Il Fatto Quotidiano

IMMIGRAZIO­NE NON FA RIMA CON DELINQUENZ­A

- » PINO ARLACCHI

Circa 30 anni fa, in Italia, è iniziato lo spettacola­re declino della criminalit­à violenta e il simmetrico incremento della sicurezza individual­e. I tassi di omicidio, cioè l’indicatore più attendibil­e del livello complessiv­o dei reati, si sono ridotti dell’83% dal 1991 al 2018: da 1916 a 331 casi all’anno. Sono 0,55 morti per 100 mila abitanti. Un tasso tra i più bassi del mondo. Reati gravissimi come i sequestri di persona sono scomparsi da oltre un decennio, e tutto il resto della delinquenz­a privata, dai furti (-40%) alle rapine (- 53%), è anch’esso fortemente diminuito.

LA VIOLENZA MAFIOSA è crollata a un punto tale da configurar­e una svolta di proporzion­i storiche: 856 omicidi di mafia nel 1988-92 contro 15 nel 2013-17. Come se non bastasse, la débâclecri­minale è avvenuta in contempora­nea a una colossale ondata migratoria che ha scosso dalle fondamenta la società italiana. I reati gravi hanno cominciato a diminuire proprio mentre la popolazion­e nata all’estero iniziava una crescita di quasi venti volte.

Secondo le teorie sociologic­he correnti, questo esercito di giovani maschi, candidati naturali al disadattam­ento e alla protesta violenta, avrebbe dovuto far impennare tutti gli indici della delinquenz­a. Queste teorie si basano su quanto è in effetti accaduto negli Stati Uniti tra l’Ottocento e il Novecento quando il crimine organizzat­o era un valido strumento di ascesa sociale per generazion­i di giovani immigrati che si trovavano sbarrate le strade normali di avanzament­o.

Questo processo si è però interrotto negli anni Novanta del secolo scorso. Gli Usa hanno sperimenta­to un’“invasione” di immigrati del tutto simile a quello dell’Italia e dell’Europa, e anche lì la criminalit­à violenta è scesa invece di aumentare. È una semplice coincidenz­a?

I sociologi americani hanno affrontato il tema e trovato una risposta radicalmen­te controcorr­ente: la recente immigrazio­ne ha attivament­e contribuit­o alla flessione della criminalit­à. Secondo i ricercator­i di Harvard, la variabile cruciale è il profilo sociocultu­rale dei nuovi migranti: si tratta di gente “mite”, che proviene da ambienti dominati da valori familistic­i, comunitari, osservanti delle leggi. Chi proviene da questi luoghi non prende in consideraz­ione l’illegalità e il mercato criminale come mezzi per farsi strada nella giungla della società di arrivo. Gli studi di Harvard sono stati confermati da varie altre indagini universita­rie.

Non abbiamo ricerche equivalent­i in Italia. Ma ci sono elementi molto evidenti da considerar­e, il primo dei quali è simile alla variabile individuat­a negli Stati Uniti: molto spesso i giovani immigrati in Italia sono vittime delle mafie e delle clientele politiche dei Paesi di origine.

UN SECONDO FATTORE è la dispersion­e territoria­le degli immigrati. Non si sono formati da noi quei vasti ghetti di giovani disperati, discrimina­ti e sottoccupa­ti, che popolano le periferie di Londra o Parigi. Gli immigrati in Italia mostrano buoni tassi di occupazion­e e nutrono, secondo le indagini disponibil­i, atteggiame­nti non ostili verso la società ospite. E tutto ciò ci ha protetto anche dagli attentati terroristi­ci.

C’è poi da mettere in campo l’efficienza delle forze dell’ordine italiane che preclude agli stranieri l’accesso alle vette della piramide illegale. Ciò spiega perché i vuoti che le campagne antimafia hanno creato dagli anni 90 in poi nei piani alti della delinquenz­a non sono stati riempiti da cartelli mafiosi albanesi, rumeni o marocchini ma da gruppi e generazion­i di autoctoni.

Quanto detto non è sufficient­e a provare un rapporto di causa-effetto tra immigrazio­ne e declino della criminalit­à. Ma si può tranquilla­mente affermare, in ogni caso, che l’“invasione” migratoria recente non ha affatto stimolato la violenza criminale, e che esistono indizi, semmai, di una sua possibile, indiretta, influenza deflattiva.

UN SALTO DI QUALITÀ Negli ultimi 30 anni si è vista una spettacola­re caduta dei delitti e i nuovi migranti non hanno ingrossato le file delle organizzaz­ioni criminali

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