – laboratorio Infn, del Gran Sasso, non adeguati alle situazioni di emergenza del contesto”, “pianificazione di emergenza del sistema non appropriati all’entità del rischio”. “Si evidenziavano gravissime lacune praticamente sull'intera filiera della sicurezza” spiega Augusto De Sanctis del “Forum H2O”. Il secondo step sarà verificare se nella galleria sia stata assicurata un’adeguata gestione dell’emergenza e se i tunnel siano stati messi in sicurezza (entro il 30 aprile 2019) secondo quanto prescritto dalla legge 264/2006. “Sugli adempimenti previsti da questa legge siamo riusciti proprio in questi giorni, anche dopo una diffida, ad avere l’a ut or izzazione dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per l’accesso agli atti”, conclude De Sanctis in una nota inviata alle procure di Teramo e de L’Aquila. La guerra è iniziata, insomma.
I comitati “L’istituto voleva costruire lontano dalle riserve acquifere”
Nel 2008, criticità sulla sicurezza