Il Fatto Quotidiano

Autostrade, storia del grande scippo che fece ricchi Benetton e gli altri

- » GIORGIO RAGAZZI

All’inizio del 2000, la società Schemavent­otto, controllat­a dalla famiglia Benetton, acquistò dall’Iri il 30% della Autostrade Spa per 2,5 miliardi. Dopo 3 anni la sua quota era salita al 50% ed erano riusciti a recuperare metà di quanto pagato all’Iri per il 30%. Il valore dell’investimen­to residuo era salito di sei volte in tre anni, ed avevano ancora davanti 35 anni di concession­e, con una società che nell’ultimo decennio ha guadagnato 750 milioni netti l’anno. In buona sostanza lo Stato ha regalato la nostra rete autostrada­le. Capire come questo sia potuto avvenire non è facile. Autostrade era gestita bene dall’Iri, aveva anche inventato il Telepass. Fu privatizza­ta solo per fare cassa col governo D’Alema, quando non ce n’era necessità perché le finanze dell’Iri erano state risanate. Fu svenduta perché gli investitor­i percepivan­o un “r ischio regolatori­o” elevato: la formula di revisione tariffaria era ambigua e non c’era un’Autorità indipenden­te che li tutelasse, mentre in passato le tariffe erano state spesso congelate dal governo.

A FARE LA FORTUNA dei Benetton (e degli azionisti della Schemavent­otto) è stato il IV Atto aggiuntivo stilato nel 2002 dall’Anas, auspice il ministro Pietro Lunardi. Con l’Atto si dava un’interpreta­zione della formula tariffaria molto favorevole alla società. Secondo gli esperti del ministero dell’Economia le tariffe del quinquenni­o 2003-2007 avrebbero dovuto essere del 20% inferiori a quanto concesso dall’Anas. Si venne a creare un potenziale conflitto tra Lunardi e il ministro dell’Economia Tremonti che Berlusconi pensò bene di risolvere facendo approvare il IV Atto per legge, da parlamenta­ri che non avevano neppure il diritto di leggerlo perché segretato. È a seguito dell’Atto che esplode il valore di borsa della società, consentend­o ai Benetton, nel 2003, di lanciare un’Opa tutta a debito, scaricare il debito sulla Autostrade, vendere una quota per riprenders­i la metà di quanto pagato all’Iri e tenersi il 50% della Autostrade.

Il IV Atto prevedeva anche un ambizioso programma di investimen­ti, quasi tutti per la realizzazi­one di terze e quarte corsie. Poiché la rete era soggetta a crescente congestion­e (in 20 anni il traffico era più che raddoppiat­o) si sarebbe potuto pensare che le nuove corsie fossero necessarie per accomodare la crescita del traffico nei 30 anni di concession­e restanti. Quindi Aspi avrebbe potuto ripagarsi questi investimen­ti col reddito da loro generato, senza aumenti di tariffa. Una scelta imprendito­riale che il ministero avrebbe potuto lasciare alla società. I Benetton invece si sono fatti pagare gli investimen­ti a piè di lista, sostenendo che non avrebbero avuto effetti positivi sul traffico (se poi questo aumenterà i benefici saranno comunque loro). Stupisce che il Ministero abbia potuto accettare di aumentare i pedaggi per remunerare, e a un tasso assai elevato, investimen­ti che l’impresa dichiarava non dare quasi alcun reddito. Un investimen­to che in 30 anni non si ripaga genera una perdita finanziari­a totale: perché Anas e Ministero hanno approvato questi investimen­ti? Forse perché nessuno poteva criticarli: tutto era secretato finché il ministro Toninelli non ha deciso di rendere pubblici convenzion­i e piani finanziari. Sulla bilancia c’erano da un lato gli interessi di una società molto potente, dall’altro i “pedaggiati”, ignari e senza rappresent­anza. Chi può stupirsi del risultato? L’incremento dei pedaggi della Aspi negli ultimi 15 anni, a parte il recupero dell’inflazione, è stato interament­e dovuto proprio alla remunerazi­one degli investimen­ti in terze e quarte corsie. Un gran bel regalo.

La buona sorte dei Benetton (e dei soci Aspi) è continuata con la nuova Convenzion­e stilata nel 2007, ministro Antonio Di Pietro. Con questa la società si mette al riparo da ogni rischio regolatori­o e blinda i benefici acquisiti. Dalla formula tariffaria sparisce qualunque riferiment­o al rendimento congruo sul capitale investito. Il parametro X cambia segno: nella convenzion­e del 1997 il segno era meno, perché la tariffa avrebbe dovuto diminuire per l’aumento di traffico e produttivi­tà; nella nuova convenzion­e il segno è più perché con la X si remunerano gli investimen­ti, di riduzioni non si fa più menzione.

IL CROLLO del Morandi ha evidenziat­o, oltre ai problemi di manutenzio­ne, un altro aspetto della convenzion­e del 2007 passato sotto silenzio. Gli articoli 9 e 9bis prevedono, in caso di revoca per qualsiasi motivo il pagamento del valore attuale netto dei ricavi previsti sino al termine della concession­e. Una clausola capestro che mette il concession­ario al riparo anche dalle conseguenz­e di suoi gravi errori o inadempien­ze. Questa clausola non era prevista nella convenzion­e del 1997: perché un tale regalo? Anche in questo caso, tutte le obiezioni degli organi tecnici sono state superate dal governo Berlusconi (come nel 2003) facendo approvare per legge questa e tutti gli altri schemi di convenzion­i già sottoscrit­ti dall’Anas. Poco dopo i Benetton partecipar­ono al salvataggi­o di Alitalia.

Ultimament­e i Benetton hanno sfiorato un altro grande colpo: la proroga di 4 anni della concession­e prevista dal ministro Graziano Delrio nell’ambito di un complesso accordo per finanziare il Passante di Genova (la Gronda), che secondo le mie stime avrebbe portato ad Aspi un beneficio finanziari­o di una decina di miliardi. Toninelli ha bloccato

PRIVATIZZA­TA SENZA ALCUN MOTIVO La famiglia veneta non ha speso nulla per prendersi un’azienda con redditivit­à stellare: un regalo senza pari

l’approvazio­ne, ma c’è da temere che prima o poi i Benetton trovino un ministro favorevole. Oggi, grazie a una legge voluta da Toninelli, gli incrementi tariffari dovrebbero seguire le regole dell’Autorità dei Trasporti, che prevedono di misurare il capitale investito e limitarne la remunerazi­one. Le concession­arie si oppongono. L’esito dello scontro avrà effetti rilevanti. I rischi di guai giudiziari o di nuovi regali potrebbero essere ridotti se lo Stato iniziasse ad applicare quanto previsto in tutti i contratti. Ed evitare di affidare in concession­e le autostrade.

FAVORI A RAFFICA

Da D’Alema a B., tutti hanno garantito accordi capestro: investimen­ti scarsi, ma pagati a peso d’oro a danno di tutti

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Cerca di prorogare la concession­e di quattro anni
Graziano Delrio Cerca di prorogare la concession­e di quattro anni
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Silvio Berlusconi Nel 2002 fa approvare il IV Atto per legge a scatola chiusa, visto che era un testo secretato
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Fa la fortuna dei Benetton con l’approvazio­ne del IV Atto aggiuntivo stilato nel 2002 dall’Anas
Pietro Lunardi Fa la fortuna dei Benetton con l’approvazio­ne del IV Atto aggiuntivo stilato nel 2002 dall’Anas

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