“Così in Cambridge Analytica si lavorava per non far votare”
Brittany Kaiser L’ex dipendente dell’azienda che ha manipolato i dati da Facebook per condizionare le elezioni
La storia raccontata da chi in Cambridge Analytica ha lavorato per tre anni e mezzo come business director. “Il mio unico rimpianto? Non aver capito prima cosa stesse succedendo”. Brittany Kaiser, texana di 33 anni si definisce una w h i s t l e b l ower, ma la sua testimonianza arriva dopo le rivelazione dell’ex dipendente, Christopher Wylie. Ha però testimoniato di fronte al Congresso per aiutare a ricostruire cosa sia successo nella campagna elettorale di Trump del 2016, quando la società Cambridge Analytica è stata accusata di aver utilizzato dati sottratti illegalmente agli utenti di Facebook per pilotare l’esito delle elezioni. Il suo libro “La dittatura dei dati” è in libreria anche in Italia ( Sperling&Kupfer).
Brittany, ha iniziato lavorando alla campagna di Obama. Poi però è passata anche per Bannon e Kellyanne Conway. Chiaramente era lavoro, per lei. Ma in origine, perché è andata in Cambridge Analytica? Stavo scrivendo la tesi del mio dottorato di ricerca, incentrata sulla “diplomazia preventiva”, su come presidenti, primi ministri e ambasciatori possano ricevere informazioni che gli permettano di intervenire sulle situazioni prima che diventino violente e oppressive. Mi si è allora posta la questione: dove e come prendere quei dati? Nessuno mi aveva ancora insegnato nulla sulle analisi predittive. In Cambridge Analytica in pochissimo tempo ho imparato più di quanto avrei mai potuto immaginare sull’industria dei nostri dati e su come usarli per portare le persone a prendere decisione che forse non avrebbero mai preso autonomamente.
Quando ha capito che qualcosa che non andava?
Un mese dopo la fine della campagna di Trump. A tutti coloro che non avevano partecipato alla c a m p agna, me inclusa, non era concesso sapere cosa veniva fatto con i database durante il periodo di propaganda. Nella lunga presentazione ci mostrarono, ad esempio, che avevano usato i dati per capire che tipo di persone poteva essere persuaso non tanto a votare Trump, quanto a non votare l’avversario. C’era il chiaro intento di allontanarle dal processo politico. E per farlo si diffondono messaggi fuorvianti, costruiti per istillare paura e insicurezza.
E funzionava?
Quando usi i dati per fare queste campagne, i risultati sono immediati e verificabili anche perché la maggior parte dei soldi per la propaganda politica ormai viene spesa online. Puoi misurare qualsiasi cosa: da quanto spesso le persone parlano di te, quali temi li colpiscono, quali guidano le loro azioni, che tipo di interazioni hanno con i contenuti, gli orientamenti di voto. Le persone condividono, scrivono, fanno donazioni. Ti accorgi se la campagna funziona. E se no, aggiusti il tiro. Ecco perché la campagna di Trump è stata così potente. Inoltre, alla fine negli Usa non è tanto importante il numero dei voti quanto la strategia, conta più il “do ve ”. Trump ha vinto grazie a pochi voti in Stati decisivi.
Lei è molto critica nei confronti di Facebook. Perché? Hanno permesso che quei dati fossero presi senza il consenso degli utenti. Senza contare che in Facebook ci sono almeno 4mila sviluppatori che hanno accesso ai dati personali di chiunque. Centinaia di milioni di compagnie vorrebbero metterci le mani sopra. Zuckerberg, poi, nega di avere avuto un ruolo nel problema o di averne in generale: ma è la maggiore piattaforma per la comunicazione al mondo, ha la responsabilità di prendere decisioni etiche. Solo che continua a non farlo e si protegge dietro la libertà di espressione. Pure se falsa o discriminatoria o disinformativa.
Ha rimpianti?
Di non aver capito subito che qualcosa che non andava. Avrei voluto capirlo prima delle elezioni.
Non era certo la prima volta...
No, Cambridge Analytica ha lavorato su moltissime campagne in tutto il mondo. C’è una industria multimiliardaria poco trasparente da cui solo alcune compagnie traggono benefici.
Chi le aiuta?
Il motivo per cui Cambridge Analytica poteva fare ciò che faceva è che c’era una dimensione legislativa assente. Negli Usa puoi comprare i dati di qualsiasi persona che abbia più di 18 anni e farne ciò che vuoi senza il suo consenso. Ma avere accesso legalmente ai dati è un conto, decidere di usarli in modo etico o meno è un altro. E le aziende non prenderanno mai decisioni etiche di loro spontanea volontà. Faranno sempre tutto ciò che possono con i loro dati se serve ad aumentare i loro profitti.
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