OPEN, ALTRE MARCHETTE E 10 OPERAZIONI SOSPETTE
PER I PM, OLTRE AL “SISTEMA BIANCHI” C’È ANCHE UN “SISTEMA CARRAI”: SONO DECINE LE SEGNALAZIONI FATTE DA BANKITALIA AI MAGISTRATI
Ci sono due presunte modalità di finanziamento che la Procura di Firenze sta vagliando. Un “sistema Bianchi” e un “sistema Carrai”. Il primo sospetto è che l’avvocato fiorentino, ex presidente della Fondazione Open, abbia incassato consulenze da imprenditori per poi spostare i soldi nell’allora cassaforte del renzismo. Il secondo, invece, nasce dall’ipotesi che alcuni finanziatori di Open, poi abbiano messo il proprio denaro anche in società riconducibili a Marco Carrai, imprenditore amico di Matteo Renzi. Sono solo sospetti che i pm stanno verificando. Sono partiti da una decina di segnalazioni per operazioni sospette della Uif (l’Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia, ora agli atti dell’inchiesta.
SI TRATTA di documenti nei quali vengono tracciati i passaggi di denaro transitati in passato nella Open e in questo caso la segnalazione più corposa risale al 2018. Ma non l’unica. In un’altra la Banca d’Italia analizza alcune società riconducibili a Carrai, in passato membro del Cda della Fondazione. Non è detto che vi siano illeciti, ma su quelle segnalazioni sono in corso accertamenti. Intanto Carrai è stato iscritto per finanziamento illecito. Bianchi anche per traffico di influenze. In questo caso, l’inchiesta verte su una consulenza affidata allo studio legale Bianchi nel 2016 dalla Toto Costruzioni Generali e che per i pm era un modo per nascondere un finanziamento. Nel decreto di perquisizione emesso nei confronti di Bianchi e rivelato ieri da Repubblica si parla anche della presenza di una “pluralità di soggetti della fondazione (Bianchi, Carrai e Lotti, quest’ultimo non indagato)” che “si sono interessati all ’ accordo transattivo Toto-Autostrade e, taluni (Bianchi), anche a modifiche normative inerenti il settore delle infrastrutture autostradali”.
In un altro decreto di perquisizione, invece, i pm fanno riferimento a società riconducibili a Carrai: “L’indagato – scrivono – è tra i soci della società ‘Wadi Ventures Managment Company Sarl’ con sede in Lussemburgo il cui unico asset è la società ‘Wadi Ventures Sca’ (…), con oggetto sociale la detenzione di partecipazioni societarie”. L’or ga no amministrativo della Wadi, spiegano, è composto oltre che dal l’imprenditore amico di Renzi anche da Renato Sica e Moscati Giampaolo. Che sono soci di Carrai in altre società italiane, come per esempio nella Cambridge Management Consulting Labs Spa.
Il punto è che la Wadi Ventures Sca, secondo i pm, “risulta destinataria di somme di denaro provenienti, fra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della Open, e collegati a Carrai”. Tra questi per esempio c’è il finanziere Davide Serra, che nella Wadi in passato ha versato 50 mila euro.
Serra – che non è indagato – è stato perquisito nei giorni scorsi. I suoi soldi però non sono gli unici a finire nelle casse della Wadi Ventures Sca. Dai bilanci del 2016, visionati dal Fatto, si scopre che la società – costituita nel 2012 con capitale sociale di circa 250 mila euro – ha rimpolpato i capitali. Il primo aumento di capitale arriva a dicembre 2013 con oltre un milione di euro. L’anno dopo, si aggiungono 275 mila euro. A dicembre 2015 vi è un nuovo aumento di capitale di 600 mila euro. Nel 2017 – riporta il bilancio – “il capitale sociale ammontava a 2.175.001”. La domanda è: perché mettere denaro in una società in perdita, anche se di poco? Nel 2017 infatti le perdite ammontavano a 144 mila, nel 2016 a 35 mila euro. Anche su questo la Procura sta facendo approfondimenti.
NON È TUTTO. Dal decreto di perquisizione di Bianchi riportato ieri da Repubblica emerge anche una mail del 23 novembre 2013 con oggetto “Fondazione Big Bang”, poi divenuta Open, ritrovata nel pc di Bianchi e inviata ad alcuni imprenditori. Si tratta di un’attività di fundraising che i pm sintetizzano così: “Supporto di 100 mila euro all’anno per 5 anni, sostegno di idee, suggerimenti, proposte per Matteo e per la Fondazione, interlocuzioni con Matteo sia dirette, sia tramite Alberto e Marco”.
In Lussemburgo
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