La Campania ostaggio dell’eterno De Luca
Nonostante i sondaggi sfavorevoli (32/33%) sarà il candidato del centrosinistra. Troppo potente per rimuoverlo. Il centrodestra si prepara alla spallata con Caldoro (42%). M5S in solitaria con Ciarambino
Ultima ora: in Campania De Luca non si tocca. Sarà lui il candidato del centrosinistra alle prossime elezioni regionali. E questa, ad essere sinceri, non è proprio una novità. Perché i segretari del Pd passano, Vincenzo resta. Da anni i timidi tentativi di rinnovare partito e rappresentanze istituzionali annunciati dai vari leader del Nazareno, si schiantano contro il muro della Campania. “Vincenzo De Luca è il nostro candidato perché è il più forte. E questa è la posizione di tutto il gruppo dirigente”. Fine delle trasmissioni, e dei pochi mal di pancia nel corpo del Pd. A chiudere ogni speranza ai tentativi di superare l’era deluchiana, è Nicola Oddati, membro della segreteria nazionale del Pd e plenipotenziario di Nicola Zingaretti per il Sud. Vincenzo De Luca, eterno sindaco di Salerno, deputato e da un quinquennio governatore, non si tocca. Nonostante i sondaggi, il niet di Gennaro Migliore e le porte sbarrate dei Cinquestelle.
MA ANDIAMO con ordine e cominciamo dai sondaggi. Impietosi per il centrosinistra destinato secondo le previsioni a perdere la terza regione d’Italia. L’ultima rilevazione l’ha commissionata Clemente Mastella, sindaco di Benevento e figura di spicco della Prima e Seconda Repubblica, con l’aspirazione a candidarsi alla guida della sua regione. Il centrodestra unito vincerebbe col 44% se la candidata fosse Mara Carfagna. La quale Mara, però, è stata già bocciata da Silvio Berlusconi che gli ha preferito Stefano C al d o ro , ex governatore, che vincerebbe pure lui, ma col 42, come un Mastella qualsiasi, stimato alla stessa percentuale. E De Luca? Sconfitto, mandato a casa e costretto a lasciare il ponte di comando di Santa Lucia. Un misero 32/33%. Di accordi con il Movimento Cinquestelle che riflettano lo schema dell’alleanza di governo, neppure a parlarne. I grillini campani vedono il governatore come il male assoluto, il concentrato di quello che la classe politica non dovrebbe essere soprattutto nel Sud. E lui ricambia. Di Maio, eletto a Pomigliano, “è un bibitaro”, “un noto sfaccendato”, “una testa di sedano”, insieme a Di Battista e Fico compongono il trio delle “mezze pippe”. Il governo Conte è “un circo equestre, un governo di scappati di casa”. Come si vede non c’è il benché minimo spazio per una ricomposizione (vedi intervista alla consigliera regionale Valeria Ciarambino), nonostante i “retroscena” della stampa napoletana sulla possibilità di accordi ancora possibili.
Su Gennaro Migliore, che gli chiede “un passo indietro”, invece, De Luca è costretto a mordersi la lingua. In altri tempi avrebbe risposto a modo suo facendo felice Crozza. Ma ora no, non può polemizzare col partito di Matteo Renzi, anche perché è sicuro dell’appoggio di Italia Viva, che nel sondaggio citato è quotata al 6%. Come è noto ai conoscitori di uomini, cose e pacchetti elettorali in Campania, l’ex pupillo di Fausto Bertinotti non muove un voto. L’ex eurodeputato Pd Nicola Caputo, eGiovanni Palladino, entrambi passati con Renzi, invece sì. E per De Luca. Il primo è il consigliere delegato per l’agricoltura del “presidentissimo”, il secondo è stato nominato nel cda della Città della scienza.
Ed è proprio questa la forza di Vicienz l’immortale, come lo chiamano a Napoli e dintorni paragonandolo a Ciro, il personaggio di Gomorra la serie: la trasversalità. Unita alla capacità di cambiare casacche ed alleanze. Nel Pd è stato con Veltroni, Fassino, Bersani, Renzi e Martina. A tutti ha teso mani e voti per la vittoria delle loro primarie. Da tutti ha preteso, e ottenuto, l’intoccabilità. Esempio di queste settimane: a Napoli c’è il congresso provinciale del Pd devastato dalle sconfitte, dal calo degli iscritti e dall’eterna storia di primarie farlocche, lui appoggia il giovane Marco Sarracino, candidato “unico”. Per l’illustre sostegno, il giovane deve dire da che parte sta. E lo fa in modo netto: “In Regione si riparte da De Luca”. Fine della storia.
