Racket di finte adozioni e bimbi comprati
Neonati ceduti dalle mamme dietro pressioni finivano anche a famiglie italiane
i bambini coinvolti nel racket delle adozioni illegali quelli che sono stati affidati a famiglie italiane in modo illegale
Il
servizio di sicurezza di Yerevan, alcuni malviventi locali, una trentina di famiglie italiane: tutti nella stessa trama, insieme a molti bambini. Loro erano vittime inermi: appena nati o ancora in culla nei reparti maternità, dove le infermiere non esitavano a stringere patti e mani, ottenere tangenti in cambio di favori per cedere bambini ai delinquenti in cambio di soldi. Lo stupore e l’indignazione dei cittadini armeni monta ma sono pochi i dettagli forniti dagli inquirenti.
“DUE CITTADINI am en i hanno usato i loro contatti in ospedali e orfanotrofi per organizzare l’adozione di più di 30 bambini armeni destinati a cittadini italiani violando profondamente la legge armena” ha reso noto l’Nss, Servizio Sicurezza nazionale del Paese. Con un documento ufficiale che ne certificava l’ab b a n do n o oppure con finte diagnosi di malattie, dopo la nascita, gli infanti venivano ceduti in maniera illegale alle famiglie richiedenti. I criminali avrebbero anche interferito nei processi d’ad ozione delle famiglie armene per favorire quelle straniere. È l’ultima storia che scuote la società civile, una tela intricata percorsa dalle autorità, che adesso occupa i titoli della stampa del Paese intenta a seguire la pista italiana.
IL CASO RIGUARDA “numerosi casi” di bambini adottati in maniera illecita dal 2016 al 2018: in totale si tratta di 54 minori che oggi si troverebbero in Europa e negli Stati Uniti. Secondo il servizio di sicurezza armeno, di loro 30 sono stati adottati da famiglie italiane. La scia di questa indagine i giornalisti armeni l’avevano cominciata a seguire mesi fa, finendo nei vicoli ciechi delle informazioni riservate. Qualche reporter ha suggerito l’ipotesi del traffico di organi, una supposizione subito messa a tacere dal segretario del servizio di sicurezza Armen Grigorian: “Non c’è alcuna prova a riguardo, ma vi terremo al corrente”.
Nelle poverissime città dell’ex blocco sovietico, dove le richieste di adozioni dei paesi occidentali hanno raggiunto i loro picchi sin dal crollo dell’Unione Sovietica, non è il primo scandalo che riguarda orfanotrofi, corruzione, abusi e politici. Una dopo l’altra, davanti alle telecamere, tutte le alte cariche del Governo si sono espresse promettendo un pugno durissimo: “Qualsiasi istituzione o clinica che continua ad essere coinvolta in questa rete illegale sarà punita con il pieno uso della legge” ha detto il ministro della salute del Paese, Arsen Torosian. Parte della stampa nazionale contraddice l’altra metà che riporta di donne in stato di severa povertà messe a tacere nel caso avessero reso pubblica la loro gravidanza, o di altre sottoposte a pressione psicologica per cedere il bambino appena nato. Alcune sarebbero state avvicinate in cliniche per l’aborto: “Almeno una dozzina”, secondo le autorità, sarebbero state convinte a continuare la gravidanza in cambio di soldi e poi costrette a firmare documenti per l’invio dei nascituri agli orfanotrofi del Paese, più volte denunciati dai report di Human Right Watch. A loro volta i dirigenti dei centri avrebbero favorito le adozioni internazionali.
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