Il Fatto Quotidiano

TERRORE A LONDON BRIDGE, IL CORAGGIO CHE CI MANCA

L’ATTENTATO Un lupo solitario ha colpito in un luogo affollato, ma stavolta la reazione degli inglesi ha fatto la differenza: impariamo da loro

- » MASSIMO FINI

Scrivevamo sul Fa tt o del 16 novembre ( L’Isis è oramai un’e p i d emia mondiale): “C hi pensava che l’Isis fosse stato definitiva­mente debellato con la cancellazi­one del territorio dello Stato islamico a Raqqa e a Mosul grazie al coraggio dei peshmerga curdi, con l’aiuto però determinan­te dell’aviazione americana, si faceva delle pericolose illusioni”.

PURTROPPO siamo stati facili profeti come ci dice l’attentato di Londra. È del tutto improbabil­e che in questo caso l’attentator­e abbia agito in coordinazi­one con lo Stato islamico, ne ha subìto però le suggestion­i. Dall’attacco alle Torri Gemelle il valore simbolico dell’atto, come osservò Jean Baudrillar­d, supera in potenza la realtà dell’atto stesso, si tratti di tremila morti come alle Torri o di tre come venerdì a Londra. Da allora nei Paesi occidental­i, i cui abitanti erano abituati a ruminare una vita tranquilla, si vive in uno stato di perenne inquietudi­ne (“qui chi non terrorizza, si ammala di terrore”). Significat­ivo è l’obbiettivi scelto dal jihadista improvvisa­to: l’affollatis­simo London Bridge nel giorno del Black Friday. È ovvio che gli attentator­i scelgano i luoghi più affollati perché più facile è colpire. Ma non c’è solo questo. Gli jihadisti vogliono colpire la nostra way of life, il nostro consumismo, i nostri divertimen­ti, i nostri giorni di festa. Credo che nella mente dello jihadista solitario di cultura musulmana si agiti questo pensiero: per anni avete vissuto tranquilla­mente mentre ci bombardava­te senza pietà facendo centinaia di migliaia di morti. Bene. Adesso la Festa è finita, al vostro terrore rispondiam­o col terrore. Ma nel caso di London Bridge c’è anche un’importante e incoraggia­nte novità: i cittadini inglesi, invece di comportars­i come pecore e scappare, com’era avvenuto in tutte le altre occasioni simili, hanno aggredito e stoppato l’a ttentatore. È stato rincuorant­e vedere uno di questi passanti, uno qualunque, tenere in mano il coltello strappato all’attentator­e prima di consegnarl­o alla polizia. Un’azione che, se forse è troppo definire eroica, è troppo poco definire coraggiosa perché nessuno poteva sapere se la “cintura esplosiva” era falsa o invece autentica e in grado di far saltare in aria tutti quelli che stavano nelle vicinanze. Ma gli inglesi sono inglesi, un popolo a cui, nel bene e nel male, non è mai mancato il coraggio. È agli inglesi, più che agli americani o ai russi, che dobbiamo la sconfitta del nazismo.

A DUNKERQUE, in stato di grandissim­a difficoltà di fronte alla possente avanzata delle armate di Hitler, in quel momento più forti e più motivate, riuscirono a ritirarsi con ordine, senza panico. Sotto l’infuriare delle V2, il re Giorgio VI rimase ostentatam­ente a Buckingham Palace per dare un esempio ai suoi sudditi. E Winston Churchill quando divenne Primo ministro all’inizio della guerra chiudeva il proprio discorso, riprendend­o quello di Catilina ai soldati prima della battaglia decisiva di Pistoia, così: “Vi prometto solo lacrime e sangue”. Questo è un popolo. Cerchiamo, almeno nella lotta senza quartiere col terrorismo internazio­nale, di prenderne esempio.

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