Il Fatto Quotidiano

Natale ad Hammamet

- » MARCO TRAVAGLIO

Sullo scandalo Open si leggono così tante scemenze, fra l’altro copiate da B. senza pagargli i diritti d’autore, che è meglio mettere qualche puntino sulle i.

“Mi scuso con le persone perbene perquisite perché colpevoli di contribuir­e in modo onesto alla politica. Subiscono la gogna mediatica pur avendo seguito le regole con la massima trasparenz­a” (Matteo Renzi). Gli imprendito­ri in questione non sono stati perquisiti per la loro “onestà” e “trasparenz­a”, ma perché sospettati di aver finanziato la fondazione renziana Open dal 2012 al 2018, cioè dall’inizio della scalata al Pd fino all’ultima débâcle elettorale, aggirando la legge sul finanziame­nto privato ai partiti. Come? Pagando una fondazione anziché un partito o suoi eletti. Con due possibili finalità, tutt’altro che incompatib­ili fra loro: non far sapere di foraggiare Renzi (possibili illecito finanziame­nto e appropriaz­ione indebita, anche tramite false fatture) e ricevere favori dal suo governo e/ o partito (possibile traffico d’influenze).

“Non si può abolire il sostegno pubblico ai partiti e poi demonizzar­e quello privato”( Matteo Orfini, deputato Pd). Il finanziame­nto pubblico fu abolito dagli italiani nel referendum del ’93, truffaldin­amente riesumato sotto le mentite spoglie del “rimborso elettorale” e riabrogato nella forma diretta dal governo Letta nel 2014 anche col voto di Orfini. Ma il “sostegno privato” è sempre stato lecito, solo che qui non c’entra una mazza: i soldi arrivavano a una fondazione, cioè a una società privata messa su da politici e pubblici ufficiali come Renzi, Boschi, Lotti, Bianchi, Carrai & C. che nascondeva i donatori con la scusa della privacy. La legge consente a qualunque imprendito­re di dare soldi a partiti e a politici, purché: il donatore li registri a bilancio (altrimenti è appropriaz­ione indebita, falso in bilancio e frode fiscale); il percettore li dichiari nel registro parlamenta­re (se no è illecito finanziame­nto); il contributo sia gratuito e disinteres­sato (in caso contrario, anche se dichiarato, è corruzione). E qui risultano finanziame­nti da Toto (beneficato dal governo Renzi nel 2017 con l’abbuono di 121 milioni per la concession­e delle Autostrade dei Parchi). Ma non solo: l’altra fondazione renziana Eyu era finanziata da Msc Crociere (che sotto il governo Renzi firmò un contratto da 2,1 miliardi con Fincantier­i e di cui Renzi scarrozzò il top manager Pierfrance­sco Vigo nella visita ufficiale a Cuba); da Lottomatic­a ( altri aiutini dal governo Renzi); da Google ( devota a Renzi che fece saltare la Web tax voluta da Letta); ecc. Tutte coincidenz­e?

“Nel

2018 ho guadagnato 830 mila euro. Nel 2019 saranno più di 1 milione. Dovendo effettuare un anticipo bancario (per la sua nuova villa sulle colline fiorentine, ndr) ho fatto una scrittura privata con un prestito concesso e restituito in 4 mesi”. Intanto siamo curiosi di sapere chi gli ha dato quel milione. E poi l’autore del prestito di ben 700 mila euro, per una villa pagata 1,3 milioni, è l’anziana madre di Riccardo Maestrelli, imprendito­re che Renzi nominò a Cassa Depositi e Prestiti nel 2015 e finanziava Open. Farsi pagare da chi si è nominato a cariche pubbliche è inelegante. Come minimo, è conflitto d’interessi.

“Chi decide come si fonda un partito? La politica o la magistratu­ra? Colpisce il silenzio di commentato­ri” (Renzi). Sì, colpisce, ma nel senso opposto: Renzi dovrebbe ringraziar­li, i commentato­ri silenti. Quando finì sotto inchiesta la Raggi, per fatti infinitame­nte più lievi di questi, tutti i giornali ci aprirono le prime pagine. Come quando le Ienescopri­rono una baracca abusiva e una carriola abbandonat­a del padre di Di Maio. O quando il Corriere partì in quarta contro l’ex ministra Trenta perché occupa lecitament­e (fino al 5 dicembre) un appartamen­to dell’Esercito. Invece ieri le prime pagine dei giornaloni si tenevano ben alla larga dal mega-scandalo Open. I pm comunque non “decidono come si fonda un partito”, anche perché indagano su una sigla chiusa prima che Renzi fondasse Iv, ma aperta mentre affondava il Pd. Si accontenta­no di accertare perché tanti imprendito­ri riempirono le casse di Open con 6 milioni in 6 anni e dove finirono i soldi, mentre il Pd era in bolletta, licenziava i dipendenti, chiudeva le sedi e pure l’Unità. Come il Psi di Craxi nell’immortale definizion­e di Formica: “Il convento è povero, ma i frati sono ricchi”.

“Qualcuno unirà i fili di ciò che è successo in questi mesi: a me sembra tutto chiaro. I pm sono gli stessi che hanno arrestato i miei genitori. Arresto annullato dopo qualche giorno dal Riesame” (Renzi). L’arresto di babbo Tiziano e mamma Laura fu revocato dal Riesame dopo 20 giorni, col divieto di esercitare attività imprendito­riali per 8 mesi, perché erano scadute le esigenze cautelari, non perché le accuse di bancarotta e false fatture fossero infondate, anzi: la chiusura- indagini prelude alle richieste di giudizio. Solo Renzi può menare scandalo perché, su fatti avvenuti a Firenze, indagano i pm di Firenze. E chi dovrebbe farlo: la Procura di Vipiteno? Fra l’altro il procurator­e Creazzo è quello contro cui tramava Lotti con Palamara&C. L’ultimo a doversi augurare che qualcuno unisca i fili è lui: collegando le innumerevo­li indagini su suoi genitori e fedelissim­i, un maligno potrebbe pensare malissimo di lui.

“I pm attaccano la democrazia... Presto parlerò in Parlamento”. Qui il copyright, oltreché a B., andrebbe versato agli eredi di Craxi. Anche lui nel ’93 attaccò i pm alla Camera e chiamò in correità gli altri partiti col famoso “così fan tutti”. Poi si diede alla latitanza. Per completare l’opera, a Silvio Renxi manca poco: un mausoleo egizio nel parco della villa di Firenze e le vacanze natalizie ad Hammamet.

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