Il Fatto Quotidiano

Il testo che poteva far cadere il governo

- » CARLO DI FOGGIA

La

riforma del Meccanismo europeo di stabilità è considerat­o da Palazzo Chigi un treno “che non si può fermare”. È d’altronde la linea già espressa dal premier Giuseppe Conte all’ultima riunione dei ministri la settimana scorsa. Non tutti, però, nella maggioranz­a giallorosa la pensano così. Anzi, il gruppo di parlamenta­ri più contrario è proprio tra i 5Stelle. Al punto che ieri alcuni di loro hanno tentato una mossa dirompente, bloccata anche grazie all’intervento del capo politico in persona, Luigi Di Maio. E passata sotto silenzio, complice la rissa a Montecitor­io.

LA SCENA, emblematic­a della rivolta interna ai 5Stelle e dei rischi per il governo si è svolta in mattinata. Il deputato 5Stelle, Alvise Maniero, uno dei più critici sulla riforma del vecchio Salva Stati, ha cercato di far inserire all’ordine del giorno dei lavori una risoluzion­e che impegnava il governo a non dare il via libera alla riforma del Mes senza un accordo complessiv­o che inglobi anche l’ultimo tassello dell’unione bancaria, la garanzia comune sui depositi, che la Germania ha finora bloccato.

È la famosa “logica di pacchetto” (che comprende anche un embrione di budget d el l’area euro) che anche Conte continua a rivendicar­e nonostante ora si scopra - per bocca del ministro Gualtieri - che il testo del Mes fu di fatto definito a giugno e adesso è inemendabi­le. Un fatto che viola - accusano ora 5Stelle e Lega - una risoluzion­e di maggioranz­a che impegnava il governo a non approvare testi che in qualche modo potevano danneggiar­e l’Italia.

Il primo effetto della risoluzion­e sarebbe stato quello di far rinviare l’a ppr ova zio ne della riforma ben oltre la soglia di febbraio, indicata ieri dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (un primo passaggio sarà fatto già al Consiglio Ue di dicembre). Una scelta in linea con quanto chiesto ieri in Senato da diversi 5Stelle al ministro Gualtieri. A quel punto è scattato l’allarme a Palazzo Chigi. Per fermare Maniero è intervenut­o direttamen­te il ministro grillino per i Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà, che - in una tesa riunione - ha accusato il deputato di voler far cadere il governo, costringen­dolo a ritirare il documento. Mossa che però è arrivata solo dopo una telefonata di

Di Maio, che ha rassicurat­o Maniero sulla possibilit­à che si possa presentare una richiesta di rinvio. Una chiamata decisament­e meno tesa, visto che il capo politico era stato informato della mossa dai suoi parlamenta­ri.

DEL TEMA si sarebbe dovuta occupare l’assemblea dei degli eletti 5Stelle nelle commisioni Finanze, Bilancio e Politiche Ue con lo stesso Di Maio, prevista in serata ma rinviata perché alla Camera si è votato fino a notte il dl clima. Sarebbe stata una riunione difficile perché nei gruppi 5Stelle monta la protesta.

Maniero, insieme al deputato Raphael Raduzzi si era già impegnato nella risoluzion­e parlamenta­re di giugno. Gualtieri, peraltro, già nel vertice di maggioranz­a tenuto a Palazzo Chigi aveva riconosciu­to come “legittime” le osservazio­ni dei 5Stelle. Ieri Di Maio ha rincarato la dose: “Gualtieri non ha detto che il negoziato è chiuso, comunque questo non vuol dire che il governo abbia già valutato tutto il pacchetto in cui c'è il meccanismo di stabilità. Ha delle regole che dobbiamo guardare bene. Ci sono perplessit­à, anche nel M5S”.

Giornata tesa

Il ministro D’Incà ferma il deputato Maniero: a Chigi si erano impauriti Di Maio: “Nel M5S molti perplessi...”

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LaPresse/Ansa Il ministro Federico D’Incà e la rissa di ieri alla Camera
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