Fondazioni, la maggioranza scivola sul rinvio
Passa il testo Pd che fa slittare di un anno la trasparenza. Renzi esulta. Di Maio: “Porcheria”
Eora si ingrana la retromarcia: l’emendamento sul rinvio di un anno degli obblighi di trasparenza previsti per le fondazioni collegate ai partiti verrà depennato o riscritto dopo che sulla sua approvazione da parte dell’asse Pd-M5S-Leu è esplosa la polemica. Innescata dalle dichiarazioni al vetriolo di Matteo Renzi, da giorni sotto pressione per l’inchiesta sui finanziamenti alla “sua” Fondazione Open. E che non si è lasciato sfuggire l’occasione per mettere due dita negli occhi ai suoi stessi alleati di governo.
“QUESTA NOTTE in Commissione alla Camera gli stessi che ci hanno fatto la morale sulla fondazione Open, che ha tutti i dati trasparenti e pubblica i bilanci, hanno votato per rinviare l’equiparazione tra fondazioni e partiti prevista dalla
Spazzacorrotti. Di giorno fanno la morale a noi sui social, di notte votano per evitare la trasparenza alle ‘Loro’ fondazioni. E naturalmente tutto in silenzio, alla chetichella. Italia Viva ha votato contro, la maggioranza ha votato a favore”, ha denunciato Renzi. Che ha messo sulla graticola il partito di cui è stato segretario, perché a firmare l’emendamento incriminato è stato Claudio Mancini del Pd. E naturalmente i 5 Stelle che per giorni lo avevano incalzato su Open chiedendo all’ex premier di fare chiarezza.
Insomma un caso politico che ha fatto traballare la maggioranza e messo in imbarazzo i suoi due principali azionisti che hanno provato a chiudere l’incidente. “Ho presentato un emendamento alla luce del sole per rinviare l’entrata in vigore di una legge al momento inapplicabile che riguarda migliaia di associazioni. Visto che si pensa che ci siano secondi fini o obiettivi particolari, non resta che tornare in commissione e modificare il mio emendamento”, dice Mancini che il 13 novembre aveva presentato il suo testo in coda all’articolo 58 del decreto fiscale dedicato ai versamenti acconti Irpef, Ires e Irap. E che era stato dichiarato inizialmente inammissibile insieme a quello presentato da Nico Stumpo e Luca Pastorino di Leu di contenuto identico.
POI PERÒIL deputato dem aveva fatto ricorso e il giorno dopo gli emendamenti erano stati entrambi riabilitati. Grazie alla decisione della presidenza della Commissione Finanze, affidata a Carla Ruocco del Movimento 5 Stelle.
Dove ieri gli umori erano nerissimi.
Tanto che dopo l’approvazione dell’emendamento con annesse polemiche renziane, è stata fatta trapelare la posizione netta del capo politico pentastellato
Luigi Di Maio. Che senza grandi giri di parole, ha bollato lo slittamento al 2021 degli obblighi a carico di fondazioni e comitati, con parole che non lasciano margini di interpretazione: “È una porcheria che va tolta, il decreto torni subito in commissione”. Caso chiuso? Non proprio. Perché tra i banchi dell’opposizione c’è chi accarezza l’idea che anche il decreto fiscale possa essere una buona occasione per dare una spallata al governo.
E nella maggioranza si naviga a vista, tra chi chiede di cancellare l’ emendamento incriminato( M 5 S ), chi vuole riformularlo (Pd e Leu) e chi come i renziani di Italia Viva vorrebbero cogliere l’occasione per rimettere in discussione anche altri aspetti del decreto fiscale, come le manette agli evasori. L’unica cosa certa è che il provvedimento scade il 25 dicembre e deve essere ancora esaminato dal Senato.
Caso chiuso I dem sono disposti a ritirare l’emendamento sulla trasparenza dei donatori, ma resta il malumore