I giallorosa prendono tempo: sì all’unione bancaria o si rimanda
Oggi Conte risponderà in Parlamento
Aqualcosa, il dibattito sul Meccanismo europeo di stabilità scatenato in queste settimane dalla Lega e dal M5S potrebbe essere servito: l’Eurogruppo di mercoledì (la riunione dei ministri delle Finanze dell’area euro) potrebbe non scrivere la parola “fine” sulla storia del Trattato che riforma il vecchio fondo salva- Stati. Un percorso che dovrebbe essere condiviso anche dalla rissosa maggioranza giallorosa, che ieri sera ha tenuto un lungo vertice sul tema a Palazzo Chigi (ma senza i renziani, “stanchi di litigi”): l’Italia a Bruxelles rivendicherà la “logica di pacchetto” già contenuta nella risoluzione parlamentare approvata da Lega e 5S il 19 giugno in vista del Consiglio europeo di due giorni dopo, dove in sostanza si definì la forma ormai “non modificabile”- secondo l’attuale ministro dell’Economia - del nuovo Mes. La stessa “logica del pacchetto”, peraltro, citata nel comunicato finale proprio dell’Eurosummit del 21 giugno: questo potrebbe tradursi, se non altro, in un rinvio del via libera al Mes di sei mesi, per il quale tutti i partiti canteranno vittoria.
PER CAPIRE serve un riassunto. Il “pacchetto” contiene tre riforme: quella del fondo salva-Stati appunto, il completamento dell’unione bancaria attraverso una garanzia comune sui depositi (Edis, nell’acronimo inglese) e un nucleo di bilancio comune dell’Eurozona. Quest’ultimo dossier è fermo, l’unione bancaria invece qualche passo in avanti l’ha fatto: dopo la vigilanza unica della Bce sui grandi istituti e il cosiddetto “ba il- in ” che ha terremotato il mondo del credito nel nostro Paese, ora l’Italia chiede la garanzia comune dei depositi, finora osteggiata da Berlino. È su questo, spiegano al Tesoro, che Roberto Gualtieri giocherà la sua partita mercoledì e giovedì a Bruxelles: i tedeschi, infatti, per dare il via libera al cosiddetto “Edis” vogliono un diverso trattamento dei titoli di
Stato in pancia alle banche (non sarebbero più considerati “risk free”) che sarebbe un colpo quasi mortale per gli istituti italiani e per il nostro debito pubblico.
E qui torniamo alla “logica del pacchetto”. Senza un testo sull’unione bancaria accettabile per l’Italia, il ministro Gualtieri mercoledì dirà ai suoi colleghi che non può avallare l’accordo sul Mes: a quel punto la palla passerà al Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre, appuntamento a cui Giuseppe Conte arriverà dopo un dibattito alle Camere (il 10 dicembre) in cui verrà ribadita la necessità che il Parlamento valuti proprio l’intero pacchetto di riforme.
In soldoni, questo dovrebbe comportare lo slittamento del Mes al Consiglio europeo di giugno, consentendo alla maggioranza di poter cantare vittoria: al M5S e LeU di aver fermato un Trattato che non gli piace, al Pd e ai renziani il fatto che alla fine la riforma sarà comunque firmata com’è oggi. Nel frattempo, ma su questo al Tesoro sono meno ottimisti, si potrebbe forse strappare qualche miglioramento agli “addendum” al Trattato sul nuovo Mes: in discussione, ad esempio, ci sono i dettagli applicativi delle Single limb Cacs, clausole che rendono più facile fare default per gli Stati, considerate da molti commentatori un rischio per l’Italia.
Anche se i giallorosa potranno rivendicare qualcosa (ma non la chiarezza su cosa pensano del fondo salva-Stati), questa resta una toppa sul percorso assai poco lineare e trasparente del nuovo Mes, avviato col governo Conte 1 e proseguito col Conte 2. Oggi il premier sarà in Parlamento per un’informativa sul tema (alle 13 alla Camera e alle 15.30 al Senato) in cui dovrà rispondere alle accuse di Matteo Salvini, che gli imputa di aver avallato - insieme all’ex ministro Tria - un testo ormai definitivo contro il mandato della sua maggioranza e del Parlamento: la difesa di Conte sarà sul filo delle parole (“la logica del pacchetto”, appunto, e il fatto che il Mes non è stato ancora formalmente approvato dall’Italia), ma nella sostanza - il che esclude reati fantasiosi tipo “alto tradimento” - le critiche politiche della Lega non sono campate in aria.
IN PARTICOLARE né il Conte 1, né il Conte 2 hanno ottemperato (fino a pochi giorni fa) alla più importante previsione della risoluzione del 19 giugno: l’impegno “a rendere note alle Camere le proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato”. E non vale sostenere - cosa peraltro vera - che il Parlamento, il cui coinvolgimento è previsto per legge, è sempre stato tenuto all’oscuro di quel che si decideva a Bruxelles finché non doveva obbligatoriamente ratificare. Tanto più che ieri Tria ha sostenuto che del Mes “non si è mai parlato in Consiglio dei ministri” e che lui delle trattative non aveva informato i due vicepremier: “Erano vice di Conte, non miei”.
Oggi Conte alle Camere Il premier si difenderà dalle accuse di Salvini, secondo cui ha tradito il mandato parlamentare