Gualtieri: “Il Mes è inemendabile” Di Maio ferma i 5S e salva il governo
Salva-Stati “La firma a febbraio, ma il negoziato non si può riaprire: la riforma ora è irrilevante, il rischio è che peggiori”. Rissa alla Camera
Era attesa e non si può dire che la lunga audizione in Senato del ministro dell’Economia sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (il vecchio fondo salva-Stati) non sia stata un evento. In primo luogo perché Roberto Gualtieri ha fissato alcuni paletti quanti ai fatti: ha spiegato che il testo che delinea il futuro Mes è stato sostanzialmente “chiuso”, ultimato, tra l’Eurogruppo e il Consiglio europeo tenutisi a giugno (governo gialloverde); che “la mia valutazione è che il negoziato non possa essere riaperto: una richiesta in tal senso dell’Italia non avrebbe alcun consenso”; che “adesso c’è un lavoro in corso solo su aspetti esterni al Trattato, anche se rilevanti”.
QUANTO ALLE OPINIONI, secondo Gualtieri questa riforma “non è significativa né nel bene, né nel male: tutto questo dibattito è immeritato”. Tanto più, ha buttato lì, che a riaprirla “c’è il rischio che peggiori”, mentre ora “sono in discussione i termini di completamento dell’Unione bancaria e questo sì che è un tema rilevante: noi auspichiamo un meccanismo comune di garanzia dei depositi, ma senza le condizionalità chieste dalla Germania sul trattamento dei titoli di Stato detenuti da banche e assicurazioni”, che “questo sì potrebbe avere effetti negativi sull’Italia. Ecco, io userei il nostro capitale politico per questo”.
La firma definitiva sul nuovo Fondo salva-Stati, comunque, dovrebbe arrivare “a febbraio” e non a dicembre: “Da marzo inizieranno i processi di ratifica nei Parlamenti”. E qui Gualtieri ci aggiunge una piccola “condizionalità”, come amano al Mes: “Se l’Italia fosse l’unico paese dell’euro a non ratificare la riforma darebbe un senso di fragilità e di debolezza”. Il Parlamento, insomma, può votare solo se non vota contro: strada ferrata già vista all’opera col bail in sulle banche e altre “riforme” di derivazione comunitaria. Insomma, come chiarito da Giuseppe Conte al Consiglio dei ministri di giovedì scorso il Trattato che riforma il Mes è di fatto inemendabile. Ed è proprio il ruolo del premier, a questo punto, a essere finito in discussione.
Quale è il problema? Serve un riassunto. Dopo un vertice della ex maggioranza una settimana prima, il 19 giugno – vale a dire cinque giorni dopo l’Eurogruppo decisivo del 14, gestito dall’ex ministro Tria, e un giorno prima del Consiglio europeo con Conte - il Parlamento (Lega e 5S) aveva votato una risoluzione che impegnava il governo, tra le altre cose, “a rendere note le proposte di modifica del Trattato Mes (…) per consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva”, oltre che a “esprimere la valutazione finale solo all’esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto” ( cioè l’unione bancaria e il budget unico dell’Eurozona).
GUALTIERI, all’epoca all’opposizione, ha difeso il Conte 1: “Ha rispettato il mandato parlamentare”. La cosa è più che dubbia, eufemizzando, e l’opposizione (Lega in testa) ritiene invece che il Parlamento “sia stato completamente scavalcato” dal via libera del premier a un testo che, nei fatti, non è più modificabile: “Questa è infedeltà in affari di Stato. Conte riferisca in Parlamento. Se non arriva, lo porteremo in tribunale: si cerchi un avvocato”, ha detto Claudio Borghi in un’aula della Camera infuocata. È proprio lì che il Mes ha vissuto il suo momento di colore con tanto di insulti volanti e parapiglia nell’emiciclo.
Risultato: una sedia rotta (pare dal leghista Belotti), un polso slogato (il berlusconiano Mulè in funzione di paciere), una deputata che lascia l’aula in lacrime (Muroni di LeU), la seduta sospesa. È il prologo di quel che accadrà quando Conte riferirà sul tema la settimana prossima, probabilmente mercoledì: oggi glielo chiederà la capigruppo.
Conte sulla graticola
Lega: “Ha scavalcato il Parlamento: si trovi un legale”. Il premier mercoledì alla Camera