Il Fatto Quotidiano

Il folle volo del pugile adorato: così la Piaf finì al tappeto

28 OTTOBRE 1949L’aereo dell’Air France, su cui viaggiava Cerdan, si schiantò alle Azzorre: l’uomo non arrivò mai a New York per il match contro La Motta e l’incontro con la sua Édith

- » MASSIMO NOVELLI

“Le ciel bleu sur nous peut s’effondrer/ et la terre peut bien s’éc rouler/ Peu m’importe si tu m’aimes /je me fous du monde entier”: “Il cielo sopra di noi può accasciars­i, e la terra può sgretolars­i/ Poco m’importa se tu m’ami/ me ne infischio di tutto il mondo”. È il 2 maggio 1950 quando Édith Piaf (1915-1963) registra Hymne à l’amour, una canzone di cui ha scritto le parole e che è stata musicata dall’amica Marguerite Monnot. L’ha scritta per il pugile Marcel Cerdan, il grande amore della sua vita; l’ha composta di getto, disperata, un anno prima, nella sera tragica del 28 ottobre del 1949: da qualche ora Marcel è morto, a trentatré anni, nel disastro aereo di São Miguel, alle isole Azzorre.

IL LOCKHEED Constellat­ion su cui viaggiava, un volo Air France diretto da Parigi Orly a New York, si è schiantato nella notte fra il 27 e il 28 sul monte Redondo. Muoiono tutti: undici membri dell’equipaggio e 37 passeggeri, tra i quali c’è anche la violinista prodigio Ginette Neveu.

Cerdan stava andando negli Stati Uniti per combattere contro Jake La Motta; in palio c’era la riconquist­a del titolo mondiale dei pesi medi, che Marcel aveva perso in primavera proprio in un match disputato con il campione italo-americano.

“Marcel Cerdan est mort”, titolano i giornali di tutto il mondo. Come L’Echo d’Oran, in Algeria, il Paese dove il pugile era nato il 22 luglio del 1916 a Sidi Bel Abbes, che scrive: “Cerdan est mort en plein vol, au-dessus de l’Atlantique au service du sport français“: è morto “in volo, sopra l’Atlantico, al servizio dello sport fr an ce se ”. Marcel Cerdan “non c'è più. Questa notizia ha gettato la costernazi­one negli ambienti sportivi francesi in cui Cerdan non aveva che degli amici”, dice l’ OEuvre del 29 ottobre. “Dopo Georges Carpentier”, prosegue il quotidiano, “il vecchio campione del mondo era senza alcun dubbio quello che si era reso più popolare”.

Quello stesso 28 ottobre del 1949, al Versailles di New York, la Piaf deve tenere il suo concerto. Sa della morte di Marcel, è distrutta. Ed è lacerata dai sensi di colpa, perché è stata lei a dire a Cerdan di prendere l’aereo, invece della nave, per arrivare più in fretta a New York. Il teatro è strapieno. Édith sale sul palco. Barcolla un poco, ha bevuto, forse ha preso morfina. Comincia a cantare. Poi, alla fine, dice al pubblico: “Stasera ho cantato per Marcel Cerdan, solo per lui. Questa è l’ultima canzone”. E attacca le prime strofe di Hymne à l’amour . Scriverann­o che la sua è un’esecuzione che strazia i cuori, “che strappa la pelle di dosso”. Édith, quando finisce di cantare, si accascia sul palcosceni­co. Va al tappeto, svenuta, come Marcel aveva sognato di fare con il “Toro Scatenato” La Motta.

Édith e Marcel, che era cresciuto sui ring del Marocco, dove la sua famiglia si era trasferita dall’Algeria, si erano incontrati per la prima volta in un locale parigino, il Club des

Cinq , a Montmartre. Doveva essere l’autunno del 1946. Non accadde niente, allora. L’amore, però, divampò alla seconda occasione tramata dal destino: nel 1947, a New York. La Piaf vi era andata per alcuni concerti. Cerdan, che si trovava negli Stati Uniti per partecipar­e a un torneo di boxe, fu tra il pubblico di una di quelle serate. Ne rimase talmente colpito che, la sera seguente, la invitò a cena in un costoso ristorante alla moda. Fu passione a prima vista, come si suole dire in questi casi. E fu un rapporto intenso e travagliat­o, anche perché Cerdan era sposato e padre di due figli.

BORIS BATTAGLIA ha scritto

in L’ultima canzone: la vita breve e innamorata di Marcel

Cerdanche “una delle cose più belle che la loro (mai estinta) storia d’amore ci ha lasciato, oltre a due canzoni che ti spaccano le vene ( Hymne à l’amour e Mon Dieu), è il loro epistolari­o. Édith obbligava Marcel a scriverle, e per lui scrivere, tenere in mano la penna, era una sofferenza più grande che prendere cazzotti in faccia; ma lo faceva lo stesso. Per lei”. Ed Édith, rammenta Battaglia, “faceva una cosa bellissima: le sue lettere le firmava tutte ‘moi’”. Ed “è bellissimo chiudere una lettera all’am ato (anche all’amata, solo che qui lo faceva la Piaf) così: ‘Io, che mi completo in te’. Ma con un monosillab­o che schiocca come un gancio sinistro di Marcel Cerdan”. Quel gancio che Marcel Cerdan non riuscì a dare a La Motta, e che invece il fato scaricò su di lui e su Édith, sul loro amore impossibil­e, in una notte di fine ottobre di settant'anni fa.

‘Stasera ho cantato solo per lui. Questa è l’ultima canzone’: l’artista pianse e svenne sul palco alla fine del concerto

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Ansa/LaPresse Strana coppia Édith Piaf e, sotto, Marcel Cerdan

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