Gli ex renziani arrossiscono: “Sembra B.? No comment”
Transatlantico Polverini se la ride: “Parla proprio come fosse Silvio” I suoi vecchi discepoli, in imbarazzo, alzano le mani senza dire nulla
Fuori diluvia, Montecitorio torna a riempirsi alla spicciolata nel primo pomeriggio. Su uno dei divani del Transatlantico siede Renata Polverini, ex governatrice della destra sociale (Regione Lazio, quella di “Batman” Fiorito). Oggi è deputata semplice, in uscita da Forza Italia per aggregarsi a Italia Viva, il partito di Matteo Renzi.
SONO LE ORE dell’inchiesta di Firenze sulla Fondazione Open e delle parole incendiarie dell’ex premier contro la magistratura. Ma pure della rivolta guidata dal centrosinistra contro la legge sulla prescrizione. Polverini se la ride di gusto: “Lo dicevate voi che Renzi era l’erede di Berlusconi, no? Be’, ecco. Le sue parole sono assolutamente berlusconiane”. È chiaro che a lei non dispiacciono. “Le dirò di più: questo fronte parlamentare che vuole fermare la legge sulla prescrizione mi sembra molto ampio. Mica c’è solo Italia Viva, c’è pure il Partito democratico...”.
In mezzo ai drappelli di onorevoli al pascolo lungo il corridoio, tra l’aula della Camera e la buvette, i più imbarazzati sono proprio loro: quelli del Pd. E tra quelli del Pd, soprattutto gli ex renziani. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è uomo ironico e gentile. Pertanto alla domanda su Renzi e il presunto accanimento giudiziario si sottrae con una risata. Alza le mani e scappa via: “Cosa le devo dire? Niente... Niente... Sto andando a parlare con l’Anpi...” e va.
DEV ’ ESS ERE un riflesso condizionato: quando sente parlare di Renzi, anche Piero De Luca, figlio del più famoso Vincenzo (presidente della Campania), alza le mani di scatto. E pure lui si allontana ridendo: “Non le dico niente”. Poi tocca a Emanuele Fiano. Indovinate? Alza le lunghe braccia e le mani da rugbista: “No n commento mai le indagini della magistratura, figurarsi quando sono ancora allo stato embrionale”.
Gennaro Migliore
– ex vendoliano, oggi con Renzi e Boschi in Iv – non parla col F at to (“Siamo in causa”). Stefano Ceccanti – ex renziano rimasto nei dem – non è in causa col Fatto ma non parla nemmeno lui. Anzi, si sottrae ai commenti sul sistema Leopolda e il teorema giudiziario, ma è agguerrito sulle questioni di merito: “Il problema è il finanziamento dei partiti”. Quello pubblico – gli ricordiamo – lo avete cancellato voi. “Vero, ma ora bisogna decidere, non si può essere contemporaneamente contro i soldi pubblici e i soldi privati”. Ceccanti, soprattutto, è un ultrà della lotta contro la legge grillina
Si diceva fosse l’erede di Silvio... In effetti su pm e prescrizione sembra uguale
RENATA POLVERINI
Il problema non è Renzi, si decida come si finanziano i partiti politici
STEFANO CECCANTI
sulla prescrizione: “Dica a Travaglio che se volete i dibattimenti che non finiscono mai dovete cambiare l’articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata del processo. Altro che deriva berlusconiana, è una questione co-sti-tu-zio-na-le”. Riferiremo.
Alessia Moran i è forse la più renziana tra quelle che sono rimaste nel Pd. La sua connessione sentimentale con il “riformismo” di Italia
Viva non si può dire completamente interrotta. Di Renzi quindi non parla, si rifiuta. Invece sulla prescrizione è fedele alla linea del Pd: “Per far entrare in vigore le norme di Bonafede bisogna prima riformare il processo penale”. Quelle norme, però, saranno in vigore il primo gennaio: si tratta di intervenire su una legge già approvata. Come lo spiegate all’o pi ni on e pubblica? “Abbiamo già riformato la prescrizione nella passata legislatura. Non sarà difficile far capire alla gente che i processi che non finiscono mai non sono ammissibili”.
Alessia Rotta tra ampi sorrisi e frasi di cortesia, rifiuta pure lei di commentare le vicende del suo ex segretario. Ma nega la deriva berlusconiana: “Sulla prescrizione i Cinque Stelle devono capire che ora c’è una coalizione nuova e bisogna venirsi incontro”.
L’UNICO nipote di quella che fu la grande famiglia renziana a concedersi una riflessione critica è Andrea Romano. Non proprio un attacco violento, ma almeno un compassionevole rimprovero: “Io, per cultura personale, quelle frasi sulla magistratura le avrei proprio evitate”.
La battaglia Sulla prescrizione i dem a ranghi compatti: “Non è ammissibile che il processo non finisca mai”