Il Fatto Quotidiano

Google & C. eludono il fisco? Vanno solo ringraziat­e

- » MARCO PALOMBI

Tutti dovremmo ringraziar­e i giganti del web, di cui ieri abbiamo letto che riescono a nascondere 50 miliardi di profitti l’anno nei paradisi fiscali e, nella piccola Italia, a pagare solo 60 milioni di tasse (e si parla solo dei profitti, perché c’è pure chi riesce a eludere miliardi di Iva intermedia­ndo servizi fisici). Grazie a questo enorme spostament­o di ricchezza, poi, Google, Microsoft, etc. sono strapiene di liquidità, che investono con larghezza in prodotti finanziari tipo titoli di Stato o azioni. Risultato: ormai pesano quanto banche e fondi d’investimen­to e, quindi, quando si di ceche“I Mercati” vogliono questo o quello si può pensare pure al filantropo Bill Gates. Ora, le multinazio­nali del web fanno quello che hanno sempre fatto le multinazio­nali – pagare meno tasse possibile grazie a legislazio­ni di favore - ma portano questa pratica all’eccesso: la manifattur­a deve avere sedi fisiche, reti di vendita, dipendenti e dunque rapporti coi territori; le “websoft” sono ovunque e in nessun luogo. E bisogna ringraziar­le, perché il paradosso di una ricchezza che si ritiene apolide (e come tale soggetta al fisco di nessun Paese, se non quello che gli fa il prezzo migliore) svela la contraddiz­ione di fondo di un mondo coi soldi senza passaporto: senza controlli sui capitali, non ci sono politica o istituzion­i funzionant­i, non c’è democrazia costituzio­nale, non c’è “fondata sul lavoro”, né “rimuove gli ostacoli” e le altre belle cose di cui si riempie la bocca anche chi non capisce che in guerra, anche quella per i diritti di cittadinan­za, ci si va armati.

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