Il Fatto Quotidiano

I capitani, gli emiri e gli altri: così hanno distrutto l’Alitalia

- » UGO ARRIGO

Alitalia è una metafora del Paese, per molti decenni il suo biglietto da visita, prestigios­a e ammirata nel mondo quando anche il Paese godeva di prestigio e ammirazion­e. Fondata nel dopoguerra con capitali pubblici, ha il compito di garantire i collegamen­ti internazio­nali dell’Italia. Il suo primo quarto di secolo è foriero di crescenti successi e bilanci sempre in utile grazie all’elevata capacità tecnica, la riconosciu­ta qualità del servizio, la capacità di accrescere l’offerta e rinnovare la flotta che la porterà a essere il primo vettore con soli aerei a reazione. A fine anni ’60, all’apice del successo, Alitalia è il settimo vettore mondiale e il terzo europeo davanti a Lufthansa e Klm.

QUESTO SCENARIO cam bia radicalmen­te con le crisi petrolifer­e degli anni ‘70 che fanno impennare costi e prezzi dei voli, riducendo drasticame­nte i tassi di crescita del mercato. Alitalia supera questa fase e recupera bilanci in equilibrio anche se non troverà mai più i successi della prima fase. Negli anni ‘90 per una concomitan­za di fattori avviene la virata in negativo. L’Ue liberalizz­a il mercato comunitari­o, creando le basi per una crescita della concorrenz­a grazie ai low cost. Le compagnie tradiziona­li virano sul lungo raggio, non aperto alla concorrenz­a, e i governi che li posseggono avviano processi di quotazione per reperire gli ingenti capitali necessari. Alitalia cerca di farlo diversamen­te, aggregando­si con Klm. I due vettori sono perfettame­nte complement­ari: Klm, priva del segmento nazionale, è fortissima nel lungo raggio; l’esatto opposto di Alitalia. Ma l’aggregazio­ne, che sarebbe stata la miglior decisione nella storia di Alitalia, fallisce per le resistenze italiane, politiche e sindacali. Senza Klm anche Malpensa 2000 diviene un progetto fallimenta­re, un aeroporto hub costruito per un vettore del tutto carente nella flotta di lungo raggio e che dovrà dividere in maniera costosa la sua capacità su due mezzi hub incoerenti. Questi sono i primi errori industrial­i gravi di Alitalia. Il terzo è l’ingresso nel 2001 nell’alleanza mondiale Skyteam, promossa da Delta e Air France-Klm, che gli costa una sconsidera­ta riduzione di circa il 30% della sua capacità di lungo raggio. Avviene mentre le maggiori compagnie fanno l’esatto contrario e dopo aver inaugurato il secondo hub a Malpensa.

Intanto, mentre Alitalia ridimensio­na il lungo raggio, i low cost entrano in massa nel medio-breve raggio: trovano facile accoglienz­a e condizioni favorevoli, se non vere e proprie sovvenzion­i nel gran numero di aeroporti minori, privatizza­ti, che le ospitano. Nel frattempo viene anche chiusa l’Iri, promotore e controllor­e storico di Alitalia, e la proprietà passa direttamen­te al Tesoro che non ha alcuna competenza industrial­e utile. Decollano pertanto le perdite e il governo Prodi avvia a fine 2006 la privatizza­zione, ma all’inizio del 2008 la strana alleanza tra sindacati e centrodest­ra fa fallire la generosa offerta d’acquisto di Air France e genera in vitro i Capitani coraggiosi, i quali attuano lo sconsidera­to piano Fenice, il primo di tanti basato sulla contrazion­e espansiva, secondo cui mandando a casa il personale (6 mila dipendenti ma quasi 9 mila includendo i precari) e tagliando (del 40%) la flotta, si attuerà una miracolosa crescita in stile ‘pani e pesci’ del traffico e dei ricavi.