MA È FUORI dal suo partito che Vincenzo offre il meglio di sé. In queste settimane la sua agenda è piena di appuntamenti. Incontra pezzi di Forza Italia, suscitando le preoccupazioni di Sandra Lonar do, moglie di Clemente Mastella e senatrice del partito di Berlusconi, uomini di peso della vecchia Dc come Paolo Cirino Pomicino, stringe accordi con Ciriaco De Mita. Con l’ex presidente del Consiglio dei tempi d’oro, oggi sindaco del suo paesello, si è incontrato pochi giorni fa a Nusco. Esauriti i convenevoli, i fatti; altri 60 milioni stanziati per i progetti in Alta Irpinia, il tradizionale e blindatissimo collegio di De Mita. Soldi, finanziamenti e colpi di genio. Questa l’essenza del potere di Vincenzo De Luca. Vero e moderno leader di quello che lo studioso Isaia Sales chiama “il partito degli occasionisti”. Uomini capaci di trasformare le emergenze, vere o fasulle, in occasioni di spesa pubblica e di consenso. Prendi la sanità. Pochi giorni fa la Conferenza delle regioni ha dato il suo ok all’uscita della Campania dal regime commissariale che durava da un decennio. De Luca, che prima governava Asl e ospedali da commissario governativo, continuerà a farlo, ma da presidente della Regione. Con la differenza che potrà spendere soldi e assumere: 2mila medici e 5mila
DON VICIENZ L’IMMORTALE SEMINA IN VISTA DEL VOTO: 60 MILIONI PER L’IRPINIA, ASSUMERÀ 7 MILA TRA MEDICI E INFERMIERI. PRONTO IL CONDONO PER LE CASE ABUSIVE
infermieri. Il che lo rende euforico. “Abbiamo fatto un lavoro straordinario di risanamento finanziario, e senza tagli. Siamo modello di un altro Sud fatto di concretezza e rigore spartano”. Applausi. Nonostante le condizioni troppo “spartane” di alcuni ospedali, i turni massacranti per medici e infermieri e il “turismo sanitario” dei campani che preferiscono curarsi in altre regioni con una spesa annua di 360 milioni di euro. Altra “occasi one” la lotta all’abusivismo edilizio. O meglio, la sua “normalizzazione”. Con una modifica ad una legge regionale del 2003, si avvia la sanatoria per le case abusive nella “zona rossa” a rischio Vesuvio. Legambiente e Verdi si sono schierati contro, i Cinquestelle pure, ma l’eme ndamento voluto da Pd e Forza Italia è passato a maggioranza. Alla faccia del Vesuvio e della incolumità pubblica. Le persone interessate sono tra le 50 e le 60mila. E sono voti, consenso, la possibilità di vincere. L’importante è creare “l’occasione”. Come per il ”concorsone” alla Regione. In pratica la messa insieme dei posti disponibili nei Comuni, nelle Aziende sanitarie e nelle altre strutture pubbliche che hanno aderito all’iniziativa. Diecimila posti di lavoro a tempo indeterminato, una speranza per le migliaia di giovani disoccupati campani. “Ai quali – dice trionfalmente il governatore – stiamo cambiando la vita col lavoro non con l’assistenza”. Insomma, anche in questo ulteriore giro lo slogan deluchiano sarà quello di cinque anni fa: “Mai più ultimi”. In una Regione dove si campa di promesse può andare bene. Ricordate Renzi e De Luca sulle “ecoballe”, quelle montagne di rifiuti “impacchettati” che devastano il territorio della Campania? “Nell’arco di una consiliatura – giurò Re Vincenzo – questo problema sarà risolto”. Poi il 10 giugno 2016 arrivò Matteo Renzi, e ci mise del suo: “Ripuliremo la Campania in tre anni”. Tutto bello. Tranne la realtà. Le ecoballe erano 5,6 milioni di tonnellate, ne restano ancora 4,3 milioni e per smaltirle tutte bisognerà attendere il 2024. In quanto al “m ai più ultimi”, i dati parlano di una regione a crescita zero, con l’occupazione che cala e 31.400 campani che lasciano la loro terra ogni anno. Braccia e cervelli, quelli del 29,1% dei laureati che ogni dodici mesi prendono il trolley e partono.
DATI, NUMERI di disastri sociali più forti del “ce s ar ismo” deluchiano. La Campania arretra e si appresta a giocare “la bella”, come chiamano l’eterno scontro tra De Luca e Caldoro. Tanta acqua è passata sotto i ponti della politica italiana, ma loro sono ancora lì. Elezioni regionali 2010: Caldoro 54,25%, De Luca 43,04. 2015 De Luca 41,15%, Caldoro 38,38, sconfitto per poco più di 66mila voti. Ora si aspetta il terzo round. Con i sondaggi che danno per sicuro vincente il pupillo di Berlusconi e con centrosinistra e Cinquestelle ko. “È De Luca – ha scritto in un recente articolo su Il Mattino Isaia Sales – il macigno da rimuovere lungo la strada di una possibile strategia di arresto dell’ avanzata leghista nelle regioni meridionali per formare una coalizione potenzialmente vincente. L’unica possibilità di una politica competitiva in Campania è l’alleanza con i Cinque stelle ”. Così non è stato e così non sarà. Se si potesse mettere una lapide sulle sconfitte elettorali, nel caso della Campania bisognerebbe scrivere il seguente epitaffio: “A Nicola Zingaretti al quale mancò il coraggio”.
I suoi risultati Lascia una terra con crescita zero, occupazione in calo e 31.400 campani che se ne vanno