Il Congresso Usa è pro dissidenti, la Cina minaccia “ritorsioni”
Gli Stati Uniti fanno un passo avanti con l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act per sostenere le proteste che da maggio vedono attivi i gruppi pro democrazia e la Cina si arrabbia. Pechino avvisa: è pronta a p re nd er e “decise c on tr om is ure” contro Washington dopo che il presidente Donald Trump ha firmato la legge a sostegno dei manifestanti. Oltre alla verifica annuale sullo stato dell’autonomia e delle libertà di Hong Kong, necessaria per mantenere lo status di partner commerciale privilegiato, c'è anche il divieto di vendita di lacrimogeni, proiettili di gomma e di tutto quanto possa essere utile alle forze di sicurezza per stroncare le proteste. Previste anche sanzioni verso esponenti di governo. In realtà è stato il Congresso a forzare la mano al presidente: in una dichiarazione, Trump ha parlato di “rispetto” per il presidente cinese Xi Jinping e ha affermato di sperare che “i leader e i rappresentanti di Cina e Hong Kong saranno in grado di risolvere amichevolmente le loro differenze”. Dichiarazione che non ha attutito la reazione di Pechino. La Cina ha convocato, per la seconda volta, l’ambasciatore Usa Terry Branstad chiedendo la fine delle interferenze di Washington. Il vice ministro degli Esteri Le Yucheng ha detto che le azioni americane “possono danneggiare ulteriormente le relazioni bilaterali”.
Sul fronte dello scontro fra dissidenti e polizia, ieri gli agenti sono entrati al Policlinico dove per giorni c’è stata una battaglia fra i giovani asserragliati e le forze di sicurezza. Ormai tutti erano andati via, tranne una ragazza malata. A Roma, in Senato, Joshua Wong, uno dei leader delle proteste è intervenuto in video. Wong ha ribadito di essere “rimasto deluso dall’indi fferenza del ministro degli Esteri Luigi Di Maio sulla situazione dei diritti umani a Hong Kong. La mia richiesta è che l’Italia rimanga fedele alle promesse fatte all’Unione europea: non incoraggiare mai le violazioni dei diritti umani”.