Per non farsi mancare nulla i Capitani trovano il coraggio di tagliare ulteriorme­nte il lungo raggio, concentran­dosi sui voli domestici proprio alla vigilia del completame­nto dell’alta velocità ferroviari­a. Dopo il decollo dei Capitani la flotta di lungo raggio sarà la metà esatta di quella lasciata dall’Iri. Alla vigilia di Natale del 2012 il dimissiona­rio governo Monti sottoscriv­e uno sconsidera­to contratto di programma che permette di finanziare lo sviluppo futuro dell’aeroporto di Fiumicino attraverso aumenti tariffari stellari a carico dei suoi utilizzato­ri correnti, di cui il principale – che pesa per oltre il 40% del traffico – si chiama Alitalia. Esso dovrà far fronte ai nuovi livelli tariffari con proventi declinanti per effetto della crescente concorrenz­a low cost.

NEL 2014, con Alitalia in una nuova prevedibil­e crisi e disavanzi fuori controllo, arrivano gli Emiri coraggiosi di Etihad con un dichiarato piano di rilancio di lungo raggio che però non realizzano, limitandos­i al ridimensio­namento del breve. Pertanto Alitalia si riduce ancora assieme al suo personale. E ogni volta che avviene, regala passeggeri di breve raggio ai low cost e di lungo raggio ai grandi hub europei. Rapidament­e travolti a loro volta dalle perdite, Etihad presenta nei primi mesi del 2017 un nuovo piano di contrazion­e espansiva, lacrime e sangue per i lavoratori che i medesimi, non essendo masochisti, respingono in massa nel referendum. Il 2 maggio gli azionisti privati si arrendono e nazionaliz­zano Alitalia, consegnand­one le chiavi al governo e chiedendo l’amministra­zione straordina­ria, non prima di aver designato in continuità quelli che dovranno esserne i commissari straordina­ri.

Il governo coraggioso presta 900 milioni, più di tutti quelli sborsati complessiv­amente dai Capitani del 2008 e dagli Emiri del 2014, ma senza chiedere ai commissari di ristruttur­are l’azienda e riportarla alla competitiv­ità. Dovranno limitarsi a venderla entro pochi mesi, un obiettivo che non conseguono in oltre due anni e mezzo. Nel 2017 A

I TRE ERRORI INDUSTRIAL­I La mancata aggregazio­ne con Klm, il progetto Malpensa 2000 e l’ingresso nell’alleanza Skyteam

litalia poteva solo essere risanata o chiusa, non certo venduta, in quanto nessun attore di mercato mette la sua liquidità in un secchio di cui non son stati chiusi i buchi. Risanarla sarebbe stato meno costoso che chiuderla ma non è stata fatta nessuna delle due cose, adottando in questo modo la soluzione più costosa delle tre. La storia di Alitalia dagli anni ‘90 è un manuale di come non si gestisce una compagnia aerea e non si fa politica industrial­e, meritevole di essere adottato in tutte le scuole mondiali di management e di politiche pubbliche.

DAL SUCCESSO AL FLOP Dagli inizi del 2000 a oggi sono state tagliate le rotte di lungo raggio a vantaggio di low cost e grandi hub europei

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 ??  ?? Gilberto Benetton Atlantia, della famiglia Benetton, con Fs avrebbe dovuto formare una parte del consorzio per acquisire Alitalia
Gilberto Benetton Atlantia, della famiglia Benetton, con Fs avrebbe dovuto formare una parte del consorzio per acquisire Alitalia
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Roberto Colaninno Nel 2008 fa parte dei capitani coraggiosi chiamati da Berlusconi
IPROTAG ONISTI Roberto Colaninno Nel 2008 fa parte dei capitani coraggiosi chiamati da Berlusconi
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L’ad di Etihad nel 2014 acquisisce il 49% di Alitalia
James Hogan L’ad di Etihad nel 2014 acquisisce il 49% di Alitalia
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