Chi ha ucciso Diabolik ha sparato al nuovo re della droga Capitale
ROMA Cinquantuno arresti. L’ex leader degli Irriducibili Lazio al vertice dell’organizzazione
Fabrizio Piscitelli informato da Claudio Lotito circa le microspie installate dalla polizia giudiziaria nella sua abitazione e in quella del suo sodale Fabrizio Fabietti. L’ipotesi è contenuta nelle carte delle indagini della Dda di Roma – condotta dal procuratore facente funzioni di Roma Michele Prestipino e della sostituta Nadia Plastina – e dei finanzieri del Gico, che hanno portato allo smantellamento del “Grande raccordo criminale” di Roma, una delle più “potenti, ricche e spregiudicate organizzazioni criminali operanti nella capitale nel traffico di droga”, il cui leader del gruppo ultras degli Irriducibili Lazio – ucciso il 7 agosto scorso – era a capo. Il coinvolgimento del presidente della Ss Lazio, non indagato, è marginale e legato a una conversazione fra “Diabolik” e Fabietti del 15 marzo 2018, in cui il primo diceva di aver appreso la circostanza dal patron biancoceleste. Lotito, contattato dal Fatto, non commenta la vicenda definendola “assurda e infondata”.
LA CIRCOSTANZA potrebbe avere un peso anche nell’episodio dell’omicidio di Piscitelli. Le indagini per le quali erano state autorizzate le intercettazioni ambientali, infatti, portarono a una serie di arresti, operati il 21 maggio 2019, ai danni di 18 persone, fra cui Marco Turchetta, altro sodale di Piscitelli, e Vincenzo Senese, a sua volta figlio del boss casalese Michele detto O’ pazzo, al 41bis dal 2013 e sotto la cui ala protettiva Piscitelli “era cresciuto in senso criminale”. Pochi giorni dopo la completa chiusura delle indagini, Diabolik verrà ucciso su una panchina al Parco degli Acquedotti a Roma.
A capo dell’organizzazione criminale c’erano appunto Piscitelli e Fabietti. In totale 58 indagati (51 misure cautelari). Diabolik, grazie alla sua “caratura criminale” e alla fama guadagnata dal suo ruolo di leader degli ultras biancocelesti, era una sorta di garante del gruppo e si occupava soprattutto del recupero crediti. Per gli inquirenti, il “broker” era con una società a Dubai, capace di bypassare le intercettazioni telefoniche degli inquirenti, che per questo ricorrono alle ambientali. La tecnologia “Kilen Plus” trasferisce i dati su server negli Emirati Arabi Uniti, e quando gli inquirenti si “bevono” (arrestano) uno dei sodali, per evitare che il telefonino finisca in mano agli investigatori, Telich era capace di resettare in remoto i dati trasmessi. Uno di questi telefonini era in mano a Renato De Giorgi, detto “il pugliese”, arrestato in Grecia nel marzo 2018 per traffico di droga e poi estradato in Italia. Il cellulare finisce in mano alle fiamme gialle, ma Telech rassicura i suoi: “Non possono entrare è tutto cifrato, è una lotta, stiamo lottando”.
ANCHE TELICH è membro degli Irriducibili Lazio, come Ettore Abramo detto “Pluto” e Aniello Marotta, i “picchiatori” che avevano il compito di “massacrare” chi non si fosse adeguato al sistema e mantenere “l’onore criminale”, circostanza che conferma come il ruolo di capi ultras abbia agevolato gli affari criminali. Insieme a loro anche Kevin Di Napoli detto “il pugile” e Andrea Ben Maatug detto “il pischello”: i due si presentavano dai debitori travestiti da poliziotti, “con pettorine e distintivi in uso alla Polizia di Stato” per poi pestare chi non pagava. “Mirko lo ammazza… lo deve mandare all’ospedale, lo devi squartà… a mezzanotte come rientra dentro casa”. “Vabbe’ spariamogli, che dobbiamo fare?”, dice a Diabolik.
Fra le 50 persone arrestate ci sono Leopoldo ed Emanuele Cosentino, nati a Palmi ma trapiantati nella capitale, legati della cosca “Gallico” e già indagati per aver favorito la latitanza di esponenti della ‘ndrangheta dei Bellocco, circostanza non irrilevante visto il legame fra il gruppo di Piscitelli e il clan senese. E poi i clan locali degli “zingari”: Sabatino e Abramo Di Guglielmo, imparentati con i Casamonica, anche loro arrestati, e la presenza di un “prestanome” legato al clan Spada di Ostia. Grazie a questi agganci, secondo gli inquirenti Fabietti aveva maturato contatti a Medellin, in Marocco e si stava aprendo un nuovo mercato a Fondi, nel basso Lazio.
Il clan aveva reinvestito in droga parte dei proventi, mantenendo sempre una piccola parte da destinare alle spese legale a beneficio degli associati, o sovvenzioni per i sodali detenuti. Negli Emirati, sospettano gli inquirenti, potrebbe invece esserci una parte dei proventi economici del clan: l’inchiesta ha permesso di bloccare in tempo un trasferimento di 380 mila euro che Sestina Fabietti, sorella di Fabrizio e arrestata, stava inviando a Dubai.
UN INDGATO A PISCITELLI Mirko lo ammazza… lo deve mandare all’ospedale, lo deve squartà… come rientra dentro casa Vabbe’ spariamogli, che dobbiamo fare?
Il leader della curva informato da Lotito sulle microspie nella sua abitazione e in quella del suo sodale L’IPOTESI INVESTIGATIVA
UN DIALOGO TRA DUE ARRESTATI Chi ti deve dare i soldi? Dimmi i nomi, ci andiamo subito. Noi non ci andiamo che ci mandano carcerati Oh ma lo hanno massacrato eh?