La nuova Commissione targata Von der Leyen spacca i 5 Stelle
Parlamento Ue Non è stato unanime, come a luglio scorso, il sostegno M5S: 2 contrari, 2 astenuti e 10 sì. Il dissidente Corrao: “È come Juncker”
Che sia gialloverde o giallorosa, alla maggioranza di governo italiana i voti sull’Europa riescono decisamente indigesti: ne esce sempre divisa. E, la prima volta, a luglio, il governo Conte ci saltò addirittura su. Questa volta, forse, non succederà, perché la spaccatura che si registra non è fra le due principali forze del Conte2, ma è interna a una di esse.
Chiamati a dare la loro investitura alla nuova Commissione europea guidata dalla cristiano-sociale tedesca Ursula von der Leyen, gli eurodeputati del Movimento 5 Stelle si spaccano: 10 pentastellati appoggiano il nuovo esecutivo comunitario, due votano contro e due si astengono. Tiziana Beghin, capo-delegazione M5S, parla di “scelte personali”: “Il Movimento ha diverse anime e c’è chi legittimamente non si sente a proprio agio. Ma oggi M5S, pur con riserve e con cautele, appoggia questa Commissione”. Ma le dichiarazioni dei dissidenti non sono concilianti come quella della Beghin. Piernicola Pedicini, che ha votato no, dice che “è in gioco l’identità del Movimento”. Per Ignazio Corrao, l’altro no, che considera tico e Forza Italia, la Von der Leyen, che era passata per soli 9 voti, aveva avuto quelli determinanti dei 5 Stelle, che avevano votato in contrasto con i leghisti, allora ancora loro partner nel governo gialloverde, facendo sentire forse per la prima volta con forza la loro presenza nel Parlamento Ue.
IL CONTE2, che sul voto grillino di luglio ha costruito parte del suo nuovo rapporto con l’Ue, rischia però di vedere la sua credibilità scalfita, agli occhi della Von der Leyen e del suo team, dall’episodio di ieri. Anche se l’euforia del momento rende la nuova presidente e i suoi commissari sordi e impermeabili alle polemiche: questa volta, non ci sono state spaccature su base nazionale fra i gruppi europeisti dell’Assemblea, che sulla carta dovevano sostenerli: i popolari, i socialisti, i liberali e i macroniani.
A conti fatti, la Commissione Von der Leyen fa meglio di quella Juncker: nel 2014, l’esecutivo guidato dall’ex premier lussemburghese ebbe 423 voti a favore, 209 contrari e 67 astenuti (su 751). Il record in questa classifica è italiano: la Commissione di Prodi, nel 1999, ottenne 510 sì, 51 no e 28 astenuti sugli allora 626 eurodeputati, oltre l’80% dei suffragi. Ma era tutta un’altra Europa, dove le forze sovraniste e populiste non avevano il peso che hanno oggi.
IL RISULTATO DI IERI mostra che i malumori delle forze europeiste del Parlamento uscito dalle elezioni di maggio si sono sfogati a luglio e poi nella bocciatura di tre commissari designati, a sorpresa quella della francese Sylvie Goulard. Ursula è la prima donna alla presidenza della Commissione e il suo esecutivo, che entrerà in carica il 10 dicembre per cinque anni, è quello con il maggior numero di donne: 11, oltre alla presidente. Prima del voto, la von der Leyen ribadisce gli impegni presi in aula a luglio: insiste sul clima e sul Green New Deal (e mostra emozione per Venezia sott’acqua); sul fronte migranti; sulla riforma degli accordi di Dublino che è una priorità; sul salario minimo europeo e sul completamento dell’Unione bancaria. La Von der Leyen parla di “una maggioranza travolgente” e di “un voto per il cambiamento”, ma annacqua – lei, ex ministro della Difesa – le speranze di chi vede nella difesa la nuova frontiera d el l ’ integrazione europea (“l’Unione non sarà mai un’alleanza militare”). E sulla Brexit dice: “Sarò sempre una remainer”.
O si torna a fare movimento con coraggio, per cambiare davvero le cose o si muore
IGNAZIO CORRAO