Il Fatto Quotidiano

Racket di finte adozioni e bimbi comprati

Neonati ceduti dalle mamme dietro pressioni finivano anche a famiglie italiane

- » MICHELA A.G. IACCARINO

i bambini coinvolti nel racket delle adozioni illegali quelli che sono stati affidati a famiglie italiane in modo illegale

Il

servizio di sicurezza di Yerevan, alcuni malviventi locali, una trentina di famiglie italiane: tutti nella stessa trama, insieme a molti bambini. Loro erano vittime inermi: appena nati o ancora in culla nei reparti maternità, dove le infermiere non esitavano a stringere patti e mani, ottenere tangenti in cambio di favori per cedere bambini ai delinquent­i in cambio di soldi. Lo stupore e l’indignazio­ne dei cittadini armeni monta ma sono pochi i dettagli forniti dagli inquirenti.

“DUE CITTADINI am en i hanno usato i loro contatti in ospedali e orfanotrof­i per organizzar­e l’adozione di più di 30 bambini armeni destinati a cittadini italiani violando profondame­nte la legge armena” ha reso noto l’Nss, Servizio Sicurezza nazionale del Paese. Con un documento ufficiale che ne certificav­a l’ab b a n do n o oppure con finte diagnosi di malattie, dopo la nascita, gli infanti venivano ceduti in maniera illegale alle famiglie richiedent­i. I criminali avrebbero anche interferit­o nei processi d’ad ozione delle famiglie armene per favorire quelle straniere. È l’ultima storia che scuote la società civile, una tela intricata percorsa dalle autorità, che adesso occupa i titoli della stampa del Paese intenta a seguire la pista italiana.

IL CASO RIGUARDA “numerosi casi” di bambini adottati in maniera illecita dal 2016 al 2018: in totale si tratta di 54 minori che oggi si troverebbe­ro in Europa e negli Stati Uniti. Secondo il servizio di sicurezza armeno, di loro 30 sono stati adottati da famiglie italiane. La scia di questa indagine i giornalist­i armeni l’avevano cominciata a seguire mesi fa, finendo nei vicoli ciechi delle informazio­ni riservate. Qualche reporter ha suggerito l’ipotesi del traffico di organi, una supposizio­ne subito messa a tacere dal segretario del servizio di sicurezza Armen Grigorian: “Non c’è alcuna prova a riguardo, ma vi terremo al corrente”.

Nelle poverissim­e città dell’ex blocco sovietico, dove le richieste di adozioni dei paesi occidental­i hanno raggiunto i loro picchi sin dal crollo dell’Unione Sovietica, non è il primo scandalo che riguarda orfanotrof­i, corruzione, abusi e politici. Una dopo l’altra, davanti alle telecamere, tutte le alte cariche del Governo si sono espresse promettend­o un pugno durissimo: “Qualsiasi istituzion­e o clinica che continua ad essere coinvolta in questa rete illegale sarà punita con il pieno uso della legge” ha detto il ministro della salute del Paese, Arsen Torosian. Parte della stampa nazionale contraddic­e l’altra metà che riporta di donne in stato di severa povertà messe a tacere nel caso avessero reso pubblica la loro gravidanza, o di altre sottoposte a pressione psicologic­a per cedere il bambino appena nato. Alcune sarebbero state avvicinate in cliniche per l’aborto: “Almeno una dozzina”, secondo le autorità, sarebbero state convinte a continuare la gravidanza in cambio di soldi e poi costrette a firmare documenti per l’invio dei nascituri agli orfanotrof­i del Paese, più volte denunciati dai report di Human Right Watch. A loro volta i dirigenti dei centri avrebbero favorito le adozioni internazio­nali.

I numeri

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Cliniche compiacent­i Arsen Torosian, ministro della Salute punta il dito sulle strutture

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