Il Fatto Quotidiano

Conti pessimi e crisi dell’acciaio in Europa: cosa c’è dietro la fuga del colosso da Taranto

L’uscita dall’accordo consentire­bbe un risparmio di 1 miliardo di euro l’anno

- » NICOLA BORZI

L’abrogazion­e dello scudo penale sull’Ilva? Un’ottima scappatoia che consente ad ArcelorMit­tal di chiedere il recesso dal contratto con il quale ha affittato l’ex Italsider con l’obbligo di acquistarl­a. Una scappatoia prevista dall’ addendum contrattua­le siglato 14 mesi dal primo produttore mondiale: la revoca dell’immunità penale e amministra­tiva è indicata quale causa legittima per recedere. Ma le vere ragioni dell’uscita sono altre: la crisi dell’acciaio europeo e i conti del gruppo.

LO SCUDO PENALE per l’ex Ilva viene introdotto dal decreto Renzi del 5 gennaio 2015 e reiterato nel 2017, ma la Consulta il 23 marzo 2018 lo dichiara incostituz­ionale. A giugno 2015 la magistratu­ra chiede il sequestro dell’altoforno 2 di Taranto per la morte dell’operaio Alessandro Morricella, ma a settembre 2015 la Procura pugliese, accogliend­o un’ istanza della società, annulla il sequestro a condizione della messa in sicurezza. Eppure proprio la norma del decreto Renzi, nonostante fosse già dichiarata incostituz­ionale, viene inserita nel contratto firmato da ArcelorMit­tal il 18 settembre 2018. La gara per rimettere in carreggiat­a l’Ilva, dopo il tracollo dei conti e il commissari­amento straordina­rio, inizia nel 2016 con l’interesse di una ventina di gruppi. Nel 2017 si riduce allo scontro tra la cordata AcciaItali­a (Jindal, Cassa Depositi e Prestiti, Arvedi e Del Vecchio) e il consorzio Am Investco Italy, composto al 94,4% da ArcelorMit­tal e dal gruppo Marcegagli­a al quale poi subentra Intesa Sanpaolo.

ALL’EPOCA il mercato consente di nutrire ottimismo, con la produzione italiana tornata oltre i 24 milioni di tonnellate, anche grazie all’industria di Taranto che però continua a perdere denaro. Il 5 giugno 2018 ArcelorMit­tal vince la gara e il primo novembre Ilva entra a far parte del gruppo lussemburg­hese. Ma da allora, se nel mondo le cose non vanno male, in Europa l’acciaio è tornato in crisi. WorldSteel, l’associazio­ne di settore, prevede che a fine 2019 la domanda globale di acciaio crescerà su base annua del 3,9% a 1.775 milioni di tonnellate e l’anno prossimo di un altro 1,7% a 1.806. A trainarla sarà la Cina (+7,8% a 900,1 milioni di tonnellate) che da sola produce metà dell’acciaio totale, mentre il resto del mondo segnerà appena +0,2% a 874,9. L’Europa è il secondo mercato mondiale, ma quest’anno la domanda è calata dell’1,2% a 166,8 milioni di tonnellate e solo l’anno prossimo dovrebbe tornare a 168,6. Eppure la siderurgia del Vecchio Conti

Il piano nel 2020 Il gruppo puntava a ridurre i debiti da 10 a 7 miliardi, ma il crollo dei margini non lo consentirà

nente sta tagliando la produzione. Tra le cause ci sono i dazi di Trump contro Cina, India e Turchia che hanno spinto i produttori di quei Paesi a inondare l’Europa del loro acciaio a basso costo. Il meccanismo di salvaguard­ia introdotto dall’Ue non riesce a fermare lo tsunami: i prezzi sono calati del 10% e molti impianti sono fuori mercato. Pesano anche la frenata della domanda del settore auto, in calo del 10%, e il rincaro delle materie prime.

A MAGGIO Arcelor Mittal ha così deciso di rinviare l’aumento della produzione dell’Ilva a 6 milioni di tonnellate, previsto per il 2020, e ha iniziato a tagliare di quasi 4,2 milioni di tonnellate, il 20% del totale, la produzione europea (che vale metà del suo fatturato). Dopo tre aumenti di capitale per 9,5 miliardi di dollari, nel piano al 2020 la società prevedeva di ridurre i debiti da 10 a 7 miliardi, ma il crollo verticale dei margini (nei conti di giugno erano 207 milioni da 1,43 miliardi dell’anno prima) non lo consentirà. L’azienda ha solo affittato l’ex Ilva per 180 milioni l’anno ma perde già, secondo stime di Reuters, circa 2 milioni al giorno. L’uscita dall’accordo consentire­bbe ad Arcelor Mittal un risparmio di circa 1 miliardo di euro l’anno e, grazie alla scappatoia legale, il colosso con sede a Lussemburg­o ora può chiedere al governo il taglio della produzione e di 5mila dipendenti.

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 ?? Ansa ?? Lo stato dell’arte ArcelorMit­tal ha solo affittato l’ex Ilva per 180 milioni l’anno, ma perde 2 milioni al giorno. Ora, con la fuga da Taranto, può chiedere il taglio della produzione e di 5 mila dipendenti
Ansa Lo stato dell’arte ArcelorMit­tal ha solo affittato l’ex Ilva per 180 milioni l’anno, ma perde 2 milioni al giorno. Ora, con la fuga da Taranto, può chiedere il taglio della produzione e di 5 mila dipendenti

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