OPEN., IL BANCOMAT A LOTTI E I SOLDI ALLA VILLA DI RENZI
La Guardia di finanza analizza le uscite in relazione alle attività del partito
Luca Lotti aveva una carta di credito intestata alla Fondazione Open. Quel bancomat, assieme ad altre carte di pagamento appoggiate sui conti della Fondazione e assieme alla contabilità di Open, sono ora finiti al vaglio della Procura di Firenze che analizzerà se e come siano state effettuate le spese.
La contabilità relativa alle carte di credito, come pure a tutta la gestione della Fondazione Open, è stata acquisita due giorni fa dalla Finanza che ha ribussato alla porta dello studio legale di Alberto Bianchi su ordine dei pm Luca Turco e Antonino Nastasi. I finanzieri hanno acquisito anche la documentazione relativa alle spese pagate dalla Fondazione per l’attività di Matteo Renzi. I pm fiorentini indagano su Bianchi per finanziamento illecito e traffico di influenze in relazione a un incarico per un contenzioso con Autostrade affidato nel 2016 al suo studio legale dalla Toto Costruzioni Generali. Iscritto nel registro degli indagati, ma solo per finanziamento illecito, anche Marco Carrai, l’imprenditore “fedelissimo” di Matteo Renzi e già membro del Cda della stessa Open.
I PM RITENGONO dunque che la Open abbia agito da “articolazione di partito politico” e per questo hanno chiesto alla Finanza di verificare – tra le altre cose – anche le “ricevute di versamento da ‘parlamentari’”. “La Fondazione Open – scrivono i magistrati nel decreto – ha rimborsato spese a parlamentari e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”. Secondo quanto spiegano al Fatto fonti vicine alla Open, un bancomat era stato dato a Lotti che però – a detta delle fonti Open – non l’avrebbe praticamente mai usato. Adesso i magistrati dovranno accertare se ci siano state queste spese e che natura abbiano. Anche se le carte della Fondazione Open o le sue risorse in genere fossero state usate da Lotti o da altri consiglieri del passato della Fondazione (c’erano con Lotti e Bianchi anche Maria Elena Boschi e Marco Carrai) per viaggi, cene o alberghi, potrebbe trattarsi di spese lecite.
In fondo, che la Open fosse la cassaforte dei renziani e di Matteo Renzi in particolare non è una novità. Era già noto per esempio che l’ex premier nel 2014 – allora sindaco di Firenze – usava un telefonino intestato alla Fondazione Big Bang poi diventata Open. La circostanza era emersa infatti dagli atti di un’altra indagine, quella napoletana denominata Cpl- Concordia. Il Fatto ne scrisse ad aprile 2015 e allora Bianchi ci spiegò: “Il telefonino fu dato a Renzi al momento in cui iniziò l’attività connessa alle primarie e alle varie Leopolde, in cui la Fondazione è stata coinvolta”. Il Noe segnalò senza commentare l’intestazione del telefonino e i pm napoletani non ravvisarono reati.
La novità dell'inchiesta di Firenze è quindi tutta contenuta in quella frase del decreto dei pm Turco e Nastasi: “La Fondazione Open – scrivono – ha agito come articolazione di partito politico”. E così i magistrati vogliono capire se negli anni passati la Fondazione abbia raccolto donazioni dai privati senza rispettare gli obblighi previsti per il finanziamento dei politici e dei partiti.
Per questo nei giorni scorsi sono stati perquisiti (nella qualità di terzi non indagati) anche i donatori della Open.
Come detto, l’indagine fiorentina parte dalla consulenza tra lo studio Bianchi e la Toto Costruzioni Generali. I passaggi di denaro li ha ricostruiti il Tribunale del Riesame in un’ordinanza del 7 ottobre con la quale confermava un sequestro precedente a carico di Bianchi. I giudici scrivono che, nel 2016, Bianchi “aveva ricevuto la somma di 801.600 euro” per una consulenza con i Toto. Poco più di un mese dopo l’incarico dei Toto, Bianchi versa circa 200 mila euro alla Open e altrettanti al Comitato per il Sì al referendum costituzionale.
L’ipotesi dei pm Per l’accusa, la Fondazione avrebbe agito come “un’articolazione” del Pd: acquisite le mail di Bianchi
IL RIESAME spiega che sempre nel 2016 lo studio Bianchi aveva ricevuto dai Toto 1,9 milioni (Iva inclusa) “quale pagamento di prestazioni professionali”. L’ipotesi dei magistrati è quindi che i soldi versati dall’avvocato alla Fondazione siano quelli dei Toto. Così il Riesame parla di operazioni “dissimulatorie di trasferimento di denaro”. I 200 mila euro a titolo di “contributo volontario” alla Fondazione, secondo quanto spiegavano in passato fonti vicine a Bianchi, erano stati versati perché la Open era in un momento di difficoltà economica. Secondo i pm poi, a partire dal 31 dicembre 2017 fino al
febbraio 2018, ci sarebbero bonifici in senso inverso per 190 mila euro da Open a Bianchi a titolo di “restituzione parziale prestito”.
La sensazione è che la Procura di Firenze sia andata giù dritta senza timori riverenziali e senza troppe cautele. Chi ha assistito alla perquisizione dei finanzieri nello studio legale Bianchi due giorni fa, è rimasto sorpreso dalla profondità degli accertamenti svolti: la Finanza ha infatti acquisito, tra le altre cose, anche email e dati dell’archivio dello studio legale a partire dal 2001.