Balle di giornata
Da un po’ di tempo i giornaloni hanno smesso di menarla con le fake news. Forse perché si sono ripresi il monopolio in esclusiva.
1. Per tre anni hanno raccontato che ogni nave di Ong ha il diritto di sbarcare sempre e comunque in un Italia e che lo Stato italiano, e soltanto esso, ha il dovere di aprire i suoi porti, anche se non sono i più vicini al luogo del salvataggio o del rilevamento del carico umano. Pazienza se la Corte dei diritti dell’uomo, interpellata da Carola Rackete, le diede torto: lo Stato italiano ha il dovere di assicurare l’incolumità e la salute dei migranti e di accogliere i malati o in pericolo di vita, ma non di farli sbarcare tutti. Niente, hanno continuato a ripetere la fake news fino all’altro giorno, quando il Tribunale dei ministri di Roma ha prosciolto Salvini e i funzionari del Viminale sul caso della nave Alan Kurdi dell’Ong tedesca Sea-Eye: “Lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio”, cioè quello di cui la nave batte bandiera. In quel caso, la Germania. Non la solita Italia.
2. Sul Mes, o fondo Salva-Stati, Repubblica riesce a titolare a tutta prima pagina: “Di Maio&Salvini, ritorno di fiamma”. Un modo come un altro per non mettere in prima una sola sillaba sullo scandalo Open che leva il sonno all’ex beniamino della ditta. Ma anche una scemenza sesquipedale, visto che al Mes si oppone tutta la sinistra europea. Tant’è che ieri, sul sito di Repubblica, si potevano leggere l’uno sull’altro due titoli vagamente schizofrenici: “S a lva-Stati, il M5S e Leu sulla stessa linea” e“Di Maio e Di Battista riportano a destra il M5S”. I 5Stelle contemporaneamente di sinistra e di destra. Non è meraviglioso?
3. Solita emergenza rifiuti a Roma: solita perché gli impianti mancano dalla chiusura della discarica di Malagrotta nel 2012. E soliti titoli sulla sindaca Raggi colpevole di tutto, addirittura “commissariata” (il solito Messaggero ). Peccato che i sindaci siano competenti solo sulla raccolta: gli impianti sono affare delle Regioni. Sul Lazio regna dal 2013 la giunta Zingaretti, che in sei anni è riuscita a non varare un nuovo piano rifiuti: è ferma al piano Polverini del 2012 (quando Malagrotta era aperta). E ora chiude la discarica di Colleferro, ancora capiente per un anno, e lancia ultimatum alla Raggi per impreziosire la Capitale con 15 siti di ecoballe. Ora, la Commissione Ue ha appena scritto al governo per minacciare una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia. Secondo i giornaloni, è una “bacchettata” e una “strigliata al Comune e alla Regione”.
Ecoballa
sesquipedale. Il j’accuse è tutto per la Regione: “Se esiste una sovracapacità di trattamento meccanico-biologico (tmb) disponibile in Regione, perché si sono verificati episodi di mancata raccolta dei rifiuti a Roma”? “Quali misure ha adottato la Regione per evitare il ripetersi di simili problemi in futuro?”. “Entro il 2025 la Regione esaurirà la capacità di discarica necessaria per accogliere i rifiuti residui dagl’impianti tmb”. “La Regione Lazio continua a raccogliere rilevanti quantità di rifiuti urbani indifferenziati”. E ilComune? Mai citato. Quindi è colpa della Raggi.
4. Alla Rai, tanto per cambiare, i partiti litigano sulle nomine: il Pd, che già controlla Rai3 e Tg3 gentilmente offerti dai feroci censori giallo-verdi, vorrebbe piazzare al Tg3 Moiro Orfeo, già caporedattore di Repubblica (De Benedetti), direttore del Mattino e del Messaggero (Caltagirone), del Tg2, del Tg1 e infine dell’intera Rai, dove completò le epurazioni renziane lasciate a metà da Campo Dall’Orto: dopo Giannini, accompagnò alla porta la Gabanelli e Giletti. Ora Di Maio, che ha vinto le elezioni senza piazzare finora un solo direttore di fede 5Stelle (solo indipendenti come il dg Salini, il direttore del Tg2 Freccero e quello del Tg1 Carbone), è accusato di essere “esattamente come quelli di prima”, un “nuovo lottizzatore”. E non perché vuole promuovere a Rai3 Franco Di Mare (quello che faceva marchette ai Pampers). Ma perché ritiene che Orfeo sia troppo. E da che pulpito viene la predica? Da Repubblica, le cui battaglie contro la renzizzazione della Rai nel 2014-2018 sfuggono ai più, come quelle contro le epurazioni di Giannini, Gabanelli e Giletti e la cacciata di Bianca Berlinguer dal Tg3 per leso renzismo. Per Sebastiano Messina, chi si oppone al ritorno di chi trasformò la Rai in TeleRenzi è “un inquisitore che diventa malandrino”. Che nostalgia della Rai pluralista con tre reti su tre e tre tg su tre renziani! Ah la bella succursale di Repubblica , che ingaggiava Francesco Merlo (240mila euro l’anno) e Carlo Verdelli ( 300mila) nella fantomatica “Direzione per l’offerta informativa”! Quelli sì erano tempi! E non tornano più. Forse.
5. Su La Stampa, Mattia Feltri commenta da par suo lo scandalo Open. “Renzi è il più garantista del mucchio, gliene si dà merito”: dicesi “garantista” chi insulta i magistrati che indagano sui suoi cari e minaccia con cause civili chi dà notizie sulle indagini; ergo – Renzi non ce ne voglia - il padre del garantismo non è Cesare Beccaria, ma Cesare Previti o, a scelta, Marcello Dell’Utri e Silvio B. “Senza partiti non c’è democrazia”: purtroppo, per la Costituzione, i partiti sono solo uno degli strumenti con cui i cittadini possono “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (sul “metodo democratico” sorvoliamo: dal 1948 si guardano bene dal darsi una personalità giuridica). “Populista è chiunque in questi anni si sia battuto, fino a ottenerla, per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti”: ma ad abolire il finanziamento pubblico fu il 90,3% degli elettori nel referendum radicale del 1993. Dunque è il popolo che è populista.