L’ultima avventura di Matteo, col vizio del cinismo politico
LA PARABOLA Due anni fa sfotteva quelli di LeU Non ha più il consenso, ma vede uno spazio d’azione e un’occasione per contare: la sua ossessione dal liceo
adesso abbiamo una grande finestra di opportunità. Intanto nel Pd si apre la porta al ritorno di Bersani & C. Mi pare un’idea sensata, ma non si può parlare solo di nomi: tutto questo ha senso se accresce e migliora il Pd. Pier Luigi Bersani e gli altri di LeU avevano delle idee e non basta certo dire solo “r i en t r a no ”: quelle idee vanno tenute da conto, serve una grande discussione e a questo proposito sono curioso di sapere cosa sarà della “Costituente delle idee” affidata a Gianni Cuperlo. Anche perché non è che la questione si riduca a Bersani: la sinistra si è sfilacciata e molti altri devono essere recuperati. Ecco, spero che i de
Scindere per litigare da solo. Scindere per comandare di più. Scindere per sentirsi vivo. Alla vigilia del fatale mojito di Matteo Salvini al Papeete, un giorno d’agosto a Palazzo Madama, col sottofondo di porcellane che sfregano nelle cucine della buvette, Matteo Renzi riunì i cronisti in un capannello per ripassare i sofismi della politica. Cinque, dieci, trenta minuti. Finché, con la bocca ormai arida per il troppo parlare, il senatore semplice fu provocato da una giornalista: “Ora che non conti più...”. Renzi deglutì l’ultima goccia di saliva, inarcò il sopracciglio sinistro, si toccò il mento glabro e disse serio: “Vacanze? Sono appena tornato da un viaggio in Montana per una conferenza con pensatori, imprenditori, dirigenti; poi ho visitato pure il parco di Yellowstone”. Allora scindere, lasciare il Partito democratico, armare i gruppi in Parlamento per impugnare la sorte di Conte II, avere udienza al Quirinale in caso di crisi, tirare su un contenitore elettorale che raccolga gli scontenti, purché non siano gli scontenti del renzismo, non è una incomprensibile necessità politica, ma una comprensibile necessità umana.
RENZI S’È RITIRATO più volte da se stesso, dalle promesse solenni, mai dall’ebbrezza, che lo colse più paffuto e neanche adolescente, di praticare la politica: dopo il referendum costituzionale e l’addio – pardon, l’arrivederci – a Palazzo Chigi (2016), dopo la batosta nelle urne (2018), dopo le dimissioni da segretario (2018). S’è inventato mocratici siano aperti e generosi: diciamo inclusivi.
Anche cambiando nome? Non so, forse sarebbe utile anche una cosa minima come Partito “dei democratici”, a dire che il partito è di tutti, che è un processo collettivo. Nella coalizione/federazione di centrosinistra devono starci pure i 5 Stelle? Questo lo vedremo, anche perché io spero che il governo duri. Per ora sono alleati in Parlamento e bisogna sondare se è possibile costruire intese a livello locale: ad esempio in Umbria, mentre in Emilia-Romagna mi pare molto più difficile. Questo, però, va fatto rispettando il territorio e chi nel territorio si sbatte, senza ordini calati dall’alto. la professione di oratore in giro per il mondo con lauti ingaggi, di cui tende a vantarsi in privato, e s’è cimentato con la tattica più che con la tecnica della politica, mentre gli cadevano addosso gli scandali che hanno coinvolto i genitori, l’oscura vicenda Consip, le manovre sul Csm di Luca Lotti.
Salvini, l’altro Matteo, anch’egli vittima della maledizione del trionfo alle Europee, gli ha donato un’occasione grandiosa: tornare determinante con la proposta di formare un governo con i Cinque Stelle. Renzi dispone di quel che Salvini brama: una manciata di senatori per smontare il Conte II. Forse è un’illusione, ma Renzi sfoggia la mercanzia parlamentare: un po’ la trascina nel movimento che verrà, un po’ l’abbandona – Marcucci e il fido Lotti – a presidio dei dem. Quando a traslocare al Nazareno furono quelli della Ditta, cioè Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema, Renzi tentò l’umiliazione: “Mi volete eliminare. Ulteriori scissioni non sono possibili perché abbiamo finito le sigle”. Nicola Zingaretti è autorizzato al copia e incolla. Alla stazione Leopolda, cattedrale del renzismo a Firenze, quattro anni fa, i fedeli urlavano a Bersani e colleghi: “Fuori! Fuori!. In ottobre, sempre lì, Renzi sancirà l’uscita. Per i pontefici, dal principio Paolo VI, la politica è la forma più alta della carità. Per Renzi, senz’altro, è la forma più alta del cinismo. Come cinico fu l’invito di Silvio Berlusconi al Nazareno per il patto che spense il governo di Enrico Letta. Ha più volte vinto e perso. A quasi 45 anni, con i capelli brizzolati e la passione, prossima all’ossessione, per la corsetta mattutina, Renzi ricomincia da Renzi. Pare. Non proprio. Tra un volo in Israele e negli Stati Uniti, una tappa in Qatar e in Cina, il senatore semplice ha rinvigorito i contatti internazionali: Mark Rutte, primo ministro dell’Olanda; Richard Gnodde, amministratore delegato di Goldman Sachs International; Eric Schmidt, ex capo di Google. I comitati “Azione civile” lanciati da Renzi, prodromici alla nascita del partito, ribollono di donazioni, oltre 200.000 euro tra luglio e agosto.
NEL 2017 LA PENSAVA COSÌ
Io sono molto dispiaciuto. Anche perché ulteriori scissioni non sono possibili perché abbiamo finito le sigle disponibili
RENZI È UNA MACCHINA in funzione perpetua, sin dai tempi del giornalino al liceo Dante di Firenze, da cui scagliava anatemi contro la Dc di Ciriaco De Mita. All’epoca di Chigi, Renzi suggeriva caterve di libri da leggere. Per esempio, segnalò L’egoismo è inutile. Elogio della gentilezza, celebre discorso agli studenti universitari di George Saunders, riportato in una raccolta dello scrittore americano. A Renzi non sarà sfuggita la confessione di pagina 80: “Quando mi giro indietro vedo che ho passato gran parte della vita offuscato da cose che mi spingevano ad accantonare la gentilezza. Cose come l’Ansia. La Paura. L’Insicurezza. L’Ambizione. La convinzione sbagliata che il successo mi avrebbe liberato da tutta quell’ansia, paura, insicurezza, ambizione. La convizione che solo se fossi riuscito ad accumulare – successi, soldi, fama a sufficienza – le mie nevrosi sarebbero sparite”. Perché scindere?
L’OMBRA DEL BAFFETTO
Abbiamo fatto di tutto per evitare che chiunque se ne andasse, ma abbiamo avuto l’impressione che fosse un disegno già scritto. Da D’Alema