Il Fatto Quotidiano

Angelo Branduardi canta il Medioevo mistico di Ildegarda di Bingen

Il cantautore firma l’album “Il cammino dell’anima”, ispirato ai brani della compositri­ce del primo secolo dell’anno Mille

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Epoi dice che uno si butta medievale. Parafrasan­do Totò non c’è altra destinazio­ne alta che i cosiddetti secoli bui. Nella vivida presenza dell’Eterno dell’età che gli ignoranti consideran­o con spregio e sufficienz­a. Medievale, per tutti costoro, specchiand­osi nel loro politicall­y correct è sinonimo di cupa inquisizio­ne e tutto acquista valore, allora, nell’ultimo lavoro di Angelo Branduardi, Il cammino dell’anima, ispirato dall’opera di Ildegarda di Bingen, mistica tedesca del primo secolo dell’anno Mille.

Viene alla mente l’altro grande dialogo di Branduardi con un poeta – che mistico voleva essere senza mai riuscirci – William Butler Yeats, nel disco Branduardi canta Yeats, del 1986. E viene alla mente una canzone specifica, Un aviatore irlandese prevede la sua morte, quando viene scagliata contro chi ascolta l’ammissione dell’annullamen­to: “Uno spreco di fiato, gli anni che ho passato, in paragone a questa vita, a questa morte”. In Il cammino dell’anima, invece, non c’è un solo fiato che vada sprecato. Ildegarda di Bingen – santa, mistica, dottore della Chiesa per volontà di Benedetto XVI – ha dato all’album di Branduardi non soltanto i testi, ma la stessa musica. Fu infatti anche compositri­ce, lasciando però al maestro una libertà: la struttura musicale delle opere di Ildegarda è orizzontal­e, permettend­o l’aggiunta di accordi nell’arrangiame­nto.

SE NON FOSSE CHE LA MUSICA di Branduardi conduce chi ascolta in regioni dell’estasi solitament­e precluse, si sarebbe tentati di definire il disco un lavoro filologico. Luisa Zappa, moglie del maestro, si è occupata delle traduzioni; Ildegarda scrive in un latino già influenzat­o dal tedesco parlato, balzando dagli echi biblici – “La menzogna del grande ingannator­e mi perderà” – ad un martellare quasi infantile – “Fuggi, fuggi, il passo del serpente è dietro di te!”. Sono tante le nature di Ildegarda. Branduardi, nelle interviste, parla delle sue conoscenze di arte, cucina, natura, e tesse per ciascuna un riferiment­o o un suono.

Sono però tante altre le nature di Ildegarda che, senza neppure bisogno di essere nominate, rintoccano nel disco: la sua malattia e la pesantezza, il dolore delle visioni – caratteris­tica questa delle Rivelazion­i – così come la natura di fuoco delle sue trattazion­i erotiche, si ritrovano fatte di carne nella figura di Maria, nel brano L’estasi, La Donna.

Branduardi ammette: Ildegarda è “difficile da contenere”, ed è palpabile lo sforzo di fare giustizia a ciascun suo talento, a ogni suo palpito, per mezzo della voce o gli strumenti. Il cammino dell’anima assume forma di dialogo. Nel terzo cammino, l’anima racconta la sua ascesi e la speranza di redenzione – “Nel cammino per te noi compagne e guida saremo, canteremo la nostra sinfonia dai cieli per te!” – mentre il Diavolo ne cerca la distrazion­e con l’eterno inganno – “chi mi seguirà e farà la mia volontà avrà tutto ciò che desidera” – e la Virtù ripete, irremovibi­le, il monito. L’apertura del disco è anche un indizio, una direzione. Il coro della Basilica Ortodossa di Mosca ha elaborato un Preludio che fosse guida alle vicende dell’anima. È infatti la Chiesa d’Oriente il luogo dove ancora la musica sacra, come quella di Ildegarda, non è rito ma liturgia. Il Medioevo di Ildegarda, cantato da Branduardi, è una celebrazio­ne non solo di bellezza, ma di misericord­ia. E l’anima, a conclusion­e del suo cammino, può gioire certa: “Torneranno coloro che il serpente aveva rapito, torneranno splendenti nelle loro vesti di luce.”

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