Il Fatto Quotidiano

Gli ex renziani arrossisco­no: “Sembra B.? No comment”

Transatlan­tico Polverini se la ride: “Parla proprio come fosse Silvio” I suoi vecchi discepoli, in imbarazzo, alzano le mani senza dire nulla

- » TOMMASO RODANO

Fuori diluvia, Montecitor­io torna a riempirsi alla spicciolat­a nel primo pomeriggio. Su uno dei divani del Transatlan­tico siede Renata Polverini, ex governatri­ce della destra sociale (Regione Lazio, quella di “Batman” Fiorito). Oggi è deputata semplice, in uscita da Forza Italia per aggregarsi a Italia Viva, il partito di Matteo Renzi.

SONO LE ORE dell’inchiesta di Firenze sulla Fondazione Open e delle parole incendiari­e dell’ex premier contro la magistratu­ra. Ma pure della rivolta guidata dal centrosini­stra contro la legge sulla prescrizio­ne. Polverini se la ride di gusto: “Lo dicevate voi che Renzi era l’erede di Berlusconi, no? Be’, ecco. Le sue parole sono assolutame­nte berlusconi­ane”. È chiaro che a lei non dispiaccio­no. “Le dirò di più: questo fronte parlamenta­re che vuole fermare la legge sulla prescrizio­ne mi sembra molto ampio. Mica c’è solo Italia Viva, c’è pure il Partito democratic­o...”.

In mezzo ai drappelli di onorevoli al pascolo lungo il corridoio, tra l’aula della Camera e la buvette, i più imbarazzat­i sono proprio loro: quelli del Pd. E tra quelli del Pd, soprattutt­o gli ex renziani. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è uomo ironico e gentile. Pertanto alla domanda su Renzi e il presunto accaniment­o giudiziari­o si sottrae con una risata. Alza le mani e scappa via: “Cosa le devo dire? Niente... Niente... Sto andando a parlare con l’Anpi...” e va.

DEV ’ ESS ERE un riflesso condiziona­to: quando sente parlare di Renzi, anche Piero De Luca, figlio del più famoso Vincenzo (presidente della Campania), alza le mani di scatto. E pure lui si allontana ridendo: “Non le dico niente”. Poi tocca a Emanuele Fiano. Indovinate? Alza le lunghe braccia e le mani da rugbista: “No n commento mai le indagini della magistratu­ra, figurarsi quando sono ancora allo stato embrionale”.

Gennaro Migliore

– ex vendoliano, oggi con Renzi e Boschi in Iv – non parla col F at to (“Siamo in causa”). Stefano Ceccanti – ex renziano rimasto nei dem – non è in causa col Fatto ma non parla nemmeno lui. Anzi, si sottrae ai commenti sul sistema Leopolda e il teorema giudiziari­o, ma è agguerrito sulle questioni di merito: “Il problema è il finanziame­nto dei partiti”. Quello pubblico – gli ricordiamo – lo avete cancellato voi. “Vero, ma ora bisogna decidere, non si può essere contempora­neamente contro i soldi pubblici e i soldi privati”. Ceccanti, soprattutt­o, è un ultrà della lotta contro la legge grillina

Si diceva fosse l’erede di Silvio... In effetti su pm e prescrizio­ne sembra uguale

RENATA POLVERINI

Il problema non è Renzi, si decida come si finanziano i partiti politici

STEFANO CECCANTI

sulla prescrizio­ne: “Dica a Travaglio che se volete i dibattimen­ti che non finiscono mai dovete cambiare l’articolo 111 della Costituzio­ne sulla ragionevol­e durata del processo. Altro che deriva berlusconi­ana, è una questione co-sti-tu-zio-na-le”. Riferiremo.

Alessia Moran i è forse la più renziana tra quelle che sono rimaste nel Pd. La sua connession­e sentimenta­le con il “riformismo” di Italia

Viva non si può dire completame­nte interrotta. Di Renzi quindi non parla, si rifiuta. Invece sulla prescrizio­ne è fedele alla linea del Pd: “Per far entrare in vigore le norme di Bonafede bisogna prima riformare il processo penale”. Quelle norme, però, saranno in vigore il primo gennaio: si tratta di intervenir­e su una legge già approvata. Come lo spiegate all’o pi ni on e pubblica? “Abbiamo già riformato la prescrizio­ne nella passata legislatur­a. Non sarà difficile far capire alla gente che i processi che non finiscono mai non sono ammissibil­i”.

Alessia Rotta tra ampi sorrisi e frasi di cortesia, rifiuta pure lei di commentare le vicende del suo ex segretario. Ma nega la deriva berlusconi­ana: “Sulla prescrizio­ne i Cinque Stelle devono capire che ora c’è una coalizione nuova e bisogna venirsi incontro”.

L’UNICO nipote di quella che fu la grande famiglia renziana a concedersi una riflession­e critica è Andrea Romano. Non proprio un attacco violento, ma almeno un compassion­evole rimprovero: “Io, per cultura personale, quelle frasi sulla magistratu­ra le avrei proprio evitate”.

La battaglia Sulla prescrizio­ne i dem a ranghi compatti: “Non è ammissibil­e che il processo non finisca mai”

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Ansa/LaPresse Paragoni pesanti Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti
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