Complotto e arringa contro i pm in Senato sulle orme di Bettino
L’ex premier alza ancora i toni contro i pm: la battaglia arriverà in aula, con un discorso sui soldi alla politica in stile Bettino ’92
Unpostsu Facebook, poi una e-newsstraordinaria, poi un punto stampa (dopo la visita all’azienda Flo, che produce stoviglie in plastica e bicchieri, a Fontanellato, in provincia di Parma), poi di nuovo un post Fb. Come sempre, nei momenti di pressione estrema, Matteo Renzi passa la giornata a parlare. Pubblicamente, privatamente. “La carta di credito della Fondazione? Non ce l’avevamo né io, né Maria Elena, né Luca”, dice agli amici. Nel frattempo, il capogruppo di Iv in Senato, Davide Faraone, chiede di calendarizzare urgentemente un dibattito in Senato sulle regole del finanziamento alla politica, specificando che interverrà l’ex premier. Una richiesta che, pure nelle parole usate, rimanda al discorso di Bettino Craxi, nell’aula di Montecitorio, il 3 luglio 1992, quando l’allora segretario del Psi intervenne per dire che “buona parte del finanziamento alla politica è illegale”.
ALZA i toni Renzi (“Un tempo i magistrati della Procura di Firenze cercavano il mostro di Scandicci, non vorrei che avessero adesso fatto confusione con il senatore di Scandicci”), e prova a delineare una strategia difensiva. Punto cardine: “Due magistrati di Firenze, Creazzo e Turco, decidono di fare questa retata contro persone non indagate. Perché? Perché secondo loro Open non è una Fondazione, ma un partito. Chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura? Chiameremo in causa tutti i livelli istituzionali per sapere se i partiti sono quelli previsti dall’articolo 49 della Costituzione o quelli decisi da due magistrati fiorentini”. Fino alla legge “spazzacorrotti”, le associazioni, a differenza dei partiti e dei movimenti politici non avevano obbligo di pubblicazione dei propri bilanci né di pubblicità dei propri finanziatori. E su questo, insiste Renzi per contestare il reato di finanziamento illecito. Velata minaccia a Creazzo, poi, quando – ricordando che era il giudice che Palamara sosteneva per la corsa a Roma – fa riferimento allo scandalo sul Csm che coinvolse Lotti e l’ex membro del Csm. E ancora, per rispondere all’indagine dell’Espressosecondo cui avrebbe comprato la sua villa con un prestito da 700 mila euro di un finanziatore di Open (“Falso, sono soldi prestati da una conoscente e restituiti”), annuncia querela e tira fuori quelli che sarebbero i suoi guadagni degli ultimi due anni: rispettivamente 800mila e un milione di euro. L’Anm definisce “gravissimi” gli attacchi alla magistratura.
NEL FRATTEMPO, per difenderlo Pier Ferdinando Casini tira in ballo Andreotti: “Diceva che ‘a pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso ci si indovina’. Io di solito penso bene ma, francamente, il dispiegamento di forze, il clamore mediatico e le coincidenze temporali mi portano a ritenere quantomeno strana l’iniziativa dei magistrati sulla Fondazione Open”. E Renato Schifani cita direttamente Berlusconi “che fu costretto a dimettersi nel ’94 a causa di un’indagine poi conclusasi con un’archiviazione”. Per adesso, comunque, il dibattito in Senato non è calendarizzato e non è detto che lo sarà a breve: ci vuole il via della capigruppo (con quali voti? Per ora, Renzi pare il solo a chiederlo) e poi siamo in piena sessione di bilancio.
L’ex premier è pronto a usare ogni tipo di tribuna. Perché poi c’è un dato da non sottovalutare: “Inutile dire che il primo effetto di questa vicenda sarà l’azzeramento di tutti i contributi di aziende a Iv”, dice Renzi. Che da quando fa politica ha sempre avuto una “cassaforte” personale (come appunto era Open). Per la sua nuova avventura politica, i finanziamenti sono doppiamente importanti. E allora, ancora una volta, Renzi si vede messo all’angolo, vede le sue possibilità politiche ridursi. Fuori dall’ombrello protettore del Pd, i rischi crescono.
La provocazione “Un tempo le toghe cercavano il mostro di Scandicci, ora vogliono il senatore...”