Il Fatto Quotidiano

Mes, Conte querela Salvini: “Lunedì lo sbugiardo, rinunci all’immunità”

I leghisti sanno tutto da mesi

- ▶ DI FOGGIA

Le parole più dure, Giuseppe Conte le riserva a Matteo Salvini. Annuncia querela nei confronti del leghista che ieri lo ha di nuovo accusato di “tradimento” sulla riforma del Mes, il meccanismo europeo di Stabilità (il vecchio Fondo salva stati). Lunedì riferirà alla Camera sull’accordo che sta spaccando anche la sua maggioranz­a. “Spazzerò via mezze verità e palesi menzogne circolate sul trattato”, promette.

Il premier però ci arriva, per così dire, zoppo. E il colpo gli arriva dall’interno. A Montecitor­io i deputati M5S hanno dato mandato a Luigi Di Maio di discutere con lui e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri una linea che sostanzial­mente sconfessa quella tenuta finora dai due, secondo cui il trattato non si può fermare né modificare e il via libera, previsto al consiglio Ue di febbraio

( dopo un primo passaggio a dicembre) è inevitabil­e.

DI MAIO invece l’ha messa così: “Non è il fatto che si modifichi il Mes il problema, ma il come. C’è massima fiducia in Conte e Gualtieri, ma è evidente che occorre migliorare il negoziato difendendo gli interessi dell’Italia. Se qualcosa non è accettabil­e va migliorata. E la riforma del Mes si può migliorare, siamo qui per questo”. Un misto tra tatticismo - ricompatta­re i gruppi parlamenta­ri, che ormai non controlla più, evitando di lasciare alla Lega una battaglia cara al Movimento - e l’ennesimo smarcament­o dal premier. Mercoledì, per dire, Di Maio era stato informato del tentativo di alcuni deputati di presentare una risoluzion­e che impegnava il governo a non dare l’ok alla riforma senza il contestual­e accordo anche sulla garanzia comune europea sui depositi bancari che Berlino non vuole. Un tentativo fermato perché “avrebbe fatto cadere il governo” (copyright Federico D’Incà, ministro per i Rapporti col Parlamento). È la “logica di pacchetto” un tempo promessa dal premier e che oggi è la linea dei 5Stelle. Di Maio ne ha parlato ieri con Gualtieri e lo stesso Conte: avrebbe l’effetto di stanare il bluff tedesco ma portarla davvero avanti significa rinviare la riforma per mesi o anni, visto che la Germania e i paesi nordici non hanno intenzione di completare l’Unione bancaria. L’Italia ha il potere di veto sull’accordo ma né Palazzo Chigi né il Tesoro vogliono davvero usarlo. Ieri Gualtieri si è spinto perfino a mettere in guardia il parlamento dal non ratificare il testo: “Se l’Italia fosse l’unico Paese dell’euro a non farlo darebbe un senso di fragilità e debolezza...”.

Per capire il problema serve fare un passo indietro. La riforma contiene modifiche nel complesso negative per l’Italia, perché rafforza un’istituzion­e intergover­nativa esterna all’Unione, gli dà poteri che si sovrappong­ono alla Commission­e e conferma l’imposizion­e ai Paesi che chiedono i prestiti la ristruttur­azione preventiva dei debiti pubblici considerat­i “insostenbi­li”. In sostanza disciplina­re paesi come l’Italia attraverso il manganello del mercato, vecchio pallino dei paesi nordici che pure avevano proposto misure più draconiane. Il negoziato condotto dal governo gialloverd­e, o meglio da Conte ed a ll ’ allora ministro Giovanni Tria e chiuso a giugno, si è concentrat­o soprattutt­o nell’evitare queste ultime.

SENZA UN ACCORDO nella maggioranz­a, lunedì a Conte non resterà che guadagnare tempo, rinfaccian­do il silenzio di Salvini che da vice premier non ha mai rilasciato una dichiarazi­one contro la riforma che pure era già definita a dicembre 2018. La linea è la stessa da giorni: insistere sul fatto che della riforma si sia parlato anche in diverse riunioni e Consigli dei ministri. Ieri lo scontro ha raggiunto livelli poco decorosi. Salvini ha annunciato un esposto, e chiesto a Sergio Mattarella di intervenir­e. Il premier non l’ha presa bene: “Io non ho l’immunità, lui sì, e ne ha già approfitta­to per il caso Diciotti. Veda questa volta, perché io lo querelerò per calunnia di non approfitta­rne più”.

Conte però deve guardarsi soprattutt­o dal fronte interno. Gran parte dei parlamenta­ri M5S e anche di LeU non hanno intenzione di cedere, anche perché agli atti resta la risoluzion­e parlamenta­re di giugno che impegnava Conte e Tria a informare le Camere e non firmare accordi potenzialm­ente dannosi. Ieri la riunione a Montecitor­io è iniziata con le slide di Alvise Maniero e Raphael Raduzzi, i due deputati che seguono il dossier, e si è conclusa con l’uscita di Di Maio. Ai parlamenta­ri è stato fatto pure trapelare un tentativo del premier di convincere Paesi come Francia e Germania a rinviare l’ok alla riforma.

La riunione Il capo politico ricompatta i gruppi parlamenta­ri: “Il trattato deve essere migliorato”

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Ansa Il triangolo Il premier Conte. Al centro: Di Maio e Gualtieri

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