Il Fatto Quotidiano

L’avvocato Giuseppe e la sfinge Giggino, il lungo addio tra acronimi e Pinocchi

Gli schiamazzi della destra fanno più rumore a causa dei banchi grillini vuoti

- » ANTONELLO CAPORALE

Mes

e Cacs, single limb, sub agg regaz ione . Luigi Di Maio è ostaggio degli acronimi con i quali invece Giuseppe Conte inveisce allegramen­te contro Matteo Salvini, “resistente allo studio”. Lo fa nel modo solito, con la pochette ottimament­e riposta, i capelli ordinati, la cravatta senza sbalzi e un umore che all’una, l’ora in cui si presenta alla Camera, pare solido.

È DI MAIOche preoccupa, l’alleato che sembra però ex, l’amico oggi sfinge: non un segnale col capo, un cenno di approvazio­ne, un sostegno, un sorriso. Tutt’altra storia, e altra postura, di quella che tiene Roberto Gualtieri, il ministro dell’Economia, super carico quando il premier mitraglia contro gli operai della “disinforma­zione”, “occultator­i di verità”: “Ecco i passaggi nelle commission­i prima, terza, quatto rd ic es im a. .. poi ecco, le ho segnate, le date delle riunioni a palazzo Chigi sul tema, almeno quattro tra dicembre e giugno scorso, e poi, ecco, la riunione del comitato int e r pa r l a m en t are, ah ecco i consigli dei ministri”.

Tutti sapevano, tutti concordi, nessuno fiatò, rammenta Conte, che punge con le parole e alza di mezzo tono il volume e sembra il replay di ciò che accadde il 20 agosto scorso quando Salvini lo trascinò in Parlamento per suonarlo e rimase suonato.

L’aula ascolta in silenzio, si levano solo le braccia, che in modo disordinat­o Claudio Borghi, il leghista che odia più di ogni altro l’Europa e la sua moneta, si porta tra i capelli: “Vergognati, vergognati”, dice con grande sdegno.

Tutti sapevano, ripete l’uomo con la pochette. E qui il volto di Di Maio si fa terreo. Perché si intuisce che anche a lui sono dirette quelle parole, e anche lui non digerisce il Mes e tutto ciò che profuma di Bruxelles.

IL TEMAdegli inganni ai danni dell’Italia è fuoco vivo che ancora arde nei cuori dei pentastell­ati. E il banco del governo oggi infatti sembra un monocolore del Pd. Conte il transforme­r è più di là che di qua. Più vicino a Zingaretti e soci che alla disorienta­ta e avvilita macchina pentastell­ata. E il senso dello straniamen­to, di un vuoto tecnico che infligge al governo l’idea di essere già una composizio­ne di separati in casa, diviene plateale al pomeriggio, quando Conte, dopo aver ascoltato le accuse di Giorgia Meloni (“questo Mes farà mettere le mani nel portafogli­o degli italiani!”) si dirige al Senato, dove l’aspetta Salvini.

Il quale è sottoposto a un rapido e infruttuos­o briefing da parte dei colleghi sapienti del gruppo: Romeo e Caldero

La giornata

Il presidente del Consiglio è pimpante a Montecitor­io ma si spegne a P. Madama

li. I due sottopongo­no al leader in zona Cesarini un bignamino europeo. Che non coglie il senso dell’aiuto tecnico e comizia in libertà: un po’ di Europa matrigna, un po’ di risparmi degli italiani che vanno a farsi friggere se il Conte “traditore” firmerà l’accordo suicida, un po’ di Ilva defraudata, un po’ di Alitalia in ginocchio. Salvini parla dopo che Conte ha riletto, più stanco, le 26 cartelle del discorso già fatto alla Camera.

LA CONCENTRAZ­IONE ne risente perchè il clima, a dispetto delle attese, appare più trasandato. E soprattutt­o appare incredibil­e che circa sessanta senatori dei Cinquestel­le abbiano oggi disertato. “Vede presidente la fiducia che le manca?”, osserva Salvini. È vero. Mancano in tanti, soprattutt­o è sparito Di Maio, sostituito al banco dal ministro Patuanelli, che pure appare depresso...

I cinquestel­le sono i senatori Malavoglia. Mentre il gruppo della Lega è tonico, ambisce a soluzioni teatrali e infatti, anche grazie alla partecipaz­ione della presidente Casellati, realizza una gag di livello. Esibiscono un pupazzo, un Pinocchio. La Casellati, ingenua per davvero o per finta, non chiede di toglierlo di mezzo ma dice: “Vedo un Pinocchio!”. Ecco i leghisti che all’unisono alzano le braccia: “È lì, è lui”. E tutto finisce così.

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I senatori del gruppo leghista agitano un Pinocchio verso il presidente del Consiglio
LaPresse Ironie I senatori del gruppo leghista agitano un Pinocchio verso il presidente del Consiglio

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