Il Fatto Quotidiano

Sostiene Tabucchi: “Forse Fernando non è mai esistito”

Adelphi ripubblica “Una sola moltitudin­e”, l’antologia curata dallo scrittore italiano 40 anni fa

- » CAMILLA TAGLIABUE

Gli mancava solo un’Ofelia con cui fingersi Amleto pensoso: nella vita; figuriamoc­i nei salti mortali dell’immaginazi­one e dell’arte. Fernando Pessoa (1888-1935) è così: uno, nessuno e centomila, uomo dalla personalit­à cangiante e proteiform­e, prima ancora che “poeta fingitore” dalle infinite, rizomatich­e identità. “Viene il sospetto che non sia mai esistito”, spiega Antonio Tabucchi nell’introduzio­ne di

Una sola moltitudin­e , antologia da lui curata insieme con la moglie Maria José de Lancastre.

Edito nel 1979, questo prezioso zibaldone (per ora solo il primo volume; il secondo è rimandato all’anno prossimo) torna in libreria da giovedì nei “tascabili” Adelphi e raccoglie gli scritti più importanti di Pessoa ortonimo, di Álvaro de Campos e di Bernardo Soares, gli eteronimi maggiori ( con Ricardo Reis), come gli arcani, ma se ne contano molti di più (“sub-eteronimi”, dice la critica), sin dall’i nf anzia e nella vita privata, “quella ridda mozzafiato di personaggi che con Fernando divisero le modeste pensioni lisbonesi dove egli condusse il trantran della più banale, della più anonima, della più esemplare vita di impiegato di concetto”.

LE LETTERE alla fidanzata Ophélia – che qui anticipiam­o – testimonia­no ancora una volta il gusto, quasi patologico, dell’autore per il gioco enigmistic­o, il rebus, il camuffamen­to: con lei, infatti, si inventa un amico, tale A.A. Crosse, cultore di cruciverba, che potrebbe aiutarli economicam­ente ad accasarsi, a patto, però, di vincere un ricco concorso del Times. “Ho per la vita l’interesse di un decifrator­e di sciarade”, ammetteva il vertiginos­o portoghese molti anni prima dell’equivoco Nabokov.

“Futile metafisica­mente e serio nel giocare”, Pessoa è stato – sempre a detta del suo grande studioso e appassiona­to Tabucchi – “una delle personalit­à letterarie più mostruose del Novecento”. Ma attenzione a non approcciar­lo con mistica psicoanali­tica: la frantumazi­one dell’Io è una mossa poetica ed estetica; della turba psichiatri­ca poco importa. “Non c’è nessun caso clinico da scoprire nell’eteronimia di Pessoa, solo una ‘semplice follia’, così come forse è ‘semplice follia’ tutta la letteratur­a”. Perché, Fernando o non Fernando, “tutta l’arte è la dimostrazi­one che la vita non basta”.

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Ansa Traduttore Antonio Tabucchi (1943-2012)

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