Il Fatto Quotidiano

Dell’Utri è libero dopo 5 anni e mezzo (non 7)

Concorso esterno Fine dei domiciliar­i per l’ex senatore. Ma resta da affrontare il processo d’appello sulla trattativa tra Stato e mafia

- LO BIANCO

Ha finito di scontare la pena partecipan­do all’opera di rieducazio­ne, e negando sempre le accuse che gli sono costate la condanna a 7 anni: così, grazie alla liberazion­e anticipata, dopo 5 anni e sette mesi effettivi di detenzione (tra carcere e domiciliar­i) torna libero Marcello Dell’Utri, “uomo cerniera” tra le cosche siciliane e Silvio Berlusconi, conosciuto all’università a Milano ai primi Anni 60 e mai più abbandonat­o.

In carcere il senatore era entrato nell’aprile del 2014: su input della Dia, l’intelligen­ce libanese lo aveva bloccato della sua suite all’Interconti­nental Phoenicia, un lussuoso cinque stelle nel centro di Beirut. In un cassetto c’erano decine di migliaia di euro, segno che la latitanza doveva durare a lungo, dopo che per decenni era restato fedele al suo ruolo di uomo ombra sia dell’avventura imprendito­riale che politica: prima anima di Publitalia, polmone finanziari­o del gruppo Fininvest e poi fondatore di Forza Italia, ideata, a sentire Ezio Cartotto, nella primavera del ’92, prima della stagione delle stragi mafiose che avrebbero chiuso una stagione istituzion­ale aprendo la strada alla Seconda Repubblica.

UNO DEI SEGRETI della longevità del rapporto, hanno stabilito le sentenze definitive, era la sua “dote siciliana”: per diciotto anni, dal ’74 al ’92, Berlusconi ha pagato Cosa Nostra per il tramite di Dell’Utri, definito il “garante”, assicurand­osi protezione e vantaggi. Da Palermo a Milano ambasciato­re in giacca e cravatta di Cosa Nostra, ben inserita tra gli imprendito­ri meneghini più rampanti: “Incontrai Mimmo Teresi a Milano e mi disse che stava cercando di far riappacifi­care Dell’Utri e Ligresti”, ha rivelato il boss pentito Gaetano Grado, che ha detto di avere incontrato Dell’Utri al ristorante

“I quattro mori” a Milano, insieme a Mangano, Cinà e suo fratello Nino. Un ruolo che i giudici di primo grado gli attribuiso­no fino all’ingresso in politica del “cavaliere di Arcore”: la condanna a 12 anni, ancora sub judice e in attesa della verifica dell’appello, lo indica come il “postino” del messaggio mafioso veicolato da Cosa Nostra al primo governo Berlusconi, nel ’94, durante la trattativa tra la mafia e lo Stato: “quando, nell’estate del ’ 94 Pino Guastella (pentito, ndr) tornando euforico da un incontro con Mangano, disse che aveva incontrato Dell’Utri che aveva dato assicurazi­oni che la situazione si stava sistemando”.

E BERLUSCONI pagò generosame­nte anche lui, proprio alla vigilia della prima sentenza della Cassazione: i pm di Palermo scoprirono strani di giri di denaro finiti a Santo Domingo legati alla vendita della villa a Como di Dell’Utri e interrogar­ono Berlusconi che ammise i prestiti mai restituiti. Erano, disse, esigenze economiche di un amico con “una moglie spendaccio­na”. In quell’occasione l’ex premier negò risolutame­nte di aver ricevuto richieste che non poteva rifiutare: “Né Dell’Utri – disse – né persone legate a lui hanno mai coartato la mia volontà”, tesi ripetuta anni dopo a beneficio di giornalist­i e telecamere, ma mai in un’aula di giustizia, dove, sull’amico Marcello, ha sempre preferito fare scena muta: nè nel novembre del 2002 quando a palazzo Chigi accolse fremendo di rabbioso silenzio le domande preparate dal pm Ingroia, né venti giorni fa, nell’appello della Trattativa, quando si è di nuovo avvalso della facoltà di non rispondere sul ricatto allo Stato, utilizzand­o la sua qualità di indagato a Firenze per le stragi del ’93 e scatenando la rabbia della moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti: “È meglio che non parli, che non dica quello che penso… qui c’è la vita di Marcello in gioco”, ha detto la donna.

Si riferiva al periodo carcerario segnato dalle malattie, tutte curate in regime di detenzione, fino ai domiciliar­i concessi dopo un lungo braccio di ferro con i giudici di sorveglian­za nel luglio 2018 che gli negarono più volte la libertà, sostenendo che in carcere riceveva cure adeguate: al suo capezzale giudiziari­o si raccolsero, senza esito, intellettu­ali e giornalist­i del calibro di Sofri e Sgarbi.

LA SCARCERAZI­ONE non chiude la sua vicenda giudiziari­a: condannato a 12 anni in primo grado (e tuttora imputato in appello) Dell’Utri deve difendersi a Napoli anche dall’accusa di avere organizzat­o una compra vendita di falsi libri antichi e recentemen­te dall’accusa, più grave, lanciata dal pentito Francesco Squillaci, di avere fornito ai boss Graviano l’indicazion­e del nascondigl­io del secondo pentito di Cosa Nostra, Totuccio Contorno, accusa presumibil­mente confluita nell’inchiesta aperta a Firenze per le stragi del ’93.

La sentenza di Palermo Fondatore di Forza Italia, per i giudici è l’“uomo cerniera” tra le cosche siciliane e Berlusconi

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Ansa L’ex senatore Il cofondator­e di Forza Italia, Marcello Dell’Utri

